Il Portale storico della Presidenza della Repubblica

Pubblicato il 2 giugno 2018, il Portale storico della Presidenza della Repubblica rende progressivamente disponibile il patrimonio conservato dall'Archivio storico.
Archivi, documenti, fotografie, dati, percorsi tematici e risorse digitali trasmettono la memoria dei Capi dello Stato dell'Italia repubblicana; testimoniano in modo straordinariamente capillare le attività, gli interventi e i discorsi dei Presidenti della Repubblica nello svolgimento delle funzioni che la Costituzione assegna loro; testimoniano le attività dell'Amministrazione e dei suoi protagonisti, che operano a supporto della figura presidenziale; rappresentano il Paese che ne costituisce lo sfondo; raccontano le vicende del Palazzo del Quirinale, ieri palazzo dei papi e dei re, oggi sede della massima carica dello Stato repubblicano.

I numeri del Portale: 70.780 eventi, tra udienze, impegni pubblici e privati dei Presidenti; 1.729 visite in Italia e 570 viaggi all'estero; 16.269 pagine di diario digitalizzate; 440.016 immagini; 25.111 immagini che documentano la storia d'Italia dalla Monarchia alla Repubblica; 10.445 audiovisivi; 16.918 complessi archivistici; 6.865 discorsi e interventi; 5.325 atti firmati; 55.759 Provvedimenti di grazia; 542 comunicati della Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 1945 al 1950;11.835 comunicati delle presidenze Ciampi e Napolitano; 168.952 comunicati di cui 28.360 indicizzati dalle presidenze Gronchi a Scalfaro; oltre 500 volumi in Materiali e pubblicazioni per un totale di 50.000 pagine in formato digitale; 75 soggetti produttori e 516 strutture organizzative; 131 biografie di consiglieri e consulenti; 1.665.718 triple caricate sull'Endpoint (aggiornamento del 17 maggio 2024)

 

lunedì
04 ottobre 1999

Università statale: incontro con i rettori delle Università di Milano e della Lombardia

E' per me un grande onore, signor Presidente, poterLe porgere, nella mia qualità di Rettore di questa Università milanese il più caldo benvenuto, ringraziandoLa nella maniera più viva anche a nome di tutti i colleghi, per la Sua presenza qui.


Una presenza che ci lusinga pensare sia un riconoscimento, da parte della più alta autorità dello Stato, per quello che il sistema universitario milanese ha rappresentato e rappresenta nel contesto cittadino regionale e nazionale.


In senso proprio la città ha cominciato a dotarsi di strutture, definibili a pieno titolo come universitarie, solo dopo l'unità. Tardi, dunque, rispetto ai grandi atenei plurisecolari operanti nel nostro Paese. E non senza aver dovuto superare varie difficoltà e contrasti, ma potendo far leva sul forte sostegno da parte della classe dirigente locale, ben consapevole in quei decenni, dell'importanza delle strutture formative di alto livello, per i processi di modernizzazione e di sviluppo.


Ne è nato, nel corso del tempo, un insieme di strutture notevolmente articolate e diversificate nella loro configurazione, nelle dimensioni, nella particolarità degli ambiti e delle specializzazioni, con un intreccio di pubblico e privato che non trova riscontri a livello nazionale.


La Milano delle industrie e delle professioni, la Milano della finanza e del commercio, la Milano della scienza e della cultura ha potuto così contare, in maniera crescente nel corso degli anni, su quanto il suo complesso sistema universitario è riuscito ad offrirle. Con esiti che sono andati, e tuttora vanno, ben oltre la ristretta cerchia degli interessi cittadini e Provinciali.


Non voglio certo asserire con questo che nell'ambito delle istituzioni a noi affidate, tutto abbia funzionato e funzioni per il meglio, che non vi siano problemi e carenze, che non si avvertono bisogni, che non rimangano esigenze disattese. Credo però, che anche da quello che Le diranno i colleghi Rettori, potrà farsi l'idea, Signor Presidente, di una realtà dotata, nelle sue varie componenti, di effettiva vitalità e di sostanziale capacità di iniziativa. Decisa, per quanto sta nelle sue forze, ad operare per adeguare didattica e ricerca, qualificata formazione professionale e cultura, ad una fase di sempre più necessaria ed urgente trasformazione.


Sotto questo profilo, parlando, in questo caso, come Rettore del più grande - per dimensioni - ateneo della città, non posso non segnalarLe come tra i mega-atenei italiani, l'Università degli Studi di Milano sia stata la prima, e rimanga tuttora, l'unica che sia riuscita ad attuare in pochi anni un autentico decongestionamento, dando vita a un secondo ateneo, quello di Milano Bicocca. Che opera già dal corrente anno accademico in maniera autonoma, al servizio di circa 15 mila studenti, che diventeranno presto 25 mila e che nei prossimi giorni eleggerà, questa università, il suo primo Rettore.


Perché abbia comunque una idea delle dimensioni dell'intervento effettuato, Le dirò solo, Signor Presidente, che quando l'operazione è partita, alcuni anni fa, gli studenti dell'Università degli Studi erano circa 90 mila. Una quota in seguito superata. Ora, dopo i trasferimenti concordati con l'Università Milano Bicocca, i nostri iscritti sono circa 70 mila e si pensa si ridurranno ulteriormente.


Realizzata la seconda Università, non siamo comunque rimasti fermi. Tra pochi giorni inaugureremo un nuovo edificio di ben 11 mila metri quadrati, la "Città degli Studi", quindi per le facoltà scientifiche, totalmente dedicato alla didattica, con aule e laboratori attrezzati.


