Il Portale storico della Presidenza della Repubblica

Pubblicato il 2 giugno 2018, il Portale storico della Presidenza della Repubblica rende progressivamente disponibile il patrimonio conservato dall'Archivio storico.
Archivi, documenti, fotografie, dati, percorsi tematici e risorse digitali trasmettono la memoria dei Capi dello Stato dell'Italia repubblicana; testimoniano in modo straordinariamente capillare le attività, gli interventi e i discorsi dei Presidenti della Repubblica nello svolgimento delle funzioni che la Costituzione assegna loro; testimoniano le attività dell'Amministrazione e dei suoi protagonisti, che operano a supporto della figura presidenziale; rappresentano il Paese che ne costituisce lo sfondo; raccontano le vicende del Palazzo del Quirinale, ieri palazzo dei papi e dei re, oggi sede della massima carica dello Stato repubblicano.

I numeri del Portale: 70.780 eventi, tra udienze, impegni pubblici e privati dei Presidenti; 1.729 visite in Italia e 570 viaggi all'estero; 16.269 pagine di diario digitalizzate; 440.016 immagini; 25.111 immagini che documentano la storia d'Italia dalla Monarchia alla Repubblica; 10.445 audiovisivi; 16.918 complessi archivistici; 6.865 discorsi e interventi; 5.325 atti firmati; 55.759 Provvedimenti di grazia; 542 comunicati della Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 1945 al 1950;11.835 comunicati delle presidenze Ciampi e Napolitano; 168.952 comunicati di cui 28.360 indicizzati dalle presidenze Gronchi a Scalfaro; oltre 500 volumi in Materiali e pubblicazioni per un totale di 50.000 pagine in formato digitale; 75 soggetti produttori e 516 strutture organizzative; 131 biografie di consiglieri e consulenti; 1.665.718 triple caricate sull'Endpoint (aggiornamento del 28 giugno 2024)

 

lunedì
29 settembre 2003

Intervento del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi alla XXXII Conferenza Generale dell'Unesco

Ho accolto con grande piacere l'invito rivoltomi dal Direttore generale Matsuura ad inaugurare la XXXII Conferenza Generale dell'UNESCO, insieme al Presidente della Repubblica delle Filippine, Signora Gloria Macapagal-Arroyo, alla quale mi è gradito rivolgere un cordiale saluto.
La nascita di questa istituzione appartiene a un'epoca che ci appare oggi molto lontana. Eppure il compito che le fu allora affidato mantiene intatto tutto il suo valore. Dall'adempimento di quel compito dipende ancora il futuro stesso dell'umanità.


Quando, il 16 novembre 1945, venne approvata a Londra la Convenzione dell'UNESCO, le conseguenze drammatiche della guerra più distruttiva della storia dominavano nell'animo di tutti gli uomini. Il 26 giugno di quello stesso anno, a poche settimane dalla fine dell'orrendo conflitto, era stata firmata a San Francisco la Carta delle Nazioni Unite, il cui primo obiettivo era di "salvare le future generazioni dal flagello della guerra".
Bastarono pochi mesi perché i governi che avevano dato vita alle Nazioni Unite fondassero l'UNESCO: essa ha costituito una tappa rilevante nella creazione del sistema d'istituzioni ed agenzie che consentono alle Nazioni Unite di esercitare il proprio ruolo, di realizzare appieno le proprie potenzialità.
Ricordo le parole pronunciate dal Primo Ministro inglese Clement Attlee nell'inaugurare la Conferenza che diede vita all'UNESCO: "Quanto più i popoli del mondo si renderanno conto di quanto essi hanno in comune, e di come e perché sono tra loro diversi, tanto più rifuggiranno dal prendere le armi, gli uni contro gli altri".
L'educazione dei popoli è la premessa necessaria della pace.
Possiamo dire, a distanza di più di mezzo secolo, che il compito così ben definito nel preambolo dell'UNESCO di "costruire le difese della pace" nello spirito dei popoli sia stato realizzato?
Temo che a questo interrogativo si debba in coscienza rispondere che l'opera è ancora incompiuta.
All'UNESCO, i governi affidarono il compito immane di assicurare, "la diffusione della cultura e l'educazione dell'umanità ai fini della giustizia, della libertà e della pace": esso richiede, per la sua realizzazione, l'impegno di generazioni.
Oggi, come cinquant'anni fa, questo compito può apparire ancora utopistico.
E, tuttavia, esso è più che mai indispensabile.


