Il Portale storico della Presidenza della Repubblica

Pubblicato il 2 giugno 2018, il Portale storico della Presidenza della Repubblica rende progressivamente disponibile il patrimonio conservato dall'Archivio storico.
Archivi, documenti, fotografie, dati, percorsi tematici e risorse digitali trasmettono la memoria dei Capi dello Stato dell'Italia repubblicana; testimoniano in modo straordinariamente capillare le attività, gli interventi e i discorsi dei Presidenti della Repubblica nello svolgimento delle funzioni che la Costituzione assegna loro; testimoniano le attività dell'Amministrazione e dei suoi protagonisti, che operano a supporto della figura presidenziale; rappresentano il Paese che ne costituisce lo sfondo; raccontano le vicende del Palazzo del Quirinale, ieri palazzo dei papi e dei re, oggi sede della massima carica dello Stato repubblicano.

I numeri del Portale: 70.780 eventi, tra udienze, impegni pubblici e privati dei Presidenti; 1.729 visite in Italia e 570 viaggi all'estero; 16.269 pagine di diario digitalizzate; 440.016 immagini; 25.111 immagini che documentano la storia d'Italia dalla Monarchia alla Repubblica; 10.445 audiovisivi; 16.918 complessi archivistici; 6.865 discorsi e interventi; 5.325 atti firmati; 55.759 Provvedimenti di grazia; 542 comunicati della Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 1945 al 1950;11.835 comunicati delle presidenze Ciampi e Napolitano; 168.952 comunicati di cui 28.360 indicizzati dalle presidenze Gronchi a Scalfaro; oltre 500 volumi in Materiali e pubblicazioni per un totale di 50.000 pagine in formato digitale; 75 soggetti produttori e 516 strutture organizzative; 131 biografie di consiglieri e consulenti; 1.665.718 triple caricate sull'Endpoint (aggiornamento del 26 aprile 2024)

 

martedì
26 marzo 2002

Intervento del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, in visita nella Regione Molise, in occasione dell'incontro istituzionale con le autorità

Signor Presidente della Giunta Regionale,
Signor Presidente dell'Amministrazione Provinciale,
Signor Sindaco di Isernia,
Signori Parlamentari,
Autorità civili, religiose, militari,
Cari Sindaci della Provincia di Isernia,


il mio ringraziamento va a coloro che hanno preso la parola, e che mi hanno rivolto espressioni di grande cortesia affrontando peraltro anche i temi più importanti di questa Provincia. Il mio grazie va ancor più alla cittadinanza, che ha voluto accogliermi con uno spontaneo slancio di affetto. Credo che Isernia rimarrà nella mia memoria come una piccola città, ma che ha un grande cuore.
Queste giornate molisane, globalmente - ieri Campobasso, oggi qui ad Isernia - sono per me di grande conforto.
Potete ben capire che ho lasciato Roma avendo l'animo colmo di dolore, di tristezza per l'atroce fatto terroristico di Bologna, per l'assassinio di Marco Biagi, un uomo buono, saggio, che aveva in mente solo il miglioramento delle relazioni sociali, che voleva dialogare con tutti.
Ho ritrovato qui, nel Molise, nel contatto con una realtà così ricca di antichi valori umani, ragioni importanti di fiducia nella nostra amata Patria: l'Italia è unita contro il terrorismo che è nemico di tutti.
Mi avete aiutato a sentire più fortemente questa convinzione, in me fermissima sin da quando negli anni '70 la violenza del terrorismo si propose, illudendosi, di sconvolgere la nostra società. Fu sconfitto dalla risposta forte e unitaria data da tutte le istituzioni, da tutte le rappresentanze politiche e sociali. Quella fermezza è tuttora presente e viva nel popolo italiano.
Lo riaffermo con particolare convinzione qui, in questa terra, nell'antico Sannio, erede delle più nobili virtù italiche.