E altre realizzazioni sono in itinere, grazie ad un finanziamento agevolato della Cariplo, grazie a questo finanziamento abbiamo potuto avviare due importanti iniziative, come l'acquisto del Palazzo di Via Conservatorio - sede della facoltà di Scienze Politiche, un'aspirazione che avevamo da anni - e la realizzazione di un nuovo insediamento della facoltà di Medicina Veterinaria a Lodi, nelle cui vicinanze già operano alcune nostre moderne aziende agricole e zootecniche, funzionali alle esigenze di formazione degli studenti di veterinaria e di agraria.


E qui mi piace ricordare che le nostre facoltà di Veterinaria e di Agraria giocano un ruolo molto importante ai fini dello sviluppo dei paesi sottosviluppati. Tale insediamento comprenderà anche un nuovo ospedale per grandi animali che, per livello di impianti e di attrezzature, avrà pochi riscontri e non solo in ambito italiano.


Non tento nemmeno, Signor Presidente, di darLe una idea dell'articolazione delle linee portanti del nostro sistema didattico e della sua organizzazione. Vorrei solo segnalarLe che, se in questo ambito sono stati possibili interventi di indubbio rilievo, molto dipende da una scelta compiuta alcuni anni orsono, con il determinante consenso degli allora rappresentanti degli studenti: la scelta di collegare l'incremento dei contributi studenteschi, assolutamente inevitabile, stante l'insufficienza dei finanziamenti statali, al vincolo della loro esclusiva destinazione allo sviluppo e al potenziamento della didattica. Destinazione deliberata dalle singole facoltà di intesa con le rappresentanze studentesche. A dimostrazione che gli studenti sono disponibili a sottostare a sacrifici economici, quando ne tragga giovamento il livello di insegnamento e dei servizi loro rivolti.


Purtroppo questa nostra positiva esperienza rischia di vanificarsi a causa della decisione, in sede politica, di togliere alle università statali la prerogativa, sempre goduta, di poter decidere autonomamente la misura dei contributi da richiedere agli studenti.


Convinti che è compito dell'università trasmettere il sapere, ma anche creare nuove conoscenze e che le università non possono definirsi tali se non svolgono ricerca, abbiamo voluto aumentare nel corso degli anni l'aliquota delle risorse destinate alla ricerca. E in modo particolare all'acquisto di rilevanti strumentazioni scientifiche, dal costo unitario superiore al miliardo. Ritenendo che oggi è indispensabile possedere apparecchiature adeguate se si vuol svolgere della ricerca avanzata e competitiva.


Quest'anno abbiamo acquistato due strumenti finora unici nel nostro Paese. Uno per lo studio della conformazione delle proteine, l'altro per le ricerche di cristallografia.


E' vero siamo spesso accusati di prediligere la ricerca di base, ma se interpellati siamo sempre disponibili a risolvere problemi di carattere applicativo.


Mi piace ricordare due esempi di dimensioni ben diversi tra loro. Quando Ella, Signor Presidente, avrà l'occasione di visitare l'Università di Catania, si imbatterà in un ciclotrone superconduttore che è stato costruito da noi. So che questa mattina Ella ha visitato la nuova sede di quella che per noi milanesi resta il "Piccolo Teatro", la cui situazione acustica, assai difettosa all'origine, tanto che il maestro Muti si è rifiutato di dirigere l'orchestra, è stata risolta questa situazione acustica, positivamente, da uno dei nostri fisici, esperto del settore.


E' d'altra parte, motivo per me di particolare soddisfazione sottolineare come nella ripartizione delle risorse per la ricerca, le facoltà umanistiche trovino una giusta considerazione delle loro esigenze.


A questo riguardo, senza anticipare un annuncio formale che daremo solo nelle prossime settimane, desidero però dare a Lei, Signor Presidente, la notizia dell'acquisizione per il nostro Dipartimento di Scienza della Storia, della Biblioteca e dell'archivio personale di Valentino Bompiani. E quello ancor più importante dell'acquisto, con il determinante contributo della Fondazione Cariplo, di una grande biblioteca egittologica, comprensiva di ben 9 mila volumi, contenenti, in pratica, tutto quanto di rilevante riguarda questo settore di studi, dalla spedizione napoleonica ai nostri giorni. Un acquisto tanto più prezioso in quanto venuto in diretta concorrenza con altre prestigiose università straniere.


Di iniziative e programmi di espansione non solo in progetto ma in atto Le parleranno ora gli altri Rettori presenti, a riprova della persistente volontà di capacità di iniziativa che il sistema universitario cittadino è in grado di mettere in campo, quando sia posto nelle condizioni di poter far valere il dinamismo e la carica vitale di cui è dotato.


A questo riguardo - e finisco - non posso sottacerLe una preoccupazione, che al di là delle periodiche riassicurazioni, in contrario si sta facendo sempre più strada, entro i nostri atenei, la preoccupazione cioè che il processo di trasformazione degli ordinamenti didattici - avviato ormai da tempo per iniziativa ministeriale e rispetto alla cui progettazione, anche vari docenti milanesi si sono direttamente e attivamente impegnati - possano giungere ad un rapido compimento.


Si può beninteso discutere se le ipotesi sin qui elaborate siano le più idonee e soddisfacenti, ma i rischi derivanti da una situazione di stallo - destinati probabilmente a prolungarsi - sono sicuramente superiori a quelle di normative imperfette ma comunque emendabili da emanare al più presto, sulle cui basi le università possono impegnarsi nella loro autonomia e meglio articolare la propria offerta di corsi di studio.


