Il Portale storico della Presidenza della Repubblica

Pubblicato il 2 giugno 2018, il Portale storico della Presidenza della Repubblica rende progressivamente disponibile il patrimonio conservato dall'Archivio storico.
Archivi, documenti, fotografie, dati, percorsi tematici e risorse digitali trasmettono la memoria dei Capi dello Stato dell'Italia repubblicana; testimoniano in modo straordinariamente capillare le attività, gli interventi e i discorsi dei Presidenti della Repubblica nello svolgimento delle funzioni che la Costituzione assegna loro; testimoniano le attività dell'Amministrazione e dei suoi protagonisti, che operano a supporto della figura presidenziale; rappresentano il Paese che ne costituisce lo sfondo; raccontano le vicende del Palazzo del Quirinale, ieri palazzo dei papi e dei re, oggi sede della massima carica dello Stato repubblicano.

I numeri del Portale: 70.780 eventi, tra udienze, impegni pubblici e privati dei Presidenti; 1.729 visite in Italia e 570 viaggi all'estero; 16.269 pagine di diario digitalizzate; 440.016 immagini; 25.111 immagini che documentano la storia d'Italia dalla Monarchia alla Repubblica; 10.445 audiovisivi; 16.918 complessi archivistici; 6.865 discorsi e interventi; 5.325 atti firmati; 55.759 Provvedimenti di grazia; 542 comunicati della Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 1945 al 1950;11.835 comunicati delle presidenze Ciampi e Napolitano; 168.952 comunicati di cui 28.360 indicizzati dalle presidenze Gronchi a Scalfaro; oltre 500 volumi in Materiali e pubblicazioni per un totale di 50.000 pagine in formato digitale; 75 soggetti produttori e 516 strutture organizzative; 131 biografie di consiglieri e consulenti; 1.665.718 triple caricate sull'Endpoint (aggiornamento del 29 marzo 2024)

 

mercoledì
29 novembre 2000

Visita di Stato del Presidente della Repubblica italiana Carlo Azeglio Ciampi nella Federazione Russa. Intervento in occasione dell'inaugurazione delle sale italiane del Museo dell'Hermitage di San Pietroburgo

Signor Direttore,
Signore e Signori,


sono lieto di prendere la parola in questo luogo, simbolo della cultura europea, in questa città emblema imperituro della Russia, che celebrerà nel 2003 il trecentesimo anniversario della propria fondazione e che vuole aprirsi all'Europa: come ricorda Puskin, "da natura fu per noi disposto di aprire una finestra sull'Europa". La civiltà e la cultura italiana vi sono di casa. Questo palazzo, questo museo costituiscono la conferma che la Russia è e si sente europea, anche attraverso una nostalgia e un attaccamento autentici per i suoi valori. Ci ricorda che la Russia è stata una componente dinamica delle correnti culturali che hanno attraversato l'Europa da Nord a Sud, da Est ad Ovest.


Gli europei avvertono che la cultura intesa come memoria comune, come sistema di valori, deve tornare ad essere protagonista della vicenda europea. Sembriamo talvolta distratti dalle diverse sollecitazioni del mondo contemporaneo e spesso anche da obiettive, giustificate preoccupazioni: ma proprio di fronte alle incertezze del futuro, gli uomini e le donne dell'Europa si attendono iniziative, avvertono il bisogno di richiami certi, non effimeri, vogliono assecondare processi creativi nel solco della propria civiltà.


La consapevolezza e la difesa di un'identità culturale europea, di cui la Russia è parte, non sono un'esercitazione intellettuale ma uno strumento indispensabile per non scivolare nell'indifferenza del mondo globalizzato; è un modo per lavorare e creare insieme. Sono convinto che trovi una forte rispondenza nello spirito russo.


