Il Portale storico della Presidenza della Repubblica

Pubblicato il 2 giugno 2018, il Portale storico della Presidenza della Repubblica rende progressivamente disponibile il patrimonio conservato dall'Archivio storico.
Archivi, documenti, fotografie, dati, percorsi tematici e risorse digitali trasmettono la memoria dei Capi dello Stato dell'Italia repubblicana; testimoniano in modo straordinariamente capillare le attività, gli interventi e i discorsi dei Presidenti della Repubblica nello svolgimento delle funzioni che la Costituzione assegna loro; testimoniano le attività dell'Amministrazione e dei suoi protagonisti, che operano a supporto della figura presidenziale; rappresentano il Paese che ne costituisce lo sfondo; raccontano le vicende del Palazzo del Quirinale, ieri palazzo dei papi e dei re, oggi sede della massima carica dello Stato repubblicano.

I numeri del Portale: 70.780 eventi, tra udienze, impegni pubblici e privati dei Presidenti; 1.729 visite in Italia e 570 viaggi all'estero; 16.269 pagine di diario digitalizzate; 440.016 immagini; 25.111 immagini che documentano la storia d'Italia dalla Monarchia alla Repubblica; 10.445 audiovisivi; 16.918 complessi archivistici; 6.865 discorsi e interventi; 5.325 atti firmati; 55.759 Provvedimenti di grazia; 542 comunicati della Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 1945 al 1950;11.835 comunicati delle presidenze Ciampi e Napolitano; 168.952 comunicati di cui 28.360 indicizzati dalle presidenze Gronchi a Scalfaro; oltre 500 volumi in Materiali e pubblicazioni per un totale di 50.000 pagine in formato digitale; 75 soggetti produttori e 516 strutture organizzative; 131 biografie di consiglieri e consulenti; 1.665.718 triple caricate sull'Endpoint (aggiornamento del 19 aprile 2024)

 

giovedì
26 giugno 2003

Intervento del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, in visita all'Università Humboldt di Berlino, sul tema "L'amicizia italo-tedesca al servizio dell'integrazione europea"

Prendo la parola, in questa che è una delle più prestigiose università della Germania e dell'Europa, non senza emozione. La città che mi ha accolto, la vostra grande Berlino riunificata, crocevia dei destini d'Europa, così profondamente trasformata da un vertiginoso sviluppo edilizio, suggerisce in me riflessioni, rievoca ricordi che vanno lontano nel tempo.
Berlino mi sembra il luogo predestinato per farci riflettere, sul nostro passato, sul nostro futuro. Fa nascere nei nostri cuori domande che ci riguardano tutti: noi anziani, e voi giovani, ragazze e ragazzi che guardate con sentimenti di speranza, ma anche con trepidazione, al futuro che vi attende. Ci chiediamo: da dove veniamo? Dove andiamo? Che cosa ci proponiamo di fare? Chi siamo, noi Italiani, Tedeschi, Europei di questo inizio di millennio?
La memoria di un uomo della mia età va indietro di decenni. Nel marzo del 1941, laureando all'Università e alla Scuola Normale di Pisa in filologia classica, mi trovavo a Lipsia, per un semestre di studio sulla mia materia in quella prestigiosa università. Era già guerra.
Un giorno di marzo, credo il 13, decisi di venire a Berlino, per visitare per la prima volta la città, e per ascoltare il concerto di un violinista italiano amico della mia famiglia. Arrivai in treno nella tarda mattinata. Durante la notte, gli aerei inglesi avevano ripreso l'offensiva riuscendo a lanciare le loro bombe incendiarie anche sul centro della capitale. La città era come incredula, sotto choc.
Pesava allora sul mio immediato futuro il richiamo alle armi. Ricordavo l'atmosfera della mia precedente visita in Germania, per studiarvi il tedesco, prezioso strumento per i miei studi, nell'estate del '39, all'università di Bonn. A quei corsi estivi partecipavano ancora studenti di tutte le nazionalità, italiani, francesi, inglesi, americani. La situazione politica precipitava verso la guerra. Noi facevamo grandi discussioni, ma anche gite lungo il Reno, scherzando, con la spensieratezza dell'età giovanile, sul fatto che presto ci saremmo potuti trovare di fronte, come nemici. E fu ciò che accadde.