Credo di interpretare l'animo di tutti i presenti, nel rivolgerLe un vivo appello affinché Ella voglia far valere, nella Sua autorità, tale nostra esigenza, nella certezza che, per quanto riguarda gli atenei milanesi, l'occasione di una più ampia autonomia didattica non verrebbe lasciata cadere.


RingraziandoLa ancora vivamente per la Sua presenza tra noi, cedo la parola ora al collega De Maio. Grazie.




PROF. ADRIANO DE MAIO
RETTORE DEL "POLITECNICO"


Signor Presidente,


a me tocca soltanto ringraziarLa di nuovo, ripetendo quanto ha detto il Rettore Mantegazza e il mio intervento non vuole essere rituale e formale come si usa fare.


Due parole soltanto. Il motivo per cui io intervengo come secondo, dopo il Rettore Mantegazza, è legato al fatto che il Politecnico di Milano, non so se Lei lo sappia Presidente, è la più vecchia Università milanese. Prima del Politecnico a Milano non c'erano università, quindi nacque nel 1863 in una forma molto anomala, perché è l'unica università tecnica europea che nacque su esigenze e su volontà precisa della comunità.


Noi abbiamo i soci fondatori e i soci fondatori sono: il Comune di Milano, la Provincia di Milano, la Camera di Commercio, le associazioni imprenditoriali - perché imprese allora ce n'erano ben poche - non c'era la Regione, c'era però la Cariplo. C'era la Cariplo, che è stato uno dei soci fondatori e una cosa particolarissima per Milano, la "Società di incoraggiamento Arti e Mestieri", di cui Cattaneo fu un grande maestro. Ecco allora questo è il motivo, ed è il motivo anche della nostra particolarità, perché col collegamento, e il collegamento con la comunità, col territorio è stato sempre uno degli elementi importanti.


Noi abbiamo ritenuto, e riteniamo tuttora, di essere uno dei fattori fondamentali di quello che, nel gergo attuale, si chiama competitività territoriale. E su questo ritornerò rapidamente dopo.


Soltanto due numeri: noi godiamo di una situazione di monopolio per cui, mentre ci sono delle sovrapposizioni noi per questo, andiamo molto d'accordo con tutti i colleghi, perché Ingegneria e Architettura siamo soltanto noi, almeno finora.


Attualmente abbiamo allo stato attuale 42.000 studenti e siamo in assoluto la più grande, grossa università italiana, per quanto concerne sia Ingegneria, sia Architettura. Tanto per darvi una indicazione: il 27 per cento di tutti gli architetti - sono dati del 1998 - si sono laureati al Politecnico di Milano e il 20,2 per cento di tutti gli ingegneri italiani. Uno su cinque ingegneri esce dal Politecnico di Milano.


Tengo a sottolineare anche la nascita, sette anni fa, del corso di laurea in Disegno Industriale, che è stato fino all'anno scorso l'unico in Italia e che ovviamente mette in evidenza la vocazione di tutto il territorio, non soltanto milanese ma lombardo, nell'ambito della problematica di disegno industriale. Uno dei pochi settori in cui noi siamo riconosciuti ad avere una specie di primato.


Il Politecnico - è inutile stare a fare la storia - è stato uno dei principali artefici della nascita e della crescita dell'imprenditoria milanese e lombarda. Per citare alcuni nomi: Pirelli, ma la Edison, la prima centrale termoelettrica europea, è stata una progettazione del Politecnico di Milano.


Più recentemente abbiamo avuto l'ultimo Premio Nobel nell'ambito scientifico italiano, che è il Prof. Natta, inventore della plastica, e quindi da qui "Moplen". Nonostante questo, non so perché, ma come per altre università milanesi, da parecchi anni lo Stato ci trascura, anzi ci penalizza.


Noi siamo costantemente sotto-finanziati. Il Ministero del Tesoro, che Lei dirigeva fino a poco tempo fa, nel modello approvato e valutato dall'osservatorio per la rivalutazione del sistema universitario. ha fatto i conti di quello che è l'equilibrio, i valori di equilibrio.


Bene, io mi sono dilettato a fare un conticino rapido - proprio volgarmente, senza neppure nessuna possibilità, non di rivalutazione, e negli ultimi cinque anni - noi abbiamo un "credito" (tra virgolette) verso lo Stato, di 326 miliardi. Cioè siamo stati sotto-dotati rispetto allo stesso modello del Ministero del Tesoro di 326 miliardi. E nonostante gli sforzi fatti per il riequilibrio continuiamo a essere sotto-dotati.


Nonostante questo, ci siamo dati molto da fare. Recentemente abbiamo raddoppiato le nostre strutture dal punto di vista dei metri quadri, abbiamo il grande progetto di sviluppo "Bovisa", che una volta ancora ha dimostrato come lavoriamo insieme con la comunità, con questo accordo di programma che è stato firmato oltre che dal Ministero dell'Università, dal Comune di Milano, dalla Regione Lombardia e dall'AM.


E questo dimostra che tutte le nostre iniziative sono strettamente collegate alla comunità locale.