Viviamo in un'epoca di trasformazioni e di assestamenti. Non si ripresenterà una seconda volta la straordinaria opportunità che si dischiude oggi a noi europei, italiani e russi: rendere nuovamente la nostra cultura una trama ordita da strati sempre più vasti delle nostre popolazioni, attraverso un comune impegno che dall'Atlantico abbracci il Mediterraneo e s'estenda sino all'Oceano Pacifico. Le città russe che s'affacciano su quel mare sono europee per tradizione e cultura; rivendicano la propria identità di fronte alle grandi realtà politiche dell'Asia. E' grazie alla cultura russa se i contrassegni di una comune cultura sono percepibili fino a Irkutsk, Khabarovsk e Vladivostok con emozionante immediatezza.


L'oblio genera indifferenza.
La fiducia nell'avvenire si nutre della memoria del passato.


Il richiamare e il rivivere le radici della nostra civiltà dà senso, cioè orientamento e contenuto, all'impegno di affrontare i problemi dell'oggi. Non va sottovalutato il rischio che un immenso patrimonio storico diventi estraneo alla sensibilità delle nuove generazioni, sommerso dalla realtà delle immagini e del consumo immediato.


Sta alla volontà di tutti gli europei mantenere vivo il proprio passato, gelosi delle peculiarità delle singole nazioni e stirpi, ma consapevoli di condividere essenziali tratti comuni di cui essere, insieme, orgogliosi.


La storia della Russia ha conosciuto momenti straordinari in cui i confini dell'Europa si ampliarono disegnando nuove frontiere politiche ed economiche. L'architettura, le arti figurative, i musei, la musica ci propongono ancora la suggestione di straordinarie esperienze comuni. Ma non si vive solamente della gloria dei passati trionfi. Non bastano quindi i ricordi, non bastano i visitatori curiosi che s'affollano nei musei, non bastano gli imponenti flussi turistici per rafforzare una comune visione dei valori che sono l'autentica linfa vitale dell'Europa.


I confini della civiltà europea, ampliatasi nei secoli attraverso la sua capacità di diffusione e arricchita in modo essenziale dall'intreccio con il mondo slavo, rischiano d'apparire oggi meno visibili.


Sarebbe impensabile dimenticare che questa identità europea fu una realtà condivisa già nei secoli lontani, valicò confini remoti, sviluppò a Mosca come a San Pietroburgo manifestazioni concrete dell'indissolubilità e della grandezza dello spirito europeo. Essa si manifestò attraverso momenti di vera e propria fratellanza e fu alimentata, in questo grande processo creativo, sia dalla cultura latina e germanica sia dalla cultura slava.


L'Europa non ha mai rifuggito, ne tanto meno temuto, il confronto con le altre culture. Anzi è consapevole che il dialogo con le altre culture ha arricchito i nostri popoli.
Nel secolo giunto ora a conclusione, la stessa identità europea venne quasi annientata dall'impatto congiunto di due conflitti mondiali e di due totalitarismi rovinosi. Successivamente, la Guerra Fredda congelò le distruzioni e le divisioni spirituali e materiali avvenute, impedendo che una comune visione europea potesse risorgere contemporaneamente ad Est come ad Ovest, già cinquant'anni orsono.
Malgrado quelle disastrose lacerazioni, l'idea di Europa è sopravvissuta perché radicata nella storia, e si è riaffermata con forza travolgente, abbattendo alla fine del secolo tutte le barriere politiche. Oggi possiamo, se lo vogliamo, recuperare il tempo perduto. La memoria collettiva europea va sottratta, oltre che alla rapacità dell'oblio, agli effetti di lancinanti lacerazioni e al tentativo di considerare la cultura come una semplice risorsa economica. Solo così la nostra identità di europei, il nostro comune patrimonio culturale non verranno frantumati da processi di omogeneizzazione globale, dall'incapacità di creare un autentico sviluppo sostenibile, dall'utilizzazione spietata delle risorse naturali, da modifiche irreversibili al paesaggio europeo.


Lo sforzo di dare un'anima al concetto d'identità europea si disvela quindi come una affascinante sfida del nostro tempo, una responsabilità nei confronti delle nuove generazioni, un impegno dai grandi frutti.