Non so quali sentimenti possano risvegliare nei vostri animi questi ricordi di tempi così lontani.
Ciò che posso dirvi, è che quando, all'indomani del tremendo conflitto, delle stragi orrende sui campi di battaglia e nei lager, ritornammo nelle nostre città, molte come la mia semidistrutte, smesse le nostre uniformi, noi che eravamo stati fortunati, quando tanti nostri amici e compagni erano morti, noi, i sopravvissuti, giurammo nei nostri cuori: mai più guerre fra noi.
Lo giurammo. E quando rivisitiamo i campi di battaglia, quando ci ritroviamo - come quest'anno ad El Alamein, inglesi, neozelandesi, tedeschi, italiani - rinnoviamo quel giuramento.
Ad esso siamo stati fedeli. Abbiamo costruito insieme, per la prima volta nella storia, una Europa unita: quest'Europa di pace in cui voi, giovani, avete avuto la fortuna di crescere.


Mi avvicino al tema del mio discorso: l'amicizia italo-tedesca al servizio dell'integrazione europea. Questo titolo dichiara l'esistenza di una forte, radicata amicizia fra Italiani e Tedeschi; e afferma che questa amicizia è al servizio dell'unificazione europea.
Come, e perché?
L'amicizia tra noi, si sa, va indietro nei secoli, è fatta di somiglianze, dell'appartenenza a una civiltà comune, ma anche di differenze, e le differenze hanno reso quell'amicizia più stimolante. Ma fate attenzione alle somiglianze, ai tratti di storia percorsi in parallelo, che servono anche a spiegare l'ispirazione europea che ci unisce.
Tedeschi e Italiani furono, per quasi tutta la loro storia, nazioni senza "Stato". I nostri due popoli hanno fatto, nel secolo Decimonono, un'esperienza analoga, e unica: quella di unificare in un solo Stato una molteplicità di piccoli Stati, ciascuno con la sua storia, la sua identità, il suo orgoglio.
Forse anche per questo è stato per noi più facile capire che, soltanto unendosi, gli stati nazionali europei avrebbero potuto vivere in pace e in libertà. Sapevamo che questo non voleva dire rinunciare alla propria sovranità: mettendola in comune, si conquistava, si conquista una sovranità più vera.


Un altro fatto storico, ancor più recente, caratterizza il nostro europeismo. Il fatto è che noi Italiani e voi Tedeschi avevamo condiviso la cupa esperienza della dittatura.
Con alle spalle quegli anni orribili, abbiamo scelto, contemporaneamente, la democrazia, la libertà riconquistata, e l'Europa.
Siamo divenuti europeisti perché l'Europa unita, voluta da Adenauer e da De Gasperi, significava pace, libertà, democrazia. Dicendo addio definitivo a un tragico passato, abbiamo scelto, come nostro nuovo destino, l'Europa.
In questo ci siamo ritrovati, Tedeschi e Italiani, uniti ed amici, più di quanto fossimo mai stati nella nostra storia. E abbiamo posto la nostra amicizia, antica e nuova, al servizio dell'integrazione europea: ieri, oggi, e domani.

E' stata la scelta giusta.