Il progetto "Bovisa" ha un significato per la città di Milano, perché il quartiere Bovisa è un quartiere degradato che adesso si sta riprendendo. Vuol dire riprendere in mano tutta una vecchia parte di Milano, tradizionalmente manifatturiera - e nel "Bovisa" fra l'altro stiamo rilanciando tutta una serie di laboratori sperimentali - che abbiamo dovuto abbandonare negli ultimi tempi. In particolare due: il laboratorio Cresce, in cui stiamo organizzando una serie di accordi con le università straniere. Giusto venerdì scorso per l'Università di Clenfield, con possibilità di utilizzo di questo laboratorio e una galleria del vento fantastica.


Dal punto di vista europeo siamo ben messi, siamo riconosciuti effettivamente di un livello eccellente, partecipiamo al Time.


Il Rettore del Politecnico, quindi non io, ma il Rettore del Politecnico è vicePresidente di questa associazione che raggruppa le 33 migliori università tecniche europee. La Presidenza è della "Ecole Centrale Parisienne". Questo è il Politecnico in breve.


Soltanto due considerazioni - se me lo permette, ma mi vergogno di farle davanti a Lei, Signor Presidente, che è sempre molto attento a questi avvenimenti per tutta la Sua carriera e la Sua storia - ma mi sento in dovere di farlo ancorché in forma molto rozza.


A mio avviso, ma non soltanto a mio avviso, il rilancio del Paese passa attraverso l'innovazione, che a sua volta dipende dal trasferimento tecnologico e dall'alta formazione. E le università - e mi permetto di dire le università tecniche in particolare - giocano su questo un ruolo estremamente importante.


Il rischio di perdere completamente la partita nei confronti dell'Europa. La delocalizzazione in atto da Milano e dalla Lombardia, è cominciata dall'industria pesante, dalle manifatturiere pesanti, si sta espandendo velocemente alle manifatturiere leggere, ma anche alle alte tecnologie, ai centri di ricerca e sviluppo, agli headquarters dei grandi gruppi. E lo spostamento non avviene verso altre regioni italiane, avviene verso altre Nazioni.


Io ritengo che la concorrenza e l'analisi del riequilibrio non debba essere fatta all'interno delle regioni perché chi decide di localizzarsi in Italia non lo fa guardando una Regione rispetto a un'altra, ma è recente il caso.


Se non viene qui a Milano va in Olanda, non va in altre regioni italiane. E noi non abbiamo nessuna arma per convincerlo a venire qui, una grande multinazionale nel campo dell'informatica, col suo centro di sviluppo che occuperebbe attorno nei prossimi tre quattro anni seicento ingegneri, abbiamo già detto, che vanno in Olanda, perché lì hanno le facilitazioni fiscali e lì hanno tutta una serie di interventi che facilitano l'insediamento.


Noi non sappiamo come rispondere, siamo nudi. Ma la cosa peggiore è che di questi seicento, che comunque impiegheranno, una buona parte comunque anche se vanno in Olanda, sono nostri ingegneri, Presidente.


Allora noi ci depauperiamo non soltanto di iniziative produttive, ma ci depauperiamo di intelligenze, che è la ricchezza del futuro. E io di questo come Rettore al Politecnico sono molto preoccupato.


A mio avviso bisognerebbe pensare a qualche intervento effettivamente ad hoc sulla innovazione e sulla innovazione tecnologica. Ragionando che cosa è possibile fare, partendo dalla formazione e partendo su tutti quelli che possono essere gli strumenti e che facilitino e che sviluppino l'innovazione e il trasferimento tecnologico e la nuova imprenditoria.


Io, purtroppo o per fortuna, partecipo costantemente a moltissimi incontri a livello internazionale. Siamo una specie di gruppetto di tutti i Rettori delle università tecniche europee. E questo è un tema su cui io sono molto attento, perché lo verifico, non dico ogni giorno, ma ogni mese.


Ecco stiamo purtroppo perdendo colpi giorno per giorno. La concorrenza che è in atto per portarci via tutte le migliori intelligenze è molto forte. In questo momento noi, come collettività europea, abbiamo proprio presentato anche stamattina un progetto: è di costituire un punto di concorrenza rispetto agli Stati Uniti. Perché noi abbiamo, come tutta l'Europa, stiamo investendo noi sulla formazione di ottimo livello e le migliori intelligenze ci vengono portate via dagli Stati Uniti. Lo stesso fenomeno avviene in Italia rispetto al resto d'Europa. E quindi volevo soltanto sottolineare questo elemento.


L'ultimissimo appunto è che stiamo lavorando per una ipotesi che ancora è una formula, colgo l'occasione per potergliela accennare. E' una ipotesi un poco stravagante, che è questa, un po' un ritorno alle origini.


Io ritengo che pubblico non sia sinonimo di statale. Noi vogliamo rimanere fortemente università pubblica, sulla collettività, ma non è detto che questo pubblico non possa vedere lo Stato come uno dei partecipanti, insieme ad esempio alle amministrazioni locali, insieme alle fondazioni bancarie, insieme alla comunità.


Ecco allora l'ipotesi di poter avere una università pubblica in cui lo Stato sia uno dei soci. E' quello che ci affascina in questo momento moltissimo. Finora la risposta che ci è stata data dalle pubbliche amministrazioni locali, la Cariplo, da altri enti e dal grand commis dello Stato - cui abbiamo chiesto alcuni pareri - è molto positiva. Nel senso che ci possono essere delle nuove speranze di rendere operativa.


Io mi auguro che Lei Signor Presidente voglia avere la bontà e la voglia di dedicarci un po' di tempo, nel caso in cui, come speriamo, possa avere un pochettino più di concretizzazione. E con la speranza di poterLa rivedere e poterLe fare girare le nostre sedi, La ringrazio ancora.