Se riteniamo che la cultura costituisca la forza trainante per assicurare il trionfo dei principi fondanti dell'Europa, allora abbiamo tutti il dovere di dare agli europei una prospettiva che non si esaurisca nella messa in comune dei mercati e di contrastare processi globali d'indistinta omologazione che tendono a soffocare anche la creatività e l'autenticità della cultura.


Di fronte al rischio dell'indifferenza, dell'accantonamento delle tradizioni, il recupero della memoria, il ricollocarla nel suo ordine naturale, il riviverla nel presente costituiscono per tutti gli europei un dovere non solo etico ma anche civile e politico.


Il governo del mondo contemporaneo rischia di svilupparsi trascurando i contenuti profondi della civiltà europea: la consapevolezza della sua validità ci sollecita a impegnarci per evitare che tra uomo moderno e civiltà europea si crei una cesura che renda problematico, a noi stessi, il riconoscimento delle essenziali comuni radici ed agli altri la percezione della sua stessa esistenza.


La tutela dei beni culturali, l'utilizzazione corretta dei mezzi di comunicazione di massa e delle tecnologie dell'informazione, lo sviluppo di programmi educativi, il recupero della storia degli uomini nel loro tempo, la salvaguardia del paesaggio, la difesa degli adolescenti da aberranti usi delle tecnologie, sono dunque condizioni necessarie per contrastare isolamento e smarrimento, per preservare all'identità culturale europea il suo posto nel XXI secolo e soprattutto per sedimentarla nella coscienza dei nostri cittadini e soprattutto della nostra gioventù.


Questi temi offrono grandi opportunità di iniziative alle nostre Università, ai nostri Centri di Ricerca, ai nostri musei, ai nostri conservatori, ai tanti organismi non governativi: occorre darvi un contenuto ampio, concreto, visibile. Non è sufficiente conservare. Occorre attingere al profondo della nostra coscienza, che è consapevolezza profonda della nostra realtà, dei nostri valori, per guardare alto, per stimolare la nostra capacità creativa, che è inventiva, è razionalità, è affermazione della dignità dell'uomo. Un siffatto impegno ci consentirà di dominare la forza degli stessi progressi tecnologici e ci eviterà che essi arrivino a imporci cosa pensare e come agire.


Nella sua crescita come grande democrazia, la Russia ha bisogno di essere parte di un'Europa che si riconosce in un perimetro ideale comune. A sua volta l'Europa sollecita il vostro slancio plasmato dal fascino di una straordinaria cultura, ricca di una fervida inventiva manifestatasi attraverso la sua letteratura, il suo patrimonio artistico, la sua musica, le sue arti figurative e sorretta da una spiritualità che è autentica compassione e sete di giustizia.


Non esiste, lo ripeto, una identità culturale europea senza la Russia. La tenace resistenza, alimentata per generazioni, all'ondata di nomadi che dilagarono per le pianure russe fu una pagina gloriosa di storia europea. La successiva umile, paziente opera di contadini, artigiani, commercianti, esploratori russi che nei decenni hanno popolato la Siberia e l'Estremo Oriente russo ha portato usi, consuetudini, norme e cultura europei in spazi estranei per secoli alla civiltà. Questa presenza capillare è una forza dell'Europa; costituisce anche una dimostrazione che i limiti della civiltà europea non sono fissi e che si muovono continuamente.
I geni espressi dalla Russia, da Gógol a Achmatova, da Malevitch a Kandinski, da Mussorgskij a Stravinskij, appartengono a tutta l'Europa, sono parte integrante della nostra civiltà.


Oggi, questa civiltà deve essere contrassegnata dall'affermazione dei valori della democrazia rappresentativa e dalle regole dello stato di diritto: l'impegno contro la xenofobia, l'intolleranza, la violenza, le spinte separatiste avrà successo se congiunto con l'attrazione unificante del diritto e delle regole. Questi principi e diritti fondamentali comuni non sono un bagaglio esclusivo dell'Unione Europea: costituiscono il contrassegno comune a centinaia di milioni d'europei che vivono fuori dai confini dell'Unione. Senza il loro stimolo vivificatore, il futuro del grande spazio europeo sarebbe congelato in una dimensione puramente economica.