Facemmo, contemporaneamente, un'altra scelta determinante per il nostro futuro: quella dell'alleanza con gli Stati Uniti d'America. Insieme con le Comunità Europee, l'Alleanza Atlantica è stata lo scudo che ha protetto, durante i decenni della "guerra fredda", le nostre libertà. Insieme, Nato e Cee hanno fatto anche di più: hanno reso possibile la realizzazione del vostro sogno, la riunificazione della Germania; e subito dopo, del sogno di tutti noi, la riunificazione dell'Europa, che proprio ora si sta completando.
E qui, la storia d'Europa passa di nuovo da Berlino, e ha per protagonisti i berlinesi .
Ancora un ricordo personale: l'8 e il 9 novembre del 1989 ero ospite, a Berlino Est, come Governatore della Banca d'Italia, del Presidente della Banca Centrale della Repubblica Democratica Tedesca. All'andata, sceso all'aeroporto di Tempelhof, attraversai il Check Point Charlie fra mille controlli. Tre giorni dopo, al ritorno da una rapida visita a Dresda, Lipsia, Potsdam, non c'era più nessun controllo effettivo fra le due Berlino.
Trovai Berlino unita, esultante, le strade invase di folla, percorse, anche nell'Ovest, da alcune piccole Trabant dell'Est. Il Muro era caduto.
I Berlinesi lo avevano fatto crollare. E ci avevano restituito non soltanto la Germania riunificata. Ci avevano ridato l'Europa riunificata. Noi tutti sentimmo quel giorno di poter ripetere la frase storica di John Kennedy: Ich bin ein Berliner.
In quelle giornate, il cuore dell'Europa democratica, il nostro cuore, batté all'unisono col cuore dei Tedeschi, dei Berlinesi: e non dimenticheremo mai il nostro debito.


Mi sono dilungato nei ricordi. Vengo al presente. Italia e Germania sono ancora uno strumento prezioso per realizzare due compiti fondamentali: completare l'integrazione europea; mantenere forte il legame transatlantico.
Abbiamo conservato intatto nei decenni lo spirito dei sei Paesi fondatori. Ai nostri compagni in quell'impresa ci sentiamo ancora particolarmente legati: alla Francia, senza la quale nulla si sarebbe potuto fare; al Belgio, all'Olanda e al Lussemburgo. Con loro condividiamo particolari responsabilità.
Il gruppo degli Stati fondatori è depositario di una memoria storica, di un'esperienza cinquantennale, di una visione dell'Europa e del mondo che è pegno di sicurezza anche per gli altri partners europei. E' connaturato in noi l'"esprit communautaire".
Più di tutti gli altri ci sentiamo impegnati per dare all'Europa quella Costituzione di cui il Presidente Rau, quattro anni fa, prospettò la necessità. Da allora ad oggi molta strada è stata fatta. Mi auguro che con le scelte della Convenzione e poi della Conferenza Intergovernativa, l'Unione Europea possa avviare una nuova fase dinamica della propria storia: la agevolerebbe - è un mio convincimento - l'inserimento, nella Costituzione stessa, di meccanismi di evoluzione. Potrà così nascere un nuovo soggetto politico, che eserciterà la propria azione, in parte con il metodo unitario, in parte con il metodo intergovernativo, ma sempre come titolare in proprio di un potere sovrano.
Sottolineo alcuni punti che considero determinanti, ancor più nell'Unione a 25 che sta per vedere la luce.
L'estensione del principio del voto a maggioranza sarà un fondamentale banco di prova. L'ampliamento dei campi di applicazione del principio maggioritario costituisce un progresso importante ma non ancora sufficiente. Occorre continuare a lavorare per una ulteriore estensione del voto a maggioranza alle decisioni comuni, in particolar modo per la politica estera e della sicurezza.
Il principio di maggioranza costituisce l'essenza di ogni Unione. E' elemento di democrazia, non meno della libertà di espressione e di opposizione. Ampliarne la valenza in ambito europeo, significa rafforzare la costituzione di un'Europa democratica e accrescerne la presenza e influenza negli affari mondiali.
La Convenzione ha messo in luce le responsabilità dell'Europa nel XXI secolo, ha dimostrato che è ormai tempo di mettere in campo una politica estera comune, e di acquisire la capacità di azioni comuni nel campo della sicurezza e della difesa. Purtroppo, il nuovo secolo è stato annunciato da conflitti, da minacce terroristiche su scala globale, da pericoli inimmaginabili per la pace, in seguito alla diffusione delle armi di distruzione di massa.
E' di vitale importanza per noi Europei, per le nostre libertà, per la nostra stessa sopravvivenza, essere uniti e presenti. Un'Europa unita è importante per il progresso economico e civile di tutti: per la lotta alla povertà e al diffondersi delle malattie, per la protezione dell'ambiente, per la difesa della pace mondiale. Divisi, saremmo incapaci di far valere nel mondo i nostri ideali e i nostri diritti, di assolvere i nostri doveri..


