Il Portale storico della Presidenza della Repubblica

Pubblicato il 2 giugno 2018, il Portale storico della Presidenza della Repubblica rende progressivamente disponibile il patrimonio conservato dall'Archivio storico.
Archivi, documenti, fotografie, dati, percorsi tematici e risorse digitali trasmettono la memoria dei Capi dello Stato dell'Italia repubblicana; testimoniano in modo straordinariamente capillare le attività, gli interventi e i discorsi dei Presidenti della Repubblica nello svolgimento delle funzioni che la Costituzione assegna loro; testimoniano le attività dell'Amministrazione e dei suoi protagonisti, che operano a supporto della figura presidenziale; rappresentano il Paese che ne costituisce lo sfondo; raccontano le vicende del Palazzo del Quirinale, ieri palazzo dei papi e dei re, oggi sede della massima carica dello Stato repubblicano.

I numeri del Portale: 70.780 eventi, tra udienze, impegni pubblici e privati dei Presidenti; 1.729 visite in Italia e 570 viaggi all'estero; 16.269 pagine di diario digitalizzate; 440.016 immagini; 25.111 immagini che documentano la storia d'Italia dalla Monarchia alla Repubblica; 10.445 audiovisivi; 16.918 complessi archivistici; 6.865 discorsi e interventi; 5.325 atti firmati; 55.759 Provvedimenti di grazia; 542 comunicati della Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 1945 al 1950;11.835 comunicati delle presidenze Ciampi e Napolitano; 168.952 comunicati di cui 28.360 indicizzati dalle presidenze Gronchi a Scalfaro; oltre 500 volumi in Materiali e pubblicazioni per un totale di 50.000 pagine in formato digitale; 75 soggetti produttori e 516 strutture organizzative; 131 biografie di consiglieri e consulenti; 1.665.718 triple caricate sull'Endpoint (aggiornamento del 26 aprile 2024)

 

mercoledì
15 marzo 2000

Varsavia: allocuzione alla sede del Parlamento polacco (SEJM)

Signor Maresciallo del Sejm, Signor Presidente della Repubblica, Signori Membri del Governo, Signori Deputati,


nel prendere la parola in quest'antico Parlamento, so di rivolgermi ai rappresentanti di un popolo illustre, di una grande nazione protagonista gloriosa della storia europea, parte essenziale della sua identità.


Rendo omaggio con ammirazione al vostro Paese. Da nazione che aveva perso lo Stato per generazioni, e dopo sofferenze indicibili in questo secolo, la Polonia è oggi una realtà statuale omogenea e vigorosa. Ci ha insegnato che la cultura - ancor più che la politica o l'economia - è forza trainante nella storia.


Legami secolari e suggestivi uniscono la Polonia e l'Italia, attraverso le forze ispiratrici della nostra civiltà rappresentate dal cristianesimo e dall'umanesimo, tanto più significative perché non scaturiscono da una comune tradizione latina: dobbiamo mantenerle vive nella nostra memoria storica, nella nostra coscienza perché continuino a motivarci.


Indelebile è il ricordo dei soldati polacchi che nell'ultima guerra contribuirono alla liberazione dell'Italia: molti di loro caddero in terra italiana. Come tanti italiani, ho reso loro omaggio nei cimiteri dove riposano.


M'inchino alla determinazione con cui la società civile polacca ha nutrito, durante cinquant'anni di totalitarismo, una inestinguibile e viva speranza di libertà e di ritorno alla grande famiglia europea di cui ha fatto parte nella sua millenaria storia.


Salvando, col suo coraggio, se stessa, la sua indipendenza e il suo futuro, la Polonia ha reso possibile la riunificazione dell'Europa, così a lungo e così ingiustamente divisa, e ha contribuito, in modo decisivo, a salvare l'indipendenza e il futuro di altri popoli europei.


Voi avete segnato la via del ritorno alla democrazia allo stesso popolo russo, che l'Unione Europea, di cui voi farete parte, vuole avere vicino nella grande impresa di costruire insieme un mondo di pace e di libertà.


L'Europa non dimenticherà mai i vostri meriti. E non dimenticheremo mai che dalla Polonia ha iniziato il suo cammino nel mondo il Sommo Pontefice, che come nessun altro impersona, nel nostro tempo, lo spirito universale e l'ansia di pace e di fratellanza fra popoli e religioni diverse che sono i valori più alti della nostra comune civiltà.


L'Italia si sente profondamente partecipe della dimensione globale della società contemporanea, attraverso l'umanità del suo popolo, la vivacità della sua economia, la ricchezza della sua cultura. L'Italia vuole la pace nei rapporti con gli altri Stati, il consolidamento della democrazia rappresentativa, lo sviluppo d'istituzioni che rafforzino la cooperazione politica ed economica fra le Nazioni, il superamento d'inammissibili divari di ricchezza fra il Nord ed il Sud del mondo, l'impegno nell'affrontare le sfide del nuovo secolo.