PROF. FRANCESCO ALBERONI
RETTORE DELL'ISTITUTO UNIVERSITARIO DI LINGUA MODERNA


E' nata trent'anni fa, in fondo era solo una facoltà di Lingue, poi un gruppetto di noi ha pensato di costruirvi dentro una cosa più specializzata, che serve alle imprese moderne dell'area milanese.


Abbiamo cominciato col sviluppare, col fenomeno che si chiamava di relazioni pubbliche: in realtà è consumi e pubblicità, di relazioni pubbliche in senso stretto, moda e design con cui abbiamo dei progetti in collaborazione col Politecnico.


Poi abbiamo fatto un corso di laurea in Scienza della Comunicazione, e anche qui pensiamo di collaborare strettamente con le altre università. E l'ultimo è un corso di laurea in Scienze Turistiche, che è il primo in Italia, dove c'è un sacco di cose da fare. E siamo solo agli inizi.


E adesso qui faccio un'anteprima che l'ha già fatta. Con l'amico De Maio, stiamo per preparare un altro corso di laurea che noi chiamiamo "Lingue per l'Impresa", anche se sarà interpretariato in traduzione. Mettendo insieme le competenze dell'università e le competenze della nostra Scuola Interpreti, che ha una sede da cinquant'anni, per poter fornire un tipo di competenza linguistica particolarmente adatta. Dico all'impresa, per dire anche a tutte le amministrazioni moderne. Perché la facoltà di lingua tradizionale insegna bene la letteratura ma non i linguaggi speciali, non tutto ciò che serve a quella che è la vera domanda a livello nazionale e internazionale.


Quindi noi ci siamo costruiti questa nicchia, che sta nel campo dei consumi, dei servizi, della comunicazione, delle lingue e facciamo questo lavoro per la comunità lombarda, e un pochino direi anche per quella italiana, perché abbiamo anche molti studenti al di fuori


Ci siamo specializzati. Siamo una università libera, come la Cattolica, come la Bocconi, abbiamo sui 7-8 mila studenti - al massimo arriveremo a 10 mila, non vorrei farla crescere troppo - e con questa forte specializzazione e integrazione con le altre.


Quale è il nostro problema?


Noi ci autofinanziamo da soli, in pratica, con le tasse. E se si amministra bene, si possono fare molte cose, visto che noi abbiamo un campo in cui non dobbiamo fare investimenti tecnologici di altissimo livello. Però, ad esempio, nel caso delle lingue noi faremo un edificio apposito, costruito appositamente, con delle aule apposite. Questo costerà 10-15 miliardi. Adesso ci finanziamo così.


Ecco però dal nostro punto di vista - credo che però sia una esigenza un po' presente in tutti, ne accennava anche il Rettore Mantegazza - il problema delle università lombarde, milanesi è quello dell'autonomia.


Noi con l'autonomia cresciamo, con l'autonomia al limite ci mettiamo in concorrenza l'una con l'altra, ci stimoliamo a fare meglio e gli studenti e le famiglie ci seguono. Ci seguono tutti. Mentre invece tutto ciò che ritarda l'autonomia, io ho l'impressione che ritardi ce ne siano, ci danneggia.


Noi siamo abituati a una scuola, che è un po' una super mega-impresa statale, che adesso, per fortuna, si sta articolando. Però l'autonomia è ancora molto scarsa. E' ancora molto scarsa, Presidente, per quanto le esigenze di una società dinamica, come quella di oggi, in concorrenza a livello europeo, con cui noi dobbiamo confrontarci con le università straniere, non soltanto l'università di Benevento o di Camerino.


Questo lo possiamo fare se siamo liberi di scegliere i professori, se siamo liberi di fare le scelte razionali, pagando se sbagliamo. Pagando se sbagliamo! E' questa l'unica cosa cui io mi permetto di insistere. Grazie.



PROF. SERGIO ZANINELLI
RETTORE DELL'UNIVERSITA' CATTOLICA DEL SACRO CUORE
 


La ringrazio anch'io di questa occasione di parlare dell'università e dell'Università Cattolica.


Credo che si possa dire che lamentiamo un certo isolamento, una certa difficoltà a colloquiare con l'ambiente, col territorio, con le istituzioni. Quindi questa è una occasione da non perdere.


L'Università Cattolica è nata nel 1921 a Milano. In realtà non è una università milanese, non è solo una università milanese, è una università nazionale, perché è presente oltre che a Milano, a Brescia, a Piacenza, a Cremona e a Roma. Ed è presente complessivamente con 12 facoltà, 45 scuole di specializzazione, 45 diplomi, e un numero rilevante di altri titoli e dottorati soprattutto. Con la sua offerta formativa arriva oggi a circa 40 mila studenti di cui 30 mila sono nell'area milanese, quindi in questa sede.


Non insisto adesso sui altri aspetti della nostra struttura, della nostra realtà. L'elemento, o meglio la caratteristica, che vorrei far presente, è che proprio per questa connotazione nazionale ci è connaturale una dimensione e una propensione verso la cultura europea, verso la formazione nell'Europa e per l'Europa. D'altra parte come Università Cattolica noi godiamo anche di una rete di rapporti con le altre università cattoliche.


Nell'ambito poi di queste, abbiamo sempre avuto una posizione di guida per ragioni anche culturali e per ragioni di prestigio che l'Università si è conquistata da quando Padre Gemelli la fondò nel 1921.


