"...la Corte Costituzionale suscita, in taluni ambienti politici e di pubblica opinione meno orientati, riserve e incomprensioni...il timore del "nuovo" fa dimenticare a molti come sia necessario e benefico per un interesse comune l'ordinato progresso verso le più elevate forme di orientamento giuridico e sociale e cioè verso lo stato di diritto..."
(Il Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi al Presidente della Corte Costituzionale Enrico De Nicola, Roma 22 settembre 1956)
A proposito del volume "1953. Entra la Corte", edito da italiadecide (Roma 2023)
Incontro di studio nei settant'anni della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla Costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale)
"...Io non mi nascondo che la Corte Costituzionale suscita, in taluni ambienti politici e di pubblica opinione meno orientati, riserve e incomprensioni. E' questa la comune sorte di tutti quegli organi che, nel periodo di evoluzione strutturale di una società, e dunque del diritto che ne è l'espressione, debbono contrastare con l'esempio, la fermezza e l'equilibrio il timore del "nuovo", che fa dimenticare a molti come sia necessario e benefico per un interesse comune l'ordinato progresso verso le più elevate forme di orientamento giuridico e sociale e cioè verso lo stato di diritto, per la cui piena instaurazione tu, io e pochi altri combattiamo da lungo tempo. Proprio per le difficoltà che ancora si frappongono al raggiungimento di questo altissimo fine e per il modo con il quale tu hai saputo superare le più ardue fin dagli inizi del funzionamento della Corte, guadagnando a questa il rispetto di tutto il paese, e dimostrando insieme profonda saggezza giuridica e meditata prudenza politica, io credo fermamente che la tua persona sia oggi insostituibile, come giudice e come Presidente; e pertanto non posso accogliere le tue dimissioni, ma ti prego affettuosamente di rimanere ancora, vorrei dire, al mio fianco, per proseguire nella via che insieme abbiamo intrapreso. ...".
(Dalla lettera del Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi che respinse le dimissioni del Presidente della Corte Costituzionale Enrico De Nicola, Roma 22 settembre 1956)
"...Ma è importantissimo tenere conto del carattere della nostra funzione, che è funzione moderatrice e nel tempo stesso propulsiva delle attività, legislativa e amministrativa, dello Stato e delle Regioni. Finalità di questa funzione non è tanto di repressione, come potrebbe credersi, quanto piuttosto di collaborazione con tutti i poteri dello Stato: collaborazione col potere legislativo, collaborazione col potere esecutivo e collaborazione col potere giudiziario...Il carattere delle funzioni e le finalità delle medesime possono valere a determinare quale sia l'esatta posizione della Corte. Poichè si tratta di un organo nuovissimo, il suo preciso collocamento nel quadro dell'ordinamento può dare luogo a perplessità. Non è, certo, agevole rendersi subito conto delle novità...Oggi si ritiene che il Capo dello Stato non fa più parte di alcuno dei tre poteri: Le leggi sono perfette senza la sanzione del Capo dello Stato: questo non è più il capo del potere esecutivo e le sentenze sono pronunciate in nome del popolo e non più in nome del Capo dello Stato. Eppure il Capo dello Stato ha la propria funzione che potrebbe dirsi di coordinamento politico. E' sempre una collaborazione con i vari poteri dello Stato, la quale però non opera più nell'interno stesso di ciascuno dei poteri, ma viene dall'esterno di essi. In condizioni analoghe si trova la Corte costituzionale. Siccome noi esercitiamo le nostre funzioni in forma giurisdizionale, potrebbe apparire che siamo un alto organo giurisdizionale. Non è vero. Non facciamo parte del quadro dell'organizzazione giudiziaria dello Stato, il quale quadro rimane come era...Noi non facciamo parte di questo potere. Basta riflettere che le nostre sentenze possono eliminare del tutto le leggi, e questa è una funzione che mai è appartenuta a qualsiasi organo giudiziale; anzi è funzione che contrasta nettamente con quella giudiziaria e si avvicina piuttosto a quella legislativa. Da ciò qualcuno è stato indotto ad affermare che la funzione della Corte costituzionale è vera e propria funzione legislativa.
Anche questa configurazione è inesatta. E' vero che la Corte può eliminare una legge se la ritiene incostituzionale, ma non può modificarla. Ha una funzione per cosi dire soltanto negativa, non quella positiva di fare le leggi. Le sua perciò non è funzione legislativa.
Ciò dimostra che la nostra è una funzione costituzionale autonoma, la quale si appalesa più chiaramente, quando, piuttosto che i giudizi sulla incostituzionalità delle leggi, consideriamo i giudizi su conflitti di attribuzione. Vi sono innanzi tutto i conflitti tra Stato e Regioni, materia questa delicatissima perché i compiti della Corte sono molteplici. Prima di ogni altro vi è quello di assicurare l'unità dello Stato e impedire che l'ordinamento regionale si trasformi in una specie di ordinamento federale. Scivolare dall'uno all'altro sarebbe capovolgere i precetti della Costituzione che proclama "La Repubblica una e indivisibile"... Vi sono ancora altre funzioni della Corte, quelle specialmente dei giudizi su conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato. Sono questi rapporti nei quali profili politici di solito si intrecciano con quelli giuridici e le decisioni della Corte non potrebbero non tener conto degli uni e degli altri, sebbene, naturalmente, sia la parte giuridica che deve costituire la base dei giudizi della Corte, nella sua funzione caratteristicamente costituzionale di ristabilire una posizione di equilibrio tra i poteri in conflitto.
Questo complesso di attività della Corte dimostra che essa è un organo costituzionale che non fa parte di nessuno dei tre poteri, ma collabora con ciascuno di essi con finalità di coordinamento giuridico sotto una forma o l'altra, secondo i vari casi finora menzionati.
(Dalla "Relazione di chiusura della sessione primaverile" del Presidente della Corte costituzionale Gaetano Azzariti, sabato 6 luglio 1957)
Il seminario di studio organizzato dall'Archivio storico della Presidenza della Repubblica, nel prendere lo spunto dal volume edito da italiadecide dedicato alla "decisione pubblica di "fare entrare la Corte" ed alle conseguenze che da quella decisione sono derivate", intende ripercorrere idealmente il lungo itinerario che "dalla lunghissima e appassionata discussione sulla Corte, svoltasi prima in Assemblea costituente e poi, di seguito, al Senato ed alla Camera nel corso dell'elaborazione della legge 87 del 1953...condusse all'approvazione della legge n. 87, raggiunta dopo cinque anni dalla presentazione del disegno di legge, avvenuta nel 1948, e quattro di appassionato dibattito parlamentare...", ma vuole anche ridelineare "le difficoltà che ne segnarono il percorso successivo. La prima udienza, presieduta da Enrico De Nicola, si tenne solo il 15 aprile del 1956, ma sarebbero stati una legge ordinaria, appunto la legge n. 87 del 1953, nonché i Regolamenti che la Corte costituzionale avrebbe adottato appena insediata per disciplinare i procedimenti, a consentirle, finalmente, di funzionare e di imprimere il segno del proprio operare sull'ordinamento legislativo e sul sistema istituzionale, sulla coscienza popolare e sul sentimento costituzionale della Nazione...".
(Dalla "Introduzione" al volume di Anna Finocchiaro).
Si chiede di confermare la presenza entro il 22 maggio 2023 inviando i propri dati (nome, cognome, luogo e data di nascita) all'indirizzo [email protected]
La manifestazione sarà anche trasmessa in diretta streaming tramite il canale YouTube dell'Archivio storico della Presidenza della Repubblica