Francesco Cossiga
Sassari, 26 luglio 1928 — Roma, 17 agosto 2010
Francesco Cossiga nasce a Sassari il 26 luglio 1928. Si laurea in giurisprudenza. Si iscrive alla Democrazia Cristiana nel 1945 a 17 anni. Nel 1958, a 30 anni, eletto deputato per la prima volta, inizia la sua carriera politica. Ministro dell'interno (fino ad allora il più giovane) nel 1976 (V Governo Moro e III Governo Andreotti) e nel 1978 (IV Governo Andreotti). Rassegna le dimissioni dopo l'uccisione di Aldo Moro (9 maggio 1978). Presidente del Consiglio dei ministri (ancora il più giovane fino ad allora) dal 4 agosto 1979 al 3 aprile 1980 e dal 4 aprile 1980 al 17 ottobre 1980. Eletto Presidente del Senato della Repubblica il 12 luglio 1983 (anche questa volta il più giovane eletto).
È eletto Presidente della Repubblica il 24 giugno 1985 (al primo scrutinio con 752 voti su 977): presta giuramento il 3 luglio 1985. Ha cinquantasette anni. L'ottavo Presidente è il più giovane, eletto al primo scrutinio, con una maggioranza schiacciante.
La Presidenza Cossiga è sostanzialmente divisa in due fasi distinte. Assai rigoroso nell'osservanza delle forme dettate dalla Costituzione è il classico Presidente notaio nei primi cinque anni di mandato. La caduta del muro di Berlino segna l'inizio della seconda fase. Secondo Cossiga la fine della guerra fredda e della contrapposizione di due blocchi determina un profondo mutamento anche del sistema politico italiano che nasce da quella contrapposizione ed è a quella funzionale. Di fronte all'immobilismo del sistema politico, incapace di rinnovarsi anche al cospetto di una trasformazione epocale come il crollo del muro, il Presidente avverte la necessità di stimolare la classe politica e inizia la fase delle cosiddette "esternazioni".
Cossiga cambia stile. Il Presidente "notaio", che si muove con molta discrezione e che i caricaturisti raffigurano come un "signor nessuno" che si aggira per il Quirinale, abbandona la riservatezza istituzionale e inizia una fase di conflitto e polemica politica, provocatoria e volutamente eccessiva. In un crescendo di dichiarazioni e denunce, con una fortissima esposizione mediatica (è detto appunto il "grande esternatore"), denuncia ritardi e anomalie del sistema politico, con lo scopo di dare delle "picconate a questo sistema", ciò gli vale, negli ultimi due anni di mandato, l'appellativo di «picconatore». La frequenza e la portata dei suoi interventi provocano reazioni irritate da parte del ceto politico e una serie di polemiche anche personali che espongono il Quirinale; a questo si unisce lo scontro con la magistratura. Lo scontro con i partiti viene acuito dal caso Gladio, di cui Cossiga si assume la responsabilità politica assicurandone la legittimità. Si giunge, nel dicembre del 1991, alla richiesta da parte del Partito Democratico della Sinistra, erede del Partito Comunista, di messa in stato di accusa del Presidente per attentato alla Costituzione. Cossiga si autodenuncia alla magistratura ordinaria e dopo tre anni di istruttoria è prosciolto.
Cossiga si dimette dalla Presidenza della Repubblica il 28 aprile 1992, a due mesi dalla scadenza naturale del mandato, annunciando polemicamente le sue dimissioni con un discorso televisivo che tiene simbolicamente il 25 aprile, anniversario della Liberazione. Fino al 25 maggio, quando al Quirinale è eletto Oscar Luigi Scalfaro, le funzioni presidenziali sono assolte, come previsto dalla Costituzione, dall'allora Presidente del Senato Giovanni Spadolini.
Non risiede nel Palazzo del Quirinale.
Nomina Senatori a vita: Giovanni Spadolini (1991), Giovanni Agnelli (1991), Giulio Andreotti (1991), Francesco De Martino (1991), Emiiio Paolo Taviani (1991). Diviene Senatore a vita quale ex Presidente della Repubblica (ai sensi dell'art. 59 della Costituzione).
Muore a Roma il 17 agosto 2010.
Le parole del Presidente Sergio Mattarella
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