Premesso questo, mi vorrei limitare ad alcune cose essenziali che riguardano soprattutto gli obiettivi che sono dentro a questa vocazione nazionale ed europea.


Il primo è quello di mirare alla formazione di classe dirigente, classe dirigente a livello europeo, quindi formare personale politico e tecnico amministrativo, che si è adeguato alle esigenze di situazioni anche radicalmente nuove.


Ecco l'altra scelta che, anche questa, è dentro nella nostra storia: è quella di restare fedeli al rapporto fra ricerca e formazione. Ovverosia di ritenere che l'attività formativa debba sempre fare riferimento a una intensa ricerca e quindi ad investimenti che debbono essere fatti in questa direzione.


Questo ci ha portato - e adesso dirò anche in che termini - a cercare continuamente rapporti molto stretti con il territorio. Questo vuol dire che, oltre alla presenza nelle sedi che ho indicato, l'Università Cattolica da circa quarant'anni - e adesso di nuovo in questa nuova fase - vuole avere un tipo di presenza sul territorio mediante i centri di cultura.


Cioè noi ci siamo posti il problema, perché siamo di fronte a una domanda che ci viene da altre parti della penisola, di aprire nuove facoltà, nuovi corsi di laurea.


Noi non seguiremo questa strada. Preferiamo l'altra strada, che è quella di agire attraverso delle strutture, centri di cultura in cui portare i nostri risultati della ricerca, i risultati dell'attività formativa nella prospettiva. Li chiamiamo centri per lo sviluppo perché partiamo dal presupposto che compito dell'università, e di una università come la nostra è quella - se consentite l'espressione - di fecondare l'ambiente. Di indurre, in qualche modo localmente, chi ha risorse di varia natura a farle crescere, perché queste liberamente possono poi contribuire alla crescita generale.


Tra l'altro c'è anche una ragione per non seguire la strada della moltiplicazione dei corsi e delle facoltà, ed è quella di potersi appoggiare su delle strutture agili e flessibili, che non siano quelle che invece nell'ordinamento troverebbero tutta una serie di vincoli, che evidentemente rendono la vita - come diceva il collega Alberoni - rendono il nostro lavoro, lo appesantiscono e ci inibiscono in molte direzioni che riteniamo importanti.


Ecco, poi c'è una seconda nostra ipotesi di lavoro, che è quella, che è sempre legata a questa presenza sul territorio, ma riguarda in modo specifico la città di Milano.


Noi abbiamo una sede storica, quella della nascita dell'Università, che è collocata in un punto molto importante della città di Milano, da un punto di vista storico, Piazza Sant'Ambrogio, dalla Pusterla.


Noi stiamo lavorando per fare di questa zona un centro che abbia nell'università la struttura portante, ma sia un grande centro culturale, un centro cioè di formazione, di ricerca ma anche di diffusione della cultura.


Un dato, credo, esprime bene questa volontà: l'Università Cattolica possiede una delle migliori biblioteche di Milano, cresciuta negli anni '20-'30 e poi successivamente sviluppata soprattutto in alcuni ambiti.


Un desiderio nostro sarebbe di poter creare questo Centro e mettere la biblioteca a disposizione della città di Milano, con un servizio che l'Università fa al territorio di quella specifica zona, ma con possibilità di estendere, come dire, ad altre realtà o ad altre utenze - per usare l'espressione - che non siano strettamente quelle dei nostri studenti.


Quindi agire sul territorio. Agire sul territorio attraverso i centri di cultura. Fare a Milano in quest'area, in questa zona, fare quello che potrebbe diventare il modello di un tipo di presenza nelle città, delle università che non sia solo come dire il modello della formazione, formazione legata alla ricerca, formazione legata a un servizio da estendere il più possibile, per contribuire a quello che è sempre stata un po' la nostra prospettiva, a quello che Gemelli chiamava "l'incivilimento". Contribuire a fare innalzare il livello di civiltà e di cultura del proprio paese. Grazie.



PROF. ROBERTO RUOZI
RAPPRESENTANTE DELL'UNIVERSITA' COMMERCIALE "LUIGI BOCCONI"



Signor Presidente,


anche a nome del rettore Ruozzi, che in questo momento spero in volo di ritorno verso Milano. Grazie per poterLe illustrare qualche prospettiva da parte del nostro ateneo.


Lei, Presidente, conosce molto bene l'Università Bocconi e quindi immagino solo sia necessario qualche aggiornamento sulle ultime linee di sviluppo.


Noi abbiamo avuto una linea di sviluppo molto importante recentemente che è quella di tipo immobiliare. Finalmente dopo un lungo tragitto burocratico siamo riusciti a raggruppare ciò che era stato disperso negli ultimi anni nell'area sud di Milano e - come dicevo prima chiacchierando - la risorsa più scarsa e più pregiata, in questo momento, per noi era diventato lo spazio. Uno spazio che non ci consentiva di dare la giusta qualità di servizi a 15 mila studenti che quindi richiedono una qualità di servizi importante.


Quindi questo siamo riusciti ad avviarlo e speriamo, nel giro di pochi anni, di avere quello che normalmente si chiama un "campus" e per di più un "campus" fortunato perché è nel centro di Milano.


Un aggiornamento invece anche sui contenuti. Noi abbiamo, da questo anno accademico, avviato due nuovi corsi di laurea che si allargano un po' all'orizzonte della linea tradizionale della "Bocconi" in Economia.