Gli ideali a cui s'ispirarono gli Statisti di allora vengono da molto lontano.
La centralità della persona, la salvaguardia della dignità umana, l'aspirazione alla libertà ed alla giustizia hanno, nella civiltà dell'Occidente, radici antiche.
Altre grandi civiltà, seguendo percorsi storici diversi, hanno a loro volta operato per promuovere gli ideali di pace che sono alla base delle aspirazioni umane e per affermare il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo.
Vi è dunque una convergenza dello spirito umano, in tutti i tempi e fin nelle più remote latitudini, su valori universali: in essi noi tutti, rappresentanti di tutti i popoli del mondo, possiamo riconoscerci, sentirli nostri.


Nel mondo di oggi, in cui l'uomo dispone di armi di distruzione di massa di potenza inaudita, mai esistite prima nella storia, il destino di ogni popolo è legato a quello di tutti gli altri.
La diffusione di una cultura universalista, di una pedagogia della pace, ci appare, più che mai, come la via che dobbiamo necessariamente percorrere per la salvezza di tutte le nazioni della Terra.


L'esistenza di una Organizzazione internazionale che persegue la diffusione nel mondo dei valori centrati sull'uomo, da sempre necessari per l'esistenza di una società civile, è fonte di ispirazione e di fiducia per il mio popolo, come per tutti i popoli.
Decenni di paziente lavoro di questa Organizzazione hanno dimostrato che l'obiettivo che era stato ad essa proposto era frutto di lungimiranza.
Grazie anche all'UNESCO, la società moderna vede nella cultura e nell'arte gli strumenti della sua sopravvivenza e del suo progresso.


Difendendo e salvaguardando le testimonianze di tante civiltà che si sono troppo a lungo ignorate o contrapposte, l'UNESCO propone l'azione che richiama tutti gli uomini a lottare contro l'intolleranza, questo frutto perverso dell'incomprensione tra i popoli.
Ogni nuova minaccia ha finito con l'accrescere le aspettative degli Stati membri nei confronti dell'UNESCO, e, di riflesso, le responsabilità e i compiti dell'Organizzazione
E' comprensibile che vi siano state incertezze e sbandamenti; andavano corretti e lo sono stati.
L'importante è che l'UNESCO si ritrovi adesso più unita e risoluta nel perseguimento degli obiettivi ad essa demandati.


Oggi, sono lieto di salutare il ritorno in seno all'Organizzazione degli Stati Uniti d'America, portatori di una grande e diversificata cultura democratica che ha ispirato molti altri popoli.
Me ne rallegro per gli Stati Uniti e per l'UNESCO.


L'educazione, chiave della libertà degli individui, lo è anche dello sviluppo e del progresso sociale e civile degli Stati.


Insieme alla lotta contro la fame, l'impegno per l'educazione è fondamentale sul fronte della cooperazione Nord-Sud. Il volontariato, l'associazionismo scolastico e l'attenzione ai problemi dell'infanzia sono un patrimonio essenziale dell'UNESCO. Essa ha l'obbligo di arricchirlo.


Il mantenimento ed il miglioramento degli equilibri ecologici del pianeta, la difesa dei grandi patrimoni naturali, il rafforzamento delle capacità scientifiche e tecnologiche, le riflessioni sull'etica delle scienze e sulla bio-etica, le trasformazioni sociali e le migrazioni internazionali devono restare al centro dell'attenzione dell'UNESCO.
Va sostenuto l'impegno dell'Organizzazione per una scienza finalizzata anche al miglioramento delle condizioni di vita dei paesi emergenti: esso si è già espresso negli strumenti internazionali adottati (la Dichiarazione sul genoma) e in quelli in via di adozione (la Dichiarazione sui dati genetici), nonché nel contributo di ricerca per la lotta alle emergenze sanitarie planetarie.


La cultura, come coscienza e rispetto del patrimonio spirituale proprio ed altrui, è baluardo contro le frammentazioni e le contrapposizioni nei rapporti fra gli Stati. La cultura è il nesso fra le esigenze di libertà degli individui, la comunicazione fra i popoli, la cooperazione fra gli Stati.


Sempre più spesso ci si presenta un'alternativa: dialogo e mutuo rispetto da un lato, intolleranza dall' altro.
Quando prevale la seconda, s'imbocca una strada che genera conflitti, distrugge risorse sociali ed economiche.


La visione di una comunità internazionale retta da regole comuni ed estesa a tutti i popoli della terra ha costituito per secoli una speranza.
Ha cominciato a diventare realtà nella seconda metà del XX secolo.
La Carta delle Nazioni Unite rivendica la dignità e il valore della persona, il rispetto per i diritti dell'uomo e per le libertà fondamentali.
Un sistema multilaterale, basato su principi e su regole condivisi, è garanzia per tutti.
Per costruirlo dobbiamo ricercare un'alleanza innovativa fra il Nord e il Sud del mondo, basata su alcuni pilastri fondamentali: la lotta alla povertà; la diffusione dell'istruzione, della formazione, della scienza; la pacifica convivenza di confessioni religiose e di culture diverse; l'abolizione di ogni forma di discriminazione.


