Visita di Stato del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi negli Stati Uniti. Visita a Ground zero
Venire qui, si resta senza parole e fa tornare alla mente quel drammatico 11 settembre che, certo, non dimenticherò mai.
Ricordo infatti che rientrai nel mio appartamento al Quirinale, dopo una colazione di lavoro intorno alle 15,00, ora italiana e trovai mia moglie impietrita di fronte alla televisione.
Mi chiamò, mi misi a guardare e, all'inizio, credevo che quel che vedevo fosse un film di fantascienza, perché il primo aereo aveva già colpito una delle due Torri e si vedeva che era in fiamme. E mentre stavo lì a guardare è arrivato il secondo aereo che trafisse la seconda Torre.
Allora capii che era una cosa vera.
Sopravvenne in me un sentimento di sgomento, di orrore.
Poco dopo decisi di scendere in ufficio. Preparai con i miei collaboratori in tutta fretta un messaggio al Presidente Bush. Era già pronto verso le 15,30 e gli fu immediatamente inviato. Era un messaggio di solidarietà, di commozione e al tempo stesso di determinazione di combattere insieme quello che era chiaramente un atto orrendo di terrorismo contro tutta la civiltà, contro tutto il mondo civile.
Poi, ricordo che avevo per le 16,00 in programma un'udienza. Non la disdissi perché era un'udienza nella quale ricevevo i parenti delle vittime della strage nazista di Marzabotto.
Andai a quell'incontro poco dopo le 16,00 e dopo che mi erano arrivate le notizie dell'altro aereo che aveva colpito il Pentagono e dell'altro ancora che si era abbattuto in Pennsylvania.
Aprii quell'incontro con i parenti delle vittime di Marzabotto con queste parole: "Siamo qui per ricordare una barbara strage nazista contro una popolazione inerme; in queste stesse ore si sta perpetrando a New York e a Washington un'altra orribile strage".
Convocai immediatamente l'Incaricato d'Affari americano a Roma, William Pope: l'Ambasciata in quel periodo era vacante. Egli è qui con noi e certo ricorda bene quel colloquio.
Gli confermai i sentimenti di amicizia e di vicinanza agli Stati Uniti d'America del popolo italiano e gli espressi la determinazione di impegnarci a fondo nella lotta contro il terrorismo.
Questo avvenne verso le 17,30. Più tardi andai alla televisione italiana e mi rivolsi al popolo italiano con un messaggio e pronunciai queste parole: "L'Italia è in lutto, i popoli liberi devono essere uniti e compatti nella risposta a questo atto di guerra contro il mondo civile".
Questo è il mio ricordo indelebile di quel drammatico, di quel tragico 11 settembre.
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Ricordo infatti che rientrai nel mio appartamento al Quirinale, dopo una colazione di lavoro intorno alle 15,00, ora italiana e trovai mia moglie impietrita di fronte alla televisione.
Mi chiamò, mi misi a guardare e, all'inizio, credevo che quel che vedevo fosse un film di fantascienza, perché il primo aereo aveva già colpito una delle due Torri e si vedeva che era in fiamme. E mentre stavo lì a guardare è arrivato il secondo aereo che trafisse la seconda Torre.
Allora capii che era una cosa vera.
Sopravvenne in me un sentimento di sgomento, di orrore.
Poco dopo decisi di scendere in ufficio. Preparai con i miei collaboratori in tutta fretta un messaggio al Presidente Bush. Era già pronto verso le 15,30 e gli fu immediatamente inviato. Era un messaggio di solidarietà, di commozione e al tempo stesso di determinazione di combattere insieme quello che era chiaramente un atto orrendo di terrorismo contro tutta la civiltà, contro tutto il mondo civile.
Poi, ricordo che avevo per le 16,00 in programma un'udienza. Non la disdissi perché era un'udienza nella quale ricevevo i parenti delle vittime della strage nazista di Marzabotto.
Andai a quell'incontro poco dopo le 16,00 e dopo che mi erano arrivate le notizie dell'altro aereo che aveva colpito il Pentagono e dell'altro ancora che si era abbattuto in Pennsylvania.
Aprii quell'incontro con i parenti delle vittime di Marzabotto con queste parole: "Siamo qui per ricordare una barbara strage nazista contro una popolazione inerme; in queste stesse ore si sta perpetrando a New York e a Washington un'altra orribile strage".
Convocai immediatamente l'Incaricato d'Affari americano a Roma, William Pope: l'Ambasciata in quel periodo era vacante. Egli è qui con noi e certo ricorda bene quel colloquio.
Gli confermai i sentimenti di amicizia e di vicinanza agli Stati Uniti d'America del popolo italiano e gli espressi la determinazione di impegnarci a fondo nella lotta contro il terrorismo.
Questo avvenne verso le 17,30. Più tardi andai alla televisione italiana e mi rivolsi al popolo italiano con un messaggio e pronunciai queste parole: "L'Italia è in lutto, i popoli liberi devono essere uniti e compatti nella risposta a questo atto di guerra contro il mondo civile".
Questo è il mio ricordo indelebile di quel drammatico, di quel tragico 11 settembre.