Poco fa, scendendo da Campobasso ad Isernia, non ho potuto non riflettere sul grande potenziale turistico di questa Regione e di questa Provincia e città che si vanta di essere stata, come capitale della Lega Italica contro Roma, la prima capitale d'Italia; realtà, non mero vanto, come è confermato dal fatto che, anche dopo essere stata soggiogata dalla potenza di Roma, essa mantenne per qualche tempo (e la notizia che non conoscevo, mi ha particolarmente colpito), il diritto di continuare a batter moneta.


Ora, dopo un paio di millenni, l'intera Italia ha rinunciato a questo diritto. Più vasti orizzonti europei si sono aperti alla nostra Patria, e abbiamo fatto una scelta coraggiosa e di largo respiro. Mettendo in comune con le altre maggiori nazioni europee quell'elemento tradizionale di sovranità che consiste nel batter moneta, abbiamo acquistato, tutti insieme, una più forte e sicura sovranità; una moneta unica, governata da un sistema federale di banca centrale, nell'interesse di tutti i Paesi che compongono l'Unione Europea. Ma soprattutto abbiamo assicurato in modo definitivo, con questa unione dell'Europa nella moneta, l'irreversibile decisione di vive uniti in pace in Europa.
E' la grande conquista che noi abbiamo raggiunto, a cominciare dalla fine della seconda guerra mondiale, da quei lontani 1943, 1944, 1945, che fu il momento finale di una tragedia che ci sconvolse, ma che è una tragedia che ha affondato le sue origini in decenni, in secoli di lotte che avevano consumato e distrutto l'Europa, mettendo le nazioni europee l'una contro l'altra.
Questo è il grande passo in avanti, vorrei dire quasi il grande miracolo che abbiamo realizzato. E credete che soprattutto alle persone della mia generazione sembrava all'inizio un traguardo impossibile, quello di arrivare a questa nuova realtà dell'unità dei popoli europei, delle nazioni europee, degli Stati europei che fra di loro non hanno più confini, non hanno altro che il desiderio di mettere in comune, ricorrendo a strumenti istituzionali vari, che in parte è la messa in comune della sovranità e parte sono gli accordi intergovernativi. Ma non è soltanto un'alleanza di Stati, è un'unione di Stati e di popoli, che assicura in maniera irreversibile la pace in Europa, in quella Europa che per secoli è stata la fonte di guerre, che poi si estendevano all'intero mondo. E' un tema che ci riguarda tutti in prima persona.


Ma torniamo ad Isernia: la radice indoeuropea del vostro nome, mi è stato detto, sta nella parola "ausa", cioè "acqua", e richiama la vocazione agricola del vostro territorio, che non può certo essere abbandonata, pur affrontando un periodo difficile, ma deve essere vissuta in un modo nuovo, in un modo moderno, che metta a profitto tutti gli avanzamenti che la scienza e la ricerca applicata mettono al servizio dell'uomo.
Tutte le nostre regioni montane soffrono degli stessi problemi (anche se ciò non può certo essere di conforto): abbandono delle colture, spopolamento dei villaggi. Ciò può anche condurre a disastri naturali, certo a un deterioramento dell'ambiente. E bisogna evitarli, dobbiamo combattere queste distruzioni e i modi oggi ci sono. Proprio a Campobasso, nella sede universitaria, ne abbiamo parlato a lungo - con i Rettori, con tutto il Senato accademico e tutte le autorità - sui sistemi per fronteggiare queste emergenze e far sì che quelli che sembrano punti di debolezza tornino ad essere punti di forza, con metodi nuovi, applicando gli avanzamenti e le tecnologie che la ricerca ci pone a disposizione, cercando di trovare anche nel contatto con la nostra gioventù, che non mi stancherò di ripetere, è straordinaria. E i momenti più belli vissuti ieri a Campobasso sono stati quelli dell'incontro con i giovani, che mi ha senza dubbio gratificato. E sono convinto che anche quello di oggi con gli studenti di Isernia sarà egualmente una fra le più belle esperienze di questo mio viaggio.