Un primo corso di laurea è un corso di laurea in Economia per le Arti, la Cultura e la Comunicazione, che vuole soddisfare il fabbisogno di professionalità economica e organizzativa manageriale, in settori così importanti per lo sviluppo del nostro Paese.


Il secondo corso di laurea, per noi nuovo, ovviamente non è un corso di laurea innovativo per le altre università, è quello di Giurisprudenza Economica, per poter preparare figure professionali in materia di diritto di affari, di diritto societario o di diritto industriale.


Questi nuovi corsi di laurea non sono per noi delle semplici aggiunte, nel senso che facendo anche un po' operazioni chirurgiche, abbiamo soppresso alcuni vecchi corsi di laurea, secondo la concezione che come i prodotti all'interno di una azienda, alcune cose sono magari un po' obsolete e ogni tanto devono essere modificati.


Quindi bisogna avere il coraggio di lanciarne un po' di nuovi e di chiuderne un po' di vecchi.


Abbiamo lanciato questi nuovi corsi di laurea con un numero di posti limitato, proprio per un senso di responsabilità nei confronti delle persone che inizieranno questo percorso e non devono trovarsi poi grandi disillusioni nel momento in cui interfacciano nel mercato del lavoro.


La risposta da parte del mercato è molto buona, perché insieme agli altri corsi di laurea tradizionali, in un momento di calo demografico, come quello che ha in questo momento il sistema universitario, abbiamo avuto un progresso del 18 per cento delle pre-iscrizioni. Quindi questo è un dato molto confortante.


Perciò che riguarda il futuro, collegandomi a quello che dicevano prima i Rettori, io credo che la nostra speranza per il futuro sia innanzitutto di avere un'accelerazione del processo di riforma degli ordinamenti. Quello che diceva prima il Rettore Mantegazza.


In questo momento questa riforma che non si muove, sta sicuramente bloccando lo sviluppo delle università più dinamiche e sta creando una atmosfera di incertezza e di ambiguità molto nociva per il disegno strategico degli atenei.


Un'altra nostra speranza è che i nostri punti di forza bocconiani, sia didattici sia di ricerca, si possono mettere in un prossimo futuro in coalizione con i punti di forza delle altre università milanesi, che a volte sono con noi in atteggiamento di sana concorrenza, però di sana e quindi fattiva collaborazione su altri aspetti. Costituendo, attraverso delle alleanze, un pezzo concreto di innovazione nel sistema universitario milanese.


Credo, come diceva il Rettore Alberoni, che la competitività, che deve avere ormai il sistema territoriale di Milano, è una competitività non con altre città italiane, ma sicuramente con città europee.


Quindi mettersi insieme in un binomio di cooperazione-competizione, credo che sia molto utile per dare a Milano un nuovo progresso. Grazie.


Presidente DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI


In primo luogo, per ringraziarvi di questo incontro. Ho voluto, in questa mia visita a Milano, non far mancare, anzi considerare di particolare importanza, questo incontro con chi rappresenta, attraverso le vostre istituzioni, la speranza maggiore per il futuro del Paese.


E' bello arrivando stamattina alla "Bocconi", ora qui vedere tanti giovani che applaudivano. Abbiamo il dovere di non deludere le loro speranze.


Quindi, incontro non di cortesia, ma incontro di attenzione vera al tema della formazione, al suo livello più avanzato come è quello dell'Università, e al tempo stesso il desiderio di conoscere da voi i problemi di maggiore rilievo.


Dalla vostra esposizione, di cui vi ringrazio, ho tratto alcune prime considerazioni.


In primo luogo che esiste nella vostra realtà universitaria un nesso stretto, qui penso molto maggiore che in altre Regioni d'Italia, fra l'università e il territorio. E' un nesso stretto, che in alcuni luoghi ha caratterizzato proprio la nascita dell'istituzione, e un nesso stretto proprio anche negli sviluppi che esso ha avuto, e che ci auguriamo esso abbia in futuro.


Quando sento dire appunto che il "Politecnico" è nata avendo fra i soci fondatori la "Società di Arti e Mestieri", è un fatto ben caratteristico.


E questa caratteristica mi pare che rimanga; il progetto che ha visto mettere insieme il mondo dell'industria, delle istituzioni e l'università, il progetto "Bicocca", è un fatto importante, che interessa il territorio. Ugualmente significativo è il progetto "Bovisa". Altra considerazione: quando sento parlare del progetto di far sì che la zona dove attualmente è il centro della "Cattolica", la zona di Sant'Ambrogio, diventi un vero centro culturale al servizio dell'intera collettività milanese - e direi più in generale lombarda - per svolgere un'azione di incivilimento, ciò significa che il nesso col territorio sta continuando e sta ulteriormente affermandosi. Questo è di grande importanza.


Un altro aspetto che vorrei subito ricordare con voi è quello di cui ho fatto cenno anche stamattina, quello dei problemi di più stretti rapporti fra il mondo della produzione e l'università.


Ne parlai anche ieri sera, mentre mi trovavo a cena con un gruppo di esponenti dell'economia milanese e lombarda. Essi aspirano a un maggiore collegamento fra mondo della produzione - sia di beni, sia di servizi e mondo dell'università. Milano sempre più sta diventando un centro di servizi, come è logico nello sviluppo che l'intero Paese sta attraversando.


E' purtroppo un fatto che in Italia siamo molto indietro. Insisto in ogni occasione sull'importanza di immettere i frutti dell'innovazione nei processi produttivi, il che significa immetterli sia nel capitale umano, formazione, sia negli strumenti, nei mezzi di produzione, cioè appunto le macchine, le fabbriche.


