Il Portale storico della Presidenza della Repubblica

Pubblicato il 2 giugno 2018, il Portale storico della Presidenza della Repubblica rende progressivamente disponibile il patrimonio conservato dall'Archivio storico.
Archivi, documenti, fotografie, dati, percorsi tematici e risorse digitali trasmettono la memoria dei Capi dello Stato dell'Italia repubblicana; testimoniano in modo straordinariamente capillare le attività, gli interventi e i discorsi dei Presidenti della Repubblica nello svolgimento delle funzioni che la Costituzione assegna loro; testimoniano le attività dell'Amministrazione e dei suoi protagonisti, che operano a supporto della figura presidenziale; rappresentano il Paese che ne costituisce lo sfondo; raccontano le vicende del Palazzo del Quirinale, ieri palazzo dei papi e dei re, oggi sede della massima carica dello Stato repubblicano.

I numeri del Portale: 70.780 eventi, tra udienze, impegni pubblici e privati dei Presidenti; 1.729 visite in Italia e 570 viaggi all'estero; 16.269 pagine di diario digitalizzate; 440.016 immagini; 25.111 immagini che documentano la storia d'Italia dalla Monarchia alla Repubblica; 10.445 audiovisivi; 16.918 complessi archivistici; 6.865 discorsi e interventi; 5.325 atti firmati; 55.759 Provvedimenti di grazia; 542 comunicati della Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 1945 al 1950;11.835 comunicati delle presidenze Ciampi e Napolitano; 168.952 comunicati di cui 28.360 indicizzati dalle presidenze Gronchi a Scalfaro; oltre 500 volumi in Materiali e pubblicazioni per un totale di 50.000 pagine in formato digitale; 75 soggetti produttori e 516 strutture organizzative; 131 biografie di consiglieri e consulenti; 1.665.718 triple caricate sull'Endpoint (aggiornamento del 28 giugno 2024)

 

martedì
07 marzo 2000

Incontro con il Presidente della Commissione europea on. Romano Prodi e con il Consiglio dei commissari

Presidente Prodi, Cari Commissari,


prima di tutto debbo mettere da parte una certa carica emotiva. Mi trovo qui tra voi ed ho avuto il privilegio di vivere tutta l'avventura europea. Ero già adulto, quando fu creata la CECA e l'EURATOM.


Ho avuto il piacere di conoscere i Padri dell'Europa, a cominciare da Jean Monnet; ho esultato per la firma del Trattato di Roma; ho vissuto in prima persona tutte le vicende - occupano quasi venticinque anni - che ci hanno condotto alla moneta comune. Questi sentimenti che mi porterebbero a parlare troppo del passato, appellandomi ai sentimenti di uno che da anni si definisce "cittadino europeo nato in terra d'Italia".


Preferisco, come è anche mia abitudine, andare più sui temi concreti che ha trattato il Presidente Prodi e che sono le problematiche che attengono a questo nuovo momento importante della storia dell'Europa che tutti insieme stiamo vivendo.


Sono qui alla Commissione, che è il cuore dell'Unione Europea. Lo è perché è l'organo fondamentale dell'Unione. E' inutile che richiami i compiti che vi attribuiscono i Trattati, che sono compiti sia di indirizzo, in comunione con gli altri organi, Parlamento e Consiglio, sia di esecuzione, operativi, compiti che sono di vostra esclusiva e piena competenza, in quello che è il primo pilastro, l'economia. E l'economia intesa in senso lato, perché investe tutto il mondo del sociale, dei rapporti con le persone, dei rapporti con le imprese.


Voi avete cominciato il vostro lavoro presentando un programma di alto profilo, che è stato ben giudicato ed accolto, il programma per il 2000-2005. E' un programma che vedrà già ora un primo momento importante proprio dalla Conferenza di Lisbona, che è dedicata ai temi della economia, dell'occupazione, alla riforma dei modelli sociali.


Il tutto in un quadro che vede gli europei convinti che, se è vero che i ritardi, accumulati dal nostro sistema economico negli ultimi quindici anni, sono dovuti a una perdita di competitività rispetto soprattutto alla maggiore economia mondiale, quella degli Stati Uniti, e che quindi occorre rivedere il modello di sviluppo, non vogliono abbandonare quella che è stata la caratteristica del modello europeo di sviluppo.


Chiamiamola economia sociale di mercato, chiamiamolo modello renano, chiamiamolo modello alpino, si tratta di un modello che ha avuto l'ambizione di coniugare la capacità di competere nel mondo - tanto più in un mondo oggi caratterizzato dalla globalizzazione - con i temi della socialità.


Proprio in questa sala fui ospitato gentilmente dal Presidente Santer, quando mi affidò la Presidenza della Commissione per la Competitività Europea. In questo luogo discutemmo, con gli altri Dodici membri, alcune idee che poi sono quelle che mi sembrano ancora valide e che additammo ai vari Consigli Europei del 1995 e del 1996 per rilanciare la competitività dell'economia europea.