E allora per queste ragioni dobbiamo mettere a profitto e far rivivere la campagna, dedicandosi all'agricoltura di collina e di bassa montagna, con questo spirito nuovo e con la consapevolezza - ne abbiamo già gli esempi nella stessa Italia - che vi sono regioni che si stanno spopolando e di altre che invece oggi sono tornate ad essere centri di interesse fortissimo e centri di spinta economica e sociale nel progresso della intera area.


L'agricoltura di montagna ha bisogno, per sopravvivere e fiorire, dell'introduzione di nuove colture di più alta qualità, e di nuovi metodi di lavoro; e ciò richiede che alle iniziative dei singoli si sommino quelle dei centri di ricerca e insegnamento, delle associazioni di categoria, e delle autorità locali, regionali e statali. E tutti debbono imparare a lavorare assieme, per raggiungere gli stessi fini. E poi i risultati occorre saperli, come suol dirsi, commercializzare. Oggi disponiamo degli strumenti per comunicare e far conoscere i prodotti di queste terre, ad esempio quelli vinicoli, all'Italia intera, come per gli altri prodotti di qualità che fioriscono qui in questa Regione.


D'altra parte la conservazione del territorio, che è uno dei frutti di questo lavoro comune, è a sua volta la premessa per lo sviluppo delle attività turistiche, che in questa Provincia vantano già presenze significative. Infatti ormai non si parla più ma si sviluppano in tante aree d'Italia il fenomeno dell'agriturismo, si constata come tanti poderi che una volta erano spopolati e abbandonati, ma che oggi sono ricercati da persone che desiderano tornare a vivere una parte dell'anno, una vita diversa da quella delle grandi città. E sopraggiungono sia dalla stessa Italia che dall'Europa e dagli altri paesi del mondo.


Voi vi trovate nel cuore della penisola, in un territorio ricco di bellezze naturali e di importanti testimonianze architettoniche e archeologiche della vostra lunga storia. Anche questo è un fatto magnifico, quello dell'archeologia. Conto oggi di andare a visitare l'importantissimo sito archeologico di Castel San Vincenzo e di Rocchetta a Volturno. Sono tutte realtà che danno non soltanto forza ai cittadini che vivono in questo territorio, ma che una volta rese note a tutti suscitano interesse alla intera popolazione, incrementando l'afflusso di visitatori e sviluppando quelle attività di scambi culturali e turistici che costituiscono un ulteriore e fondamentale elemento per la economia di una società moderna.
E', questo, un territorio certo poco popoloso, che si trova però vicino ai centri urbani fra i più grandi del nostro Paese e dalle regioni densamente popolate. Oggi voi dovete fare il possibile per cercare di fermare il fenomeno dello spopolamento, creando per i giovani occasioni di loro attività in loco, che vi sono, e non dovete aspettare che vi giungano dall'esterno della Regione; non vi deve essere più la grande impresa, proveniente dal Nord dell'Italia o da altri continenti, per impiantare in questa Regione stabilimenti industriali.
La forza dell'Italia - e lo abbiamo sperimentato in tante altre aree del nostro Paese - si è creata, perché è stata capace di produrre iniziative, piccole iniziative, che sembrano niente prese singolarmente, ma che si moltiplicano. Pensate che oggi noi stiamo portando di fatto in alcuni Stati dell'Europa orientale, come l'Ungheria e la Romania, migliaia di imprese italiane, che creano nuovi stabilimenti, consolidando ormai una presenza di migliaia di medie e piccole imprese italiane, che pur mantenendo nel nostro Paese la loro base principale, creano attività in quelle zone, perché trovano convenienza sia per i costi più bassi, anche se ci si trova di fronte a manodopera meno buona. Di questo le aziende sono consapevoli, ma al tempo stesso queste imprese devono offrirsi a nuovi mercati nei quali collocare i propri prodotti, al fine di potere ampliarsi.
Ecco la realtà che caratterizza l'Italia, che viviamo ovunque, anche nel Mezzogiorno. Non a caso abbiamo avuto successo con i patti territoriali, con i contratti d'area e con le stesse iniziative rivolte all'imprenditoria giovanile. Tutte queste attività devono produrre iniziative locali.
La sorgente di queste iniziative siete voi, non dovete aspettare che vi giungano aiuti dall'esterno. Dovete inoltre avere la capacità di cooperare insieme, di attuare quella che definisco "alleanza delle autonomie locali"; la collaborazione e cooperazione tra università, regioni, province, comuni. Perché essi non sono centri distinti, l'università non è più composta solo da poche persone, che operano nei vari campi della scienza o dell'umanesimo, ma è radicata concretamente nella vita della società, si combina con la realtà di tutti i giorni.