L'esperienza storica, e più di recente la crisi irachena, dimostrano che il rischio della marginalizzazione e dell'irrilevanza dell'Europa è concreto. Dobbiamo superare divisioni e individualismi, retaggi storici di antiche nazioni.


Certo, la storia non si cancella. Ma si può individuare un comune interesse europeo. E' possibile definire nuove procedure e istituzioni aggiornate - talvolta l'organo crea la funzione - avviando su queste basi una politica estera comune, rispettosa di tutti, che serva gli interessi di tutti.
L'Unione Europea è una democrazia, non un impero. Una sovranità comune protegge tutti, non opprime nessuno. E l'Europa unita ha già dimostrato in singoli casi - penso ai Balcani, ai nostri colpevoli ritardi ma anche ai nostri successi in quella tormentata Regione europea - di saper fornire risposte efficaci ai problemi e alle crisi del nostro tempo.
Inoltre, l'acquisizione da parte dell'Unione Europea di una piena soggettività internazionale, con una competenza non solamente economica ma anche pienamente politica, è necessaria per contribuire con efficacia alla difesa del sistema multilaterale, fondato su istituzioni che siano la libera espressione della volontà degli Stati di lavorare insieme: prima fra tutte, l'Organizzazione delle Nazioni Unite.
Il punto di partenza della crescita di un sistema istituzionale internazionale, capace di orientare e governare un mondo per sua natura globale, rimane la Carta di San Francisco.
L'apporto dell'Europa al buon funzionamento delle Nazioni Unite si pone oggi, e si porrà ancor più domani, in termini radicalmente nuovi. L'impegno perché le Nazioni Unite rimangano la base della legittimità internazionale e di un ordine di pace globale non potrà mai esprimersi appieno senza la presenza di un soggetto europeo alle Nazioni Unite, sia pure in forma graduale, mirando al traguardo ottimale dell'attribuzione di un seggio europeo al Consiglio di Sicurezza. Qualunque progetto di riforma dell'ONU deve prevedere la partecipazione dell'Unione Europea in quanto tale.


L'unificazione europea, e la presenza riconosciuta dell'Europa unita negli affari mondiali, sono indispensabili al nostro futuro, come al futuro di pace per tutti. Vogliamo costruire questa Europa in modo che essa rimanga un solido partner degli Stati Uniti.
Il partenariato euro-americano ha costituito per decenni la colonna portante della sicurezza e della pace. Esso si fonda sui valori di democrazia e di libertà, in cui gli Stati Uniti e l'Europa riconoscono le loro comuni radici. Si fonda anche sui legami che Stati Uniti ed Europa hanno costruito, con uno sforzo politico, economico, culturale, scientifico senza precedenti. Questa somma di valori, di sentimenti, di culture, lega indissolubilmente le due sponde dell'Atlantico.
La realtà europea è ancora complessa. Il ruolo dei singoli stati europei in politica estera rimarrà forte. Ma il peso e il ruolo dell'Unione Europea si accrescerà, e un soggetto europeo compiuto sarà sempre più la controparte principale dell'America.