Questo della competitività e dell'occupazione è il tema che - come ha ricordato il Presidente Prodi - si trova ad un momento importante non solo di analisi, ma anche di decisione nel prossimo Consiglio di Lisbona.


Contemporaneamente abbiamo da affrontare un tema ancora più importante che è quello assegnato alla Conferenza intergovernativa.


Abbiamo due problemi: allargamento dell'Unione e rafforzamento delle Istituzioni. Non sono temi alternativi; sono temi strettamente congiunti; il rafforzamento non può non precedere logicamente l'allargamento.


Voi vivete la realtà della Commissione. Credo che siate ben consapevoli di non potere essere pienamente operativi se si ampliasse ulteriormente il numero dei Paesi aderenti. Prima occorre provvedere a modificare, ad affinare, a rafforzare l'organizzazione e le strutture di governo dell'Unione.


Di qui l'importanza fondamentale che la fase della Conferenza intergovernativa dedicata al rafforzamento delle Istituzioni avvenga nei tempi più brevi possibili e investa - me lo auguro - non solo i cosiddetti tre punti rimasti dai precedenti Trattati, ma affronti anche altri punti, in modo che l'avanzamento verso un governo europeo vada ulteriormente avanti.


Governo europeo che ancora si sta orientando verso linee che in alcuni casi richiamano lo Stato Federale, in altri una Federazione di Stati. Ritengo che dovremo procedere, in maniera empirica. Si è fatta certamente - e tornerò sull'argomento - una scelta netta verso lo Stato Federale con l'Euro e con la Banca Centrale Europea. In altri campi, quali la difesa e la politica estera si sta andando verso formule che sono di natura più intergovernativa.


Sono convinto che il salto decisivo verso una Europa unita si è avuto con la creazione dell'Euro. Undici Paesi - Quindici nel Trattato di Maastricht e Undici poi nell'attuazione - hanno deciso di cedere una parte della propria sovranità. Battere moneta è un atto importante, fondamentale, nella sovranità dello Stato; l'avervi rinunciato in favore di una istituzione congiunta, di una istituzione federale è stata una decisione difficile, maturata a lungo. Ho vissuto personalmente tutte quelle fasi: dai lavori per lo SME, al Comitato Delors, fino al Comitato dei Governatori, che ha predisposto lo statuto della Banca Centrale europea. So cosa hanno significato quelle scelte, quali difficoltà superammo per arrivare ad accordi. Ma la scelta fu netta: se si decide di creare una moneta comune, la conseguenza necessaria è che ci debba essere una istituzione federale, ed è la Banca Centrale Europea. Questo è avvenuto.


Avere una Banca Centrale comune significa mettere insieme anche un governo dell'economia, che deve essere un governo comune. In che modo? Potrà anche avvenire in modo diverso da quello seguito per la Banca Centrale, cioè in modo meno federale più intergovernativo. Ma solo la presenza di un governo dell'economia assicura il logico completamento dialettico di una realtà operativa per definizione affidata a due istituzioni diverse: Governo e Banca Centrale. Oggi noi abbiamo solamente la Banca Centrale e non abbiamo il Governo. E quindi questo è necessario completarlo.


Ricordo le mie ultime esperienze di Ministro del Tesoro; la riunione qui a Bruxelles, dell'Ecofin, nella primavera del 1999. La speranza allora e il tentativo qual era? Era quello di far sì che l'Ecofin a Undici diventasse di fatto il luogo nel quale si discutevano i problemi comuni del governo dell'economia per arrivare a decisioni da applicare da ogni Ministro e da ogni governo nel proprio Stato, ma che rispecchiassero scelte e obiettivi congiuntamente riconosciuti e congiuntamente decisi.


Portare avanti, nel Consiglio Europeo di Lisbona, questo avanzamento nel campo economico implica poi necessariamente che ci deve essere anche un avanzamento nel campo istituzionale.


Contemporaneamente la Conferenza intergovernativa deve portare avanti tutti gli altri temi che riguardano il funzionamento delle istituzioni - non sto qui a citarli perché li conoscete molto meglio di me. Possibilmente andare al di là del sistema di voto, al di là delle maggioranze.


Prendiamo il settore della difesa: ormai abbiamo questa realtà di creare delle unità integrate. Oggi sono cinquantamila uomini, fra qualche anno saranno 80 mila. Ci lamentiamo che in Europa abbiamo una potenzialità di difesa molto inferiore a quella americana, non solo in valori assoluti. Noi spendiamo due terzi di quello che spendono gli Stati Uniti d'America, con un rendimento che è meno di un terzo.


Perché questo? Perché abbiamo una serie di duplicazioni. Italia, Francia, Germania, Austria, Inghilterra, ognuno di questi Paesi ha Eserciti, Marine e Aviazioni che ripetono le stesse organizzazioni; il futuro è una loro cresciuta integrazione.