E ripeto: voi avete la fortuna di disporre di una gioventù straordinaria che desidera trovare possibilità di attività in loco, in queste stesse terre.


Indubbiamente sussistono problemi che riguardano le infrastrutture, difficoltà di ieri e di oggi, collegati alla ridotta distanza fra i vari comuni della zona che richiedono la creazione di idonee infrastrutture, e andando alle cose concrete, alla realizzazione del collegamento trasversale che unisca l'Adriatico e il Tirreno; si deve insistere per portarla ad attuazione. Mi è stato detto che già un primo lotto di opere sta per essere appaltato e che si stia quindi cominciando a dar il via alla costruzione dei circa 150 chilometri di rete stradale che costituiranno l'autostrada che unirà l'Adriatico al Tirreno.


E quindi sono giuste queste vostre preoccupazioni sotto questi aspetti; dovete insistere e operare perché non è soltanto un problema che riguarda questa trasversale, ma vi sono tanti altri problemi di comunicazione. Teniamo, comunque, presente che oggi vi è una realtà dell'informatica, che può permettere anche la creazione di tante iniziative, anche nei piccoli paesi, magari utilizzando i villaggi spopolati dove impostare attività, sia pure minori, ma che si collegano facilmente fra loro, in queste nuove realtà, facenti parte di un mondo che certamente la mia generazione, nella gioventù, non riusciva neanche a immaginare, ma che oggi viviamo concretamente e della quale dobbiamo sapere approfittare e beneficiare.


Certo ulteriori infrastrutture sono necessarie specialmente nelle zone che sono meno sviluppate, ma sono altrettanto indispensabili anche in quelle zone che sono più sviluppate. E girando per l'Italia si rimane impressionati. L'altro giorno, ero in visita alla città di Padova, e percorrendo il tratto stradale che collega l'aeroporto di Venezia-Tessera alla città di Padova, notavo l'impressionante numero di autocarri e di Tir che si incrociavano. Veniva da domandarsi come sia accaduto tutto questo, quando fino trent'anni fa si viveva una realtà ben diversa?


Dobbiamo pertanto cercare di spingere a utilizzare maggiormente la rete ferroviaria o la via del mare - come da tempo sottolineo - con lo sfruttamento delle cosiddette "autostrade del mare", che possono dare un forte sollievo a questa congestione del traffico delle merci, che debbono essere scambiate grazie anche ai moderni mezzi di comunicazione, che sono fondamentali. Noi in Italia dobbiamo cercare di non farci tagliare fuori da quella che è una doppia realtà di scambi che si sta delineando in Europa, dove le merci ormai si muovono da Ovest verso Est e sempre più si sposteranno da Nord verso Sud, investendo sempre più appieno il Mediterraneo, nel quale siamo praticamente immersi. I mercati dei prossimi trenta-cinquanta anni saranno sviluppati soprattutto in Africa. Dobbiamo aiutare a farli nascere e a farli crescere. Cerchiamo di ragionare con queste nuove prospettive che si affacciano all'attualità dei nostri tempi.


Voi state vivendo, con giustificata impazienza, la stagione dei progetti e delle speranze. La stessa nascita della Provincia di Isernia ha suscitato molte attese, non tutte soddisfatte. Vi chiedete se, e fino a che punto potete avere fiducia nelle istituzioni, locali, regionali, statali. E qui il discorso è rivolto alle amministrazioni locali.