Questo vasto anelito si è definito in un ambito più circoscritto: l'integrazione dell'Europa. Lo sviluppo dei nostri rapporti economici, la diffusione delle nostre culture, la conoscenza reciproca si configurano come strumenti essenziali nella realizzazione di questo progetto storico unico.


Abbiamo una duplice responsabilità: costruire insieme, in Europa, un sistema di valori, di regole, un patto di vita in comune, condiviso e socialmente accettato; consolidare una zona di pace ben oltre i confini dell'Unione Europea.


L'Italia è ben lieta che la Polonia intenda essere partecipe della realizzazione di ambedue questi obiettivi. Contiamo di proseguire insieme nel cammino iniziato 50 anni orsono dai Paesi fondatori e di condividere la responsabilità di costruire un'Europa veramente unita ed integrata.


Dieci anni fa venne abbattuto un muro innalzato dalla violenza e dall'odio. L'Europa unita è necessaria perché non vogliamo più muri, né esterni né interni, alimentati da nazionalismi esasperati, da inammissibili richiami al razzismo ed alla xenofobia.


L'Europa è il nostro retaggio, l'Europa è il nostro avvenire. La storia ci ha affidato il compito di comporre l'unità dell'Europa. Il tempo però stringe, anche perché la globalizzazione, se non governata, rischia di indebolire la stessa identità europea. E' un'opportunità che va colta, senza esitazioni, dai Governi, dai Parlamenti, da tutte le forze politiche, soprattutto dalla società civile europea che dobbiamo rendere più coesa.


L'Italia è consapevole degli sforzi della Polonia nel l'adeguamento della propria legislazione all'"acquis" comunitario, che comporta anche un complesso adattamento istituzionale. Nessuna spinta esterna può sostituirsi alla chiarezza in voi degli obiettivi, alla determinazione a radicare il consenso politico intorno ai traguardi della costruzione europea.


Soprattutto dopo l'approvazione della moneta unica, l'Europa è molto più di un'alleanza di Stati; rappresenta un inizio di stato federale che si va gradualmente consolidando come una comunità serrata da valori e principi condivisi.


Per la prima volta nella storia, la rinuncia progettata ad aspetti di sovranità nazionale, quale è stata la rinuncia alla moneta nazionale, non costituisce sinonimo di servitù ma garanzia di libertà.


Si vive anche e soprattutto di sogni: la trasformazione delle idee in istituzioni appare a volte una sfida impossibile. Eppure quanto già realizzato dall'Unione Europea dimostra che una grande intuizione politica può diventare realtà, se sorretta da tenacia, da fermezza, da generosità di visione e da coraggio politico.


Oggi più che mai occorre, per progredire ancora, un soffio vitale ispirato al progetto politico originario dell'Europa voluto dai Padri Fondatori e al progetto che sin da decenni avrebbe potuto aprirsi anche alla Polonia se solo le fosse stata data la possibilità di scegliere liberamente.


Una vera e propria soggettività internazionale dell'Europa si profila come l'innovazione istituzionale di quest'inizio di millennio, il passaggio necessario perché la pace e la prosperità già raggiunti dall'Europa diventino un tratto duraturo della realtà internazionale.


Ma non bastano i risultati già raggiunti? Perché vogliamo perseguire così tenacemente l'obiettivo di un'Europa unita ed integrata?


L'Italia è profondamente convinta che la stabilità europea, per essere solida, deve essere continentale e paneuropea, che il raggiungimento della "pace europea" richiede capacità di promuovere sicurezza interna ed esterna, che il benessere della nostra gente richiede un mercato unico ed una razionale, libera dislocazione dei fattori produttivi, che la competitività europea comporta uno sforzo profondamente innovativo. Al tempo stesso, la violenza che s'annida nei rapporti internazionali, la precarietà della situazione nei Balcani, le stesse sfide globali, sollecitano una capacità propositiva e di presenza operativa che nessuno Stato nazionale è ormai in grado di assicurare.


La tutela dei diritti umani nel mondo, ovunque essi vengano violati - e troppo spesso lo sono in maniera atroce, anche a ridosso delle nostre frontiere - esige da parte dell'Europa una pronta capacità di prevenzione e d'intervento.


Tutto questo non può essere fatto dai singoli Stati europei: solo un'Europa unita ne assomma ed esalta la potenzialità.


Non basta cumulare forze diverse: esiste un'identità europea di cui le singole nazioni devono essere consapevoli e orgogliose e che accresce il valore del tutto. Nel rispetto delle singolarità, essa sottolinea che la civiltà del nostro continente definisce una vera e propria comunità. L'unicità dell'esperienza europea, che prima di tutto è quella di avere imparato, più di altre aree, a convivere tra diversità, costituisce anche la chiave del suo avvenire. Dico questo con grande convinzione soprattutto a voi che avete subito distruzioni spaventose e che non vi siete piegati al tentativo di cancellazione della vostra identità. Rivivere insieme il passato è necessario per costruire insieme il futuro.