Non più tardi di tre anni fa, nella Dichiarazione del Millennio, la comunità internazionale, nel ribadire solennemente i principi indispensabili al progresso dell'umanità, ha sentito l'obbligo di denunciare come essi siano lacunosamente attuati soprattutto nel campo dell'educazione.


Li ricordo: la libertà e l'uguaglianza; la solidarietà e la tolleranza; la condivisione di responsabilità; il rispetto delle diversità; la consapevolezza di un comune patrimonio culturale e naturale.


Quegli obiettivi rimangono straordinariamente attuali. Raggiungerli è una responsabilità a cui non possiamo venir meno.
Solo imponendoci pragmatici progetti operativi possiamo confidare di spegnere i conflitti che drammaticamente insanguinano tante aree del mondo, distruggono risorse preziose.


Le decisioni che i governi, individualmente o multilateralmente, sono chiamati a prendere, nel perseguimento di traguardi riconosciuti come irrinunciabili, non possono oggi prescindere dal contesto globale. La globalizzazione è penetrata nelle nostre vite. Essa accelera la circolazione delle idee e dei fattori di produzione. Suscita però anche dei legittimi interrogativi. Ad essi occorre dare risposta con responsabilità e conoscenza.


L'UNESCO lo ha ben compreso. La tutela del patrimonio culturale materiale e immateriale dell'umanità, la salvaguardia e la trasmissione alle future generazioni di saperi, arti, mestieri, tradizioni, lingue locali é un modo per governare la globalizzazione.


La difesa del diritto alla diversità si aggiunge alle sfide del XXI secolo; è un imperativo morale e politico. La "Dichiarazione Universale sulla diversità culturale" dell'UNESCO codifica i principi, enuncia gli obiettivi, indica gli strumenti per attuarla.


L'Italia auspica l'approvazione di uno strumento normativo sulla diversità culturale, che rifletta l'esigenza di ogni Paese di tutelare la propria identità storica e l'unicità del proprio patrimonio culturale, fisico e immateriale. Un sistema giuridico internazionale potrà rafforzare il dialogo interculturale e lo sviluppo sostenibile.


Uno straordinario esempio di diversità che si armonizzano e si riconoscono in una sintesi superiore è l'Unione Europea. Essa ha rimosso per sempre la logica dei rapporti di forza dai principi regolatori della propria vita; è passata da un sistema d'alleanze ad una vera e propria comunità di destini; ha superato la logica degli equilibri di potenza e dei conflitti; ha creduto nel ruolo preminente dei principi, dei valori e delle regole. Ha riconosciuto, nella molteplicità delle sue radici e tradizioni, il fondamento della comune identità europea. Ed ha creato le istituzioni per tradurre in atto i propri ideali.


La Costituzione europea, in corso di avanzata maturazione, consentirà all'Unione, come soggetto di pieno diritto, di far sentire la propria voce, di far valere la propria cultura e la propria civiltà nella ricerca delle soluzioni ai gravi problemi del nostro tempo.




Signor Presidente,


lo spirito, l'impegno e l'azione dell'UNESCO richiamano tutti i nostri Paesi alle loro responsabilità nel perseguire congiuntamente obiettivi ambiziosi, nella diffusione dell'educazione, della scienza, della cultura come veicoli di comunicazione fra i popoli.


Dobbiamo trarre una lezione definitiva dalle tragedie del XX secolo, aver fiducia nella capacità dell'uomo di vincere le più difficili sfide, essere convinti che il sistema delle Nazioni Unite costituisce tuttora lo strumento più valido per rendere il mondo migliore, più sicuro.


Esiste ovunque una grande maggioranza che vuole pace, benessere, serenità e che si riconosce in valori comuni.


Con tutte le nostre forze dobbiamo agire e contrastare i profeti del disfattismo e della violenza che vorrebbero sostituire nuovi conflitti fra civiltà agli antichi scontri fra potenze.


L'educazione e la cultura sono le risorse a voi affidate per rimuovere la minaccia degli scontri, del terrorismo, delle sopraffazioni.
Vi sono le condizioni perché il XXI secolo segni un nuovo avanzamento per l'umanità.
Oggi guardiamo con spirito sereno gli uni agli altri; valorizzando il ruolo di ognuno promuoviamo la dignità della persona ovunque.
L'educazione, la cultura poste con forza al centro dell'operare di tutti noi ci aiuteranno a sconfiggere l'oscurantismo dell'intolleranza, a vigilare contro le aberrazioni che insidiano tutte le culture: riscopriremo così che dietro le molteplici diversità esiste nell'umanità una matrice comune, generatrice di reciproco rispetto e di dialogo.


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