Questo è, secondo me, il punto nel quale si deve avanzare e migliorare. Ci deve essere questa congiunzione, questo connubio tra ricerca, cioè università e centri di ricerca, e mondo della produzione.


Su questo bisogna che l'una e l'altra parte prendano iniziative, facciano proposte, proposte concrete.


Qui voi già avete, e voi lo dimostrate, una realtà in cui questa congiunzione già esiste, direi in alcuni casi, come sottolineava il Prof. Alberoni, è implicita, è innata nella stessa nascita di quell'università.


E' nata appunto per cercare di favorire concretamente, pragmaticamente l'uso migliore del linguaggio ai fini della comunicazione, soprattutto della comunicazione produttiva.


E' così quando sento dalla "Bocconi" di voler istituire un corso di laurea di economia per le Arti delle Comunicazioni. Ricordo, a questo proposito, quanto siamo indietro nel campo dell'utilizzo, non voglio dire sfruttamento, di questo nostro patrimonio artistico ai fini della comunicazione legata al turismo.


Abbiamo il patrimonio di arte e non riusciamo a utilizzarlo anche ai fini non solo della divulgazione delle arti stesse, cioè per far cultura, ma anche ai fini di carattere economico, pratico. Qui c'è un lavoro enorme da fare.


A volte, mi domando se proprio manca qualcuno che rompa il ghiaccio, che cominci con proposte, sollecitando la controparte, e tutti si stia in attesa di qualcosa che si muova, per poi magari inserircisi in essa.


Se posso fare un invito alla Milano operosa, alla Milano piena di iniziative, è questo: rompete il ghiaccio, qui a Milano. Vi trovate continuamente in contatto con il mondo della produzione, sono vostri amici, vostri conoscenti. Cercate di mettere insieme iniziative. Queste iniziative non possono venire dall'alto, dal governo centrale; il governo centrale potrà assecondarle.


Mi avete ricordato la vostra preoccupazione sulla innovazione legislativa alla quale voi tanto tenete per poter predisporre meglio i vostri programmi didattici, per accrescere la vostra autonomia. Penso che l'autonomia la conquistate anche divenendo propositivi nei campi che strettamente vi attengono.


Vorrei chiudere con un'altra considerazione, della quale non vorrei che il presupposto fosse errato. Ma mi pare che ormai per motivi demografici avete di fronte a voi un periodo nel quale non assisterete a un aumento della dimensione. Che è stato forse il problema che più vi ha angustiato, vi ha occupato in questi ultimi decenni, quali università crescevano di anno in anno. Siete stati capaci di far fronte ai problemi di una dimensione crescente di iscritti. Ho sentito che la Statale ha saputo risolverli in maniera forse migliore che altrove, con la capacità affiliare altre università.


Vi trovate nel futuro non più di fronte a questo problema. Avete di fronte a voi avete un periodo tranquillo sotto quell'aspetto. Deve diventare un periodo nel quale potervi meglio curare della qualità e per qualità intendo la capacità di accrescere e migliorare non solamente questa vostra struttura organizzativa, ma la dimensione degli obiettivi.


Abbiamo tutti una grande responsabilità verso i giovani. Grazie.



PROF. MANTEGAZZA


E' la prima volta che ci accade nella nostra storia che un Presidente, venendo a Milano voglia sentire tutti i Rettori e li convochi per uno scambio di idee.


Quindi Le siamo veramente molto, molto grati. Ci è capitato in passato, Le posso dire, fra parentesi, che il Presidente, il Suo predecessore, due volte sorvolasse Milano, e poi ci dicesse "non posso atterrare" ed è ritornato a casa, ma questo per noi è un grande segno. Le siamo gratissimi.



Presidente DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI


Il problema dei cervelli che vanno via è importante. Fate delle proposte.


Mi ero già preoccupato del problema nel settore al quale sono più vicino, quello dell'economia allorché non avendo impegni specifici avevo la responsabilità di una fondazione, l'Ente Einaudi di Roma. Mi preoccupavo di trasformare quella fondazione da datrice più o meno generosa di borse di studio, in un centro di formazione post-universitaria.


Ci sono decine e centinaia di giovani laureati nelle nostre università, che sono andati all'estero per prendere titoli post-universitari e che sono rimasti là. Noi così regaliamo agli altri paesi ancora più ricchi di noi, mi riferisco in particolare agli Stati Uniti e all'Inghilterra, una enorme ricchezza che ci è costata anche in termini economici.


Cerchiamo di fare delle iniziative per richiamare quelle forze in Italia, creiamo occasioni nelle quali sia possibile prospettare loro la possibilità di rientrare facendoli prendere contatti con il mondo dell'impresa, con il mondo della ricerca. Quello che fate in America, quello che fate in Inghilterra potete farlo anche nel vostro Paese: questo è quanto dobbiamo dimostrare loro.


Ma questo implica uno sforzo che deve essere, penso, non solo meglio organizzato ma anche perseguito con tenacia, con determinazione, proprio giorno per giorno cercando di prendere iniziative concrete.


Vi sono grato di questo incontro e penso che avrò occasione di tornare a Milano, a Dio piacendo, e quindi di ripetere questo incontro che anche per me, credetemi, è stato veramente di grande soddisfazione. Ho visto, sentito, questa vostra passione nel fare quello che vi compete nelle cariche importanti che ricoprite. Di nuovo, grazie.


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