Dobbiamo quindi progettare in termini storici: non possiamo permetterci di "perdere la guerra della memoria" come paventa un illustre storico polacco, il vostro attuale Ministro degli esteri professor Geremek. Occorre saper percorrere, attraverso le singole memorie nazionali, il filo unificante della memoria dell'Europa che accorda in sé il timbro specifico di tante diverse tradizioni. Quella memoria rappresenta, in quanto frontiera di civiltà, il vero confine dell'Europa e testimonia e rafforza il sentimento d'appartenenza ad una stessa cultura, a una unica comunità.


Se, come credo, vogliamo veramente identificarci nei confronti del resto del mondo attraverso dei valori comuni, quella memoria è indispensabile.


L'Unione Europea costituisce una realtà in rapido movimento che sta compiendo progressi incisivi anche nella politica di sicurezza e di difesa. Quest'evoluzione tuttavia non basta. Ci vogliono degli avanzamenti radicali negli assetti istituzionali dell'Unione Europea, degli interventi essenziali alla solidità e alla crescita dell'organismo europeo.


Quest'anno di Conferenza intergovernativa è anno cruciale per l'Europa ed il suo futuro. Il futuro dell'Unione, e ancor di più il suo ampliamento impongono istituzioni forti, radicate nella nostra coscienza democratica, efficienti. L'Italia si adopera perché la Conferenza rappresenti uno spartiacque nel divenire dell'Europa unita e perché i Paesi candidati vengano consultati nel suo svolgimento, nell'auspicio che anche essi, nel loro stesso interesse, sollecitino e sostengano la Conferenza nel perseguire un risultato di alto profilo. Gli uomini passano ma le istituzioni restano: per questo vogliamo che siano adeguate e salde. E' doveroso preoccuparsi della capacità di dotarsi d'istituzioni in grado di sorreggere e governare un'Europa ispirata a un'autentica sovranità collettiva.


Per questo è necessario prevedere, anche e soprattutto in una Unione allargata, il diritto a un'integrazione più stretta, a una cooperazione rafforzata, fra i Paesi che siano in grado di farlo e vogliano farlo: come già è accaduto per la moneta europea.


Costruire, affermare la pace europea significa vivere i valori fondanti su cui si basa l'Unione Europea, che si riconosce sempre più chiaramente e sempre più frequentemente come una comunità di valori. Non basta che i valori vengano richiamati in astratto, che vengano enunciati. Essi devono essere individuati e vissuti come elementi essenziali dell'identità europea; debbono esistere nelle nostre coscienze. E' essenziale che essi esprimano l'essenza dell'Europa anche come codificazione di diritti e di doveri di entità istituzionali. La Carta dei Diritti Fondamentali mira ad assicurare una dimensione comune ai valori che ci uniscono e a collocarli in un quadro sistematico e impegnativo. La Carta sarà la parte prima della Costituzione europea: un provvidenziale inizio di costituzionalizzazione dell'Europa cui devono tendere le energie di governanti e cittadini. L'individuazione e la tutela delle libertà fondamentali è anche l'essenza di un'emergente cittadinanza europea.


L'Europa ha ora di fronte una complessa calendarizzazione che esige un dibattito intenso, veloce ma responsabile. Tucidide ci ricorda che "il dibattito non arreca danno all'azione; il pericolo risiede piuttosto nel non chiarirsi le idee, discutendone, prima di affrontare le azioni che s'impongono".


L'Italia, uno dei sei Paesi fondatori della nuova Europa, sa, per lunga esperienza, che la costruzione dell'Unione Europea quale essa è oggi, il suo progressivo rafforzamento, i suoi successivi allargamenti, sono stati il frutto di una lunga crescita culturale, economica, civile. La costruzione dell'Unione è stata possibile grazie a una chiara definizione degli obiettivi da raggiungere, e a una grande capacità di procedere, con pazienza e con tenacia, verso il loro raggiungimento. Gli stessi principi e metodi debbono presiedere alla formazione di un'Unione più ampia, alla cui realizzazione noi tutti ci siamo solennemente impegnati, e che costituisce il nostro futuro. Diverse sono le scadenze: il rafforzamento delle istituzioni innanzitutto e l'allargamento; la creazione di un governo comune dell'economia, una politica di sicurezza e di difesa, il consolidamento di uno spazio giuridico di sicurezza e di libertà.


L'obiettivo è ambizioso: dare sin da quest'anno il segnale che l'individualità e l'autorevolezza dell'Europa stanno diventando un fatto compiuto e che esso costituisce l'apporto originale del nostro continente, in comunanza d'intenti con gli Stati Uniti d'America, alla stabilità internazionale.


Senza tutto questo l'Europa non potrà mai acquisire una reale proiezione esterna. Non potrà mai cooperare con incisività negli sforzi delle Nazioni Unite, volti a costruire una nuova legittimità internazionale; non potrà prepararsi a parlare con una voce sola in quel consesso.


Far dell'Europa pilastro di pace, di democrazia, di progresso civile ed economico è obiettivo di fondo dell'Italia, condiviso dalla grande maggioranza delle sue forze politiche.


In quest'opera il ruolo della Polonia sarà essenziale.

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