Siamo in una fase anche in questo campo di mutamenti; c'è il decentramento verso l'Europa; c'è il decentramento verso le Regioni, i Comuni e le Province. E' una realtà nuova che si crea e che deve cercare di cogliere i vantaggi della vicinanza alla popolazione, con il vantaggio di intrecciare relazioni il più ampie possibili, a cominciare da quelle europee. Ma per realizzare tutto ciò abbiamo bisogno di amministrazioni che operino, di istituzioni che corrispondano alle finalità per le quali si sono costituite.


A qualunque livello vi troviate ad amministrare - voi siete stati eletti dal popolo a livello di Comune, di Provincia, di Regione, di Nazione, di Parlamento Europeo - le istituzioni debbono funzionare. Una volta che con il voto il cittadino si è espresso, è compito di coloro che sono stati eletti di dar luogo ad amministrazioni che concretamente operino.


Chi ha avuto la maggioranza - lo ripeto sempre - deve governare, deve sapere governare; deve dimostrare cosa sa fare. Però nella dialettica e nel rispetto con le forze di opposizione, questo a tutti i livelli. Ma bisogna dar luogo alla creazione poi di esecutivi stabili, di esecutivi che sappiano e che vogliono concretamente operare.


Raccomando questa concordia nelle istituzioni e nella dialettica interna delle istituzioni che è necessaria, che è la forza della democrazia, è l'essenza della democrazia, ma che non deve portare, da un lato, a delle situazioni praticamente di blocco. E questa è la capacità dell'uomo a livello politico - vorrei dire politico nel senso di chiunque ha accettato di essere eletto - che diventa un uomo politico, un uomo che deve quindi ragionare in questo modo.


La mia visita vuole essere anche un preciso segnale di attenzione al Molise, e un forte richiamo affinché la pubblica amministrazione, in tutte le sue complesse articolazioni, faccia sentire maggiormente la sua presenza in questa Provincia e in questa Regione. E dovete sfruttare ogni occasione per accrescere la vostra visibilità sul piano nazionale, mirando a far riconoscere quelli che sono i vostri importanti punti di forza: una natura incontaminata, che è oggi una rarità, con il compito di salvaguardarla e di utilizzarla. Avete una situazione invidiabile nel campo della sicurezza in tutto il Molise, e in particolare ad Isernia, confermata da indici di criminalità fra i più bassi d'Italia. La vostra è una popolazione che conserva intatti antichi valori di civiltà nei rapporti umani e che ha una grande voglia di lavoro e di progresso. E questo lo si avverte nell'animo dei giovani.


In questa fase può svolgere un ruolo determinante la nascita della sede dell'Università del Molise qui ad Isernia. Alla sua crescita, anche in nuovi campi della ricerca e dell'insegnamento, sono giustamente legate molte delle vostre speranze, molte delle aspettative dei vostri giovani, che, insisto, con ragione aspirano a trovare in questo stesso territorio opportunità di lavoro: la loro emigrazione impoverisce tutti e rattrista anche gli stessi giovani, perché l'Italia è la loro radice. Vi sono in essi segnali promettenti di una loro disponibilità ad abbracciare il lavoro autonomo, come una scelta nuova di vita. E ribadisco che vi sono oggi tante attività professionali che facilitano queste scelte; non è più necessario spartirsi con le grandi intraprese, ma si può dare vita anche a intraprese piccole, ma che sfruttino la fertilità dell'ingegno umano.


Ancora un elemento di forza importante è l'aver mantenuto saldi valori antichi, legati all'istituto base di ogni società, che è la famiglia. Non credo che sia la mia età - l'esser cresciuto in anni in cui erano molte le famiglie numerose, e la famiglia stessa era il principale punto di riferimento della vita di un uomo in ogni fase della vita, dall'infanzia, all'adolescenza, fino alla vecchiaia - a suggerirmi alcune considerazioni sul tema della famiglia.


