Visita del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi nella provincia di Rovigo. Dichiarazione alla stampa al termine della visita alla tomba di Giacomo Matteotti
DOMANDA:
Presidente, Lei ha definito Matteotti un martire della libertà?
PRESIDENTE CIAMPI:
Credo che non ci sia altro da aggiungere. Certamente quell'aggressione del 10 giugno del 1924 sul Lungotevere e poi l'assassinio di Matteotti, e il suo corpo fu ritrovato solamente nell'agosto successivo, e quello che accadde politicamente, l'assunzione della responsabilità politica dal capo del governo di allora, proprio segnano la fase conclusiva della transizione dall'Italia liberale all'Italia della dittatura. E Matteotti per la libertà aveva sempre combattuto nelle piazze, nel Parlamento, con coraggio. Non dimentichiamo mai quelle che sono le due grandi scritte in vetta al Vittoriano: "Alla libertà dei cittadini, all'unità della Patria".
DOMANDA:
Prima Don Minzioni 80 anni fa assassinato dagli squadristi, poi Matteotti, dunque il regime fascista nasce subito sotto questo segno della violenza. Non c'è il rischio di sottovalutare oggi col revisionismo?
PRESIDENTE CIAMPI:
Non voglio parlare di revisionismo, dico solamente che purtroppo gli assassinii- lei ne ha citati due, quello di Don Minzioni, quello di Matteotti, poi posso citare quasi nello stesso anniversario dell'assassinio di Matteotti, il 9 giugno del 1937, con l'assassinio in Francia dei fratelli Rosselli - degli avversari politici furono diversi e segnano le varie tappe della dittatura e poi del disastro finale, che si concluse appunto con i terribili anni della guerra e la difficile e dura lotta di Liberazione attraverso la Resistenza. E tutto quanto il nostro Paese ha passato e subito di distruzioni, materiali e morali, che tutti abbiamo presenti e che la mia generazione, in particolare, ha vissuto e che desidera che sia ben presente ai giovani. Perché questo è l'insegnamento che bisogna trarre in positivo per il futuro, per sempre.
DOMANDA:
Quindi il giudizio storico sul fascismo non cambia e non può cambiare?
PRESIDENTE CIAMPI:
Non sta a me fare lo storico. Mi pare che il nostro popolo il giudizio lo ha dato e lo ha vissuto.
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Presidente, Lei ha definito Matteotti un martire della libertà?
PRESIDENTE CIAMPI:
Credo che non ci sia altro da aggiungere. Certamente quell'aggressione del 10 giugno del 1924 sul Lungotevere e poi l'assassinio di Matteotti, e il suo corpo fu ritrovato solamente nell'agosto successivo, e quello che accadde politicamente, l'assunzione della responsabilità politica dal capo del governo di allora, proprio segnano la fase conclusiva della transizione dall'Italia liberale all'Italia della dittatura. E Matteotti per la libertà aveva sempre combattuto nelle piazze, nel Parlamento, con coraggio. Non dimentichiamo mai quelle che sono le due grandi scritte in vetta al Vittoriano: "Alla libertà dei cittadini, all'unità della Patria".
DOMANDA:
Prima Don Minzioni 80 anni fa assassinato dagli squadristi, poi Matteotti, dunque il regime fascista nasce subito sotto questo segno della violenza. Non c'è il rischio di sottovalutare oggi col revisionismo?
PRESIDENTE CIAMPI:
Non voglio parlare di revisionismo, dico solamente che purtroppo gli assassinii- lei ne ha citati due, quello di Don Minzioni, quello di Matteotti, poi posso citare quasi nello stesso anniversario dell'assassinio di Matteotti, il 9 giugno del 1937, con l'assassinio in Francia dei fratelli Rosselli - degli avversari politici furono diversi e segnano le varie tappe della dittatura e poi del disastro finale, che si concluse appunto con i terribili anni della guerra e la difficile e dura lotta di Liberazione attraverso la Resistenza. E tutto quanto il nostro Paese ha passato e subito di distruzioni, materiali e morali, che tutti abbiamo presenti e che la mia generazione, in particolare, ha vissuto e che desidera che sia ben presente ai giovani. Perché questo è l'insegnamento che bisogna trarre in positivo per il futuro, per sempre.
DOMANDA:
Quindi il giudizio storico sul fascismo non cambia e non può cambiare?
PRESIDENTE CIAMPI:
Non sta a me fare lo storico. Mi pare che il nostro popolo il giudizio lo ha dato e lo ha vissuto.