Trovo che sia fondamentale che già al prossimo Consiglio di Lisbona si cominci ad effettuare un esame dell'andamento, un monitoraggio della Conferenza intergovernativa.


E' un'opera questa, del monitoraggio, che è bene sia fatta in continuazione a tutti i livelli. Lo sostengo anche a livello di Capi di Stato: seguire come va, significa favorirla, stimolarla.


Vi è poi il tema che considero di grandissima importanza - per i motivi già accennati dal Presidente Prodi - della "Carta dei Diritti". Ritengo che si debba arrivare a una Costituzione europea. Considero la "Carta dei Diritti" come la prima parte della Costituzione europea, la parte nella quale verranno stabiliti i valori, i principi fondamentali di riferimento, come è in tutte le Costituzioni. Questo è il compito di coloro che stanno redigendo la "Carta dei Diritti fondamentali". Ripeto: prima parte della Costituzione europea.


Tutto questo nostro procedere si confronta quotidianamente con i problemi del mondo che ci sta intorno. In primo luogo i problemi dell'allargamento, che sono ineludibili; abbiamo dato delle aspettative a Paesi che sono Paesi dell'Europa e non possiamo deluderli. Certo, queste attese si tradurranno in realtà, e in tempi e in misure diverse secondo la volontà dei singoli Paesi di far parte dell'Europa, nel suo nucleo più duro.


Vedo un'Europa che di fatto si articola in due o tre cicli concentrici. Ma a tutti dobbiamo offrire quello che io chiamo un sicuro "ancoraggio". Una cosa è essere parte dell'Unione Europea strettamente detta, e una cosa è avere un "ancoraggio" all'Europa, cioè riconoscersi nei principi fondamentali dell'Europa. Si tratta di attuare quella estensione della pace europea che è fatta soprattutto di autorevolezza e di valori.


Ho avuto occasione, visitando in questi mesi diversi Paesi, anche del Mediterraneo, di capire l'importanza che ha per questi Paesi l'Unione europea. Un po' alla volta essi si rendono conto che l'Europa non è più un gruppo di Stati o un'alleanza di Stati, ma è qualcosa di più. E cominciano a guardare all'Europa con sentimenti di fiducia e di speranza.


Il tema del Mediterraneo mi è caro non solo perché essendo italiano vivo in un Paese che è immerso nel Mediterraneo, ma perché sono convinto che il grande confronto del secolo che abbiamo iniziato sarà il confronto Nord-Sud. Confronto di civiltà, confronto di popoli con religioni, condizioni di sviluppo diverse, e che si trovano a poche centinaia di chilometri di distanza, quasi costretti dalla storia a dialogare.


E il dialogo significa - anche qui la parte economica ha grande rilevanza - essere capaci noi di portare in quei Paesi opportunità di lavoro, cioè iniziative di lavoro, e al tempo stesso accettare, in maniera regolata e governata, l'immigrazione di queste popolazioni verso l'Europa.


Abbiamo di fronte ora - l'ha ricordato poco fa il Presidente Prodi - questo tema che sta diventando sempre più preoccupante, dei Balcani. Non possiamo certamente pensare di eternizzare una situazione di armistizio. Questo purtroppo non basta. L'azione che nei Balcani deve svolgere l'Europa, implica uno sforzo ulteriore, uno sforzo addizionale, politico ed economico.


Termino, aggiungendo che sono consapevole che avete di fronte un lavoro molto impegnativo, un lavoro che può suscitare valutazioni diverse. Quello che è importante è che la Commissione sia convinta dei propri compiti, delle proprie funzioni e che si senta sostenuta dai Paesi dell'Unione.


Quello dell'Unione europea è stato un cammino che in alcuni passaggi ha avuto del miracoloso. Si è trattato di una incredibile avventura: se uno l'avesse immaginata a tavolino, non si sarebbe mai svolta.


Quante volte ci eravamo quasi persuasi che il tracciato fosse impercorribile, altrettante volte siamo riusciti a fare il passo avanti. Ci è voluto che chi in quel momento deteneva la responsabilità  procedesse con forza, con decisione, con determinazione. Così dovrà essere necessariamente anche in futuro: e l'intera Europa, l'intero mondo vi saranno riconoscenti.


Per quanto mi riguarda, per quanto riguarda il mio Paese, voglio che sappiate che avete un appoggio pieno, un appoggio naturalmente critico - nel senso valutativo e questo deve essere sempre così - ma un appoggio pieno. Gli obiettivi di fondo sono quelli che ci interessano.


Partite dalla convinzione che sottolineavo prima: il dado è tratto. L'Unione Europea ormai è stata decisa. Con l'Europa è stato fatto il passo definitivo.


Bisogna portare avanti questo cammino con concretezza e con una grande dose di empirismo. Magari lasciando poi ai giuristi il compito di mettere tutte le caselle nel giusto posto e dare loro la giusta denominazione. Grazie.

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