Proprio stamani, sfogliando un importante giornale economico, leggevo i dati statistici sugli indici di natalità. Sono paurosi. Ormai non c'è una Provincia d'Italia che non dico superi, ma raggiunga il rapporto di 1,5, come tasso di natalità per una coppia; la maggior parte oscilla su un tasso di 1,1 o 1,2; cioè per ogni famiglia che si forma si riscontra la nascita di poco più di un figlio, solo in rari casi siamo in presenza di famiglie con due figli.


Oggi siamo più che mai consapevoli di quanto indebolisca una società la povertà delle nascite. E' un problema generale, ma sappiamo anche che l'Italia è uno dei Paesi che più soffrono, in misura maggiore agli altri paesi, per lo scompenso fra i decessi e le nascite. D'altro canto siamo fra i Paesi più longevi della terra, e questa è una dimostrazione delle buone condizioni sociali e sanitarie che prevalgono in Italia: in ciò siamo un Paese all'avanguardia del benessere, anche se talvolta sembra che non ce ne rendiamo conto. Ma siamo anche un Paese all'avanguardia nella scarsità delle nascite. Soltanto le ultime, recentissime statistiche dell'ISTAT danno notizia, dopo molti anni di saldi negativi, del fatto che il numero dei bambini nati nel 2001 ha superato, sia pur di poco, il numero dei decessi. E' soltanto un primo segnale, non sappiamo ancora se già si tratti di una vera e propria inversione di tendenza, che mi auguro che trovi seguito nei prossimi anni. Sarebbe un bene per tutti, perché una società che fa pochi figli, è una società che non ha fiducia nel futuro.


Se sapremo ridare ai giovani una maggior fiducia nel futuro, sono convinto che cresceranno anche le nascite. Gli economisti e i demografi non lasciano dubbi sul fatto che, così come stanno le cose, l'Italia andrebbe incontro, nell'arco di una generazione, a una grave diminuzione della popolazione, con effetti molto dannosi non solo per la crescita economica e per il benessere di tutti. L'Italia finirebbe per avere l'aspetto di una piramide rovesciata, con una vasta popolazione di anziani che graverebbe per il suo sostentamento su una base di una piccola popolazione di giovani. E' ora quindi che la nostra società dia prova di maggior previdenza, e di maggior attenzione a questo fenomeno. Si deve aiutare con misure adeguate la donna che lavora, ed è giusto che lavori, ad essere madre, tra l'altro potenziando la rete degli asili pubblici e privati, di quartiere o di fabbrica. E non vi nascondo che forse anche i giovani d'oggi dovrebbero anche imparare a saper condividere maggiormente con la compagna della loro vita alcuni dei compiti domestici, a cominciare dalla cura dei figli: non è un sacrificio, ma un arricchimento della propria personalità.


Volgo di nuovo lo sguardo al Molise, e ad Isernia. La vostra è una Provincia giovane tra le più giovani e piccole per popolazione del nostro Paese. Ma l'Italia oggi - diciamolo francamente - è un grande Paese, ma certo non ha risorse illimitate; nessun Paese le ha; ma ha i mezzi e la mentalità per affrontare problemi antichi, che sono stati a lungo giudicati insolubili, e che non lo sono più; come dimostrano i segnali di cambiamenti già in atto.


Tutto il cuore montano della penisola - ed è un cuore molto grande - da Nord a Sud, esprime oggi una volontà di rinnovamento di cui si debbono fare primi interpreti le autonomie locali, con i loro crescenti poteri. In questa fase di radicale ridistribuzione delle funzioni di governo, dal centro alla periferia - e quindi sta a voi poi trovare l'equilibrio fra Regione, Provincia, Comune, senza che nessuno cerchi di prevalere sull'altro - dovete riuscire a collaborare concretamente nella distribuzione delle competenze. C'è lavoro per tutti, non c'è dubbio, ma cercate di trovare l'armonia e la concordia nella stessa distribuzione dei compiti fra di voi; in parte certo dipende dalle decisioni che si prendono a Roma, ma in gran parte è anche responsabilità vostra, perché lo stesso esempio che può provenire da soluzioni armoniche, raggiunte a livello locale di Regione, poi costituisce elemento di riflessione e di considerazione anche nel Parlamento nazionale. Così vale anche per le università, le quali con la nuova legge dispongono dell'autonomia, la usino; la utilizzino anche per sperimentare, per trovare soluzioni nuove in ambito locale, comunicandole poi agli altri enti, facendole diventare quindi la fonte di soluzioni che si adattano all'intero Paese.