Senza istituzioni multilaterali, non ci può essere garanzia di pace nel mondo. Voi giovani sentite fortemente l'impegno per salvare la pace. Questo vostro impegno è necessario, è fondamentale. Ma l'esperienza storica, la nostra esperienza di Europei, ci dice - e cito una sentenza di Jean Monnet - che "gli uomini sono necessari al cambiamento; le istituzioni servono a farlo vivere".
Le istituzioni europee che noi stiamo costruendo richiedono sempre nuovi avanzamenti. La nascita di una moneta comune, l'euro, governata da un'istituzione, il Sistema delle Banche Centrali Europee, che rappresenta un primo esempio indiscusso e valido di autorità federale in Europa, costituisce un modello utile anche per altri settori del processo di unificazione europea.


La nascita dell'euro è stata approvata da tutti gli Stati membri: anche se l'euro non è stato subito adottato da tutti. Si è riconosciuto cioè il principio della possibilità di costituire avanguardie di Stati, uniti da sistemi di cooperazione rafforzata - un altro esempio è il trattato di Schengen - che rimangono aperti a tutti coloro che in qualsiasi momento vogliano ad essi aderire.
E' del resto un fatto che l'Europa, fin dalla nascita delle sue prime istituzioni, la Ceca, l'Euratom, il Mercato Comune, ha costruito la sua unità consentendo agli Stati che lo volessero di istituire sistemi di governo variamente integrati, a cui altri potessero accedere, dal momento in cui si sentissero pronti ad accettare le regole comuni.
In attesa dell'attracco in porto alla banchina, alcune navi possono rimanere al riparo, ancorate in baia.
Dapprincipio eravamo soltanto sei, sei che decisero di staccarsi da tutti gli altri per creare un primo nucleo avanzato di Europa Unita. Poi siamo gradualmente cresciuti di numero; presto saremo 25, fra non molto 27. Senza l'accettazione del metodo delle avanguardie, delle cooperazioni rafforzate, saremmo ancora una costellazione di stati nazionali divisi, e talvolta - prima o dopo - nemici. Se volgiamo indietro lo sguardo, non possiamo non voler andare avanti, con tutte le nostre forze, senza esitazioni.



Cari studenti,
guardo i vostri giovani volti. Vorrei saper leggere i vostri pensieri, condividere le vostre preoccupazioni, le vostre speranze. Interrogo la mia coscienza: noi, i sopravvissuti alle tragedie del Ventesimo Secolo, e in particolar modo noi Tedeschi e Italiani, abbiamo fatto tutto ciò che potevamo, tutto il nostro dovere? Avremmo potuto fare di più? La storia giudicherà. Abbiamo molto costruito, con passione, con convinzione. Ma so che lasciamo incompiute molte costruzioni, che sono state lo scopo, il sogno della nostra vita.
A voi le affidiamo. Stiamo per passare il testimone nelle vostre mani.
Vi rivolgo un duplice interrogativo. Sarebbe una scelta accettabile, quella di riportare l'integrazione europea al livello della semplice cooperazione tra Governi?
O è più giusto e più utile completare la costruzione di istituzioni efficaci, che siano garanzia di trasparenza e di democrazia, e che siano finalizzate alla creazione di un'Europa forte e unita, forte perché unita?
Non dimenticate mai, cari giovani, che l'Europa ha un'anima, e un orgoglio. Nell'arco di tempo che va dalla mia alla vostra generazione, ha espresso la sua anima e il suo orgoglio avanzando tenacemente, un passo alla volta, sulla via dell'integrazione, politica ed economica. Toccherà a voi, se lo vorrete - e confido lo vorrete - portare avanti il lavoro, percorrendo strade che noi, forse, non abbiamo neppure immaginato.
L'Europa è antica, nella sua storia. E' duratura, nella sua identità. E' nuova e giovane, nelle sue istituzioni comuni.
Nel farle crescere, siate degni dei vostri padri, quando ad ispirarli era l'audacia della giovinezza. Non siate meno audaci di loro.


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