Valori e regole, purché espressione di un autentico sentire, sono la risposta agli egoismi, alle grettezze, alle forze disgregatrici che allignano nell'uomo; si proiettano oltre le generazioni; fanno prosperare una civiltà. Consentono alla stessa cultura quella libertà d'azione e di movimento che, soffocata, si trasformerebbe in una camicia di forza; allargano gli spazi di libertà e di giustizia. La costruzione di uno Stato di diritto moderno e democratico è il più solido argine contro l'erosione di spinte disgreganti.


Il vostro Paese è stata terra di eroi silenziosi che in anni drammatici hanno tenuto viva la continuità della cultura, la ricostruzione delle sue forme e dei suoi sentimenti, il suo legame storico con l'Europa. Vorrei citare una memoria appassionata del nostro reciproco legame culturale: anni prima di sparire per sempre in un campo di concentramento sovietico il grande poeta Osip Mandelstam, legatissimo alla cultura latina e a quella italiana, rivolgendosi idealmente a un grande poeta del '500 scriveva queste righe di struggente poesia: "Ariosto gentile, il secolo forse passerà e in un vasto, fraterno azzurro mischieremo il tuo celeste, il nostro neromare. C'eravamo anche noi..".
In questo processo di integrazione e di avvicinamento, di propagazione di un condiviso modo di sentire e di pensare, la Russia è chiamata a fare la sua parte con orgoglio, spirito d'iniziativa, capacità di visione.


Cosa chiediamo alla Russia? Di credere nella genuinità di questo processo, di diventarne parte dinamica. Come? Accelerando la trasformazione delle proprie istituzioni. Contribuendo, insieme con gli altri Stati europei, all'affermazione del sistema di valori che è al centro dell'identità europea. La confermata adesione a quei valori imprimerà un'ulteriore spinta all'indispensabile collegamento con le istituzioni europee, a cominciare da quelle culturali. L'Italia sta operando attivamente a questo fine.


Non posso non menzionarvi a questo punto la Carta dei Diritti Fondamentali in procinto d'essere approvata a Nizza. Essa si rivolge innanzitutto ai cittadini dell'Unione Europea, ma costituisce anche una straordinaria saldatura fra le regole dell'Unione Europea e quelle del Consiglio d'Europa; ha la potenzialità di creare un veicolo di comunicazione fra tutti i popoli europei; prospetta non solo diritti civili e politici ma anche diritti economici e sociali; sottolinea il valore unificante di regole senza le quali la nostra vita avrebbe una misera dimensione; ricorda che la parte dell'Europa che si è incamminata per la strada dell'integrazione desidera intensificare le sue relazioni in primo luogo verso quei Paesi con i quali, movimenti di popolazioni, interscambi commerciali, influenze religiose ed artistiche, contributi scientifici e di pensiero, hanno plasmato un'unità indissolubile.


Abbiamo bisogno di una spinta vivificatrice, non astratta, perché aspetti diversi di un'identità culturale unica operino in maniera sinergica.


La prosperità economica e il benessere sociale si raggiungono e si consolidano soltanto attraverso la scelta della libertà, della democrazia, dello Stato di diritto, del libero mercato. I principi, i valori, i diritti fondamentali sono lo strumento per impedire la dissolvenza della memoria, per tutelare i nostri beni culturali e naturali, per ritrovare quella sintonia indispensabile al benessere materiale e spirituale del nostro continente. Soprattutto, senza principi e valori, non si può avere fiducia in una migliore condizione umana.


Non stiamo proponendo un nuovo sistema di valori. Stiamo solo cercando di dare organicità e nuova vita a una tradizione di civiltà politica, che la Russia ha concorso a formare, dandovi apporti determinanti in momenti decisivi della storia, e di trasformare uno spazio prevalentemente economico in uno spazio autentico di democrazia e di libertà.





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