La separazione del Molise dalla Regione Abruzzo - che ha dato un maggiore senso di identità alle due province molisane, riscattandole da una possibile posizione o sensazione di marginalità - non deve tuttavia interrompere rapporti di collaborazione con le provincie confinanti, a cominciare da quelle abruzzesi e fra le Regioni, che so essere ancora intensi. Essi sono in qualche modo resi necessari dalla contiguità territoriale, dalla comunanza di molti problemi e dalla possibilità di promuovere iniziative utili agli uni come agli altri, dall'identico carattere, schietto e laborioso, delle popolazioni. Anche a livello comunale molti comuni si sono spopolati negli ultimi, pur comprendendo che si cerchi di mantenere l'identità di ogni comune, ma cercate soluzioni consorziali fra di voi per potere svolgere insieme servizi che possono essere svolti meglio insieme, più economicamente e con maggiore efficacia. Fate bene a mantenere l'identità di ogni realtà locale, in quanto non vedrei con favore la scomparsa di comuni, ma che unendosi insieme per gestire servizi, continuate a farlo in misura maggiore..


Questa seconda giornata della mia visita al Molise mi offrirà, negli incontri che ancora mi attendono - in particolare quello con gli studenti - ulteriori motivi di riflessione, che si aggiungeranno a quelli che mi sono stati suggeriti ieri dai numerosi incontri nel capoluogo regionale.


Ripeto - e chiudo sul tema dei giovani - senza dubbio fra gli incontri che più ieri mi hanno ispirato è stato quello con i giovani che è di fatto proseguito con la visita all'università, dove si è svolto l'incontro con il Senato accademico, ma con la significativa presenza di tanti giovani che affollavano le aule e che erano presenti nei nostri discorsi quando affrontavamo i problemi dell'università, principalmente riferiti alle realtà degli studenti.


Ieri, a Campobasso, ho apprezzato la chiarezza di propositi e direi anche la proprietà di linguaggio, la voglia di affrontare i problemi con determinazione, e anche la modernità dell'impostazione culturale dei giovani molisani, che sicuramente si confermerà con l'odierno incontro con la vostra gioventù studentesca.


Queste prese di contatto con coloro che avranno il compito di costruire l'Italia di domani - e di frequente ho modo di viverle queste esperienze al Quirinale, in quella che voglio sia considerata la "Casa degli Italiani", in occasione delle visite di scolaresche; ricordo ad esempio il bellissimo incontro con duecentocinquanta studenti italiani ma di nazionalità croata o slovena - sono sempre una fonte di ispirazione e di incoraggiamento. Ricordo a tal proposito che in questa Regione ho visto presenti queste comunità antiche di croati, di albanesi, e addirittura il Presidente della Provincia di Campobasso è di origine croata e si vanta giustamente di parlare ancora nella sua famiglia il croato, oltre l'italiano. E' un bellissimo esempio che si dà all'intero mondo. La mia generazione sta passando con fiducia il testimone nelle mani dei nostri figli, anzi, nel caso mio posso ben dirlo, dei nostri nipoti.


Con questo animo rivolgo a tutti voi ancora un ringraziamento per l'affettuosa accoglienza, e l'augurio di buon lavoro, per il bene di questa bellissima Regione e per il bene delle nuove generazioni. Grazie per quanto avete in animo di fare e grazie per quanto realizzerete. Siate sicuri che troverete sempre in me e nel Quirinale un punto di riferimento, convinto di questi principi, orgoglioso di essere italiano, che non ha altra aspirazione che di portare avanti un sentimento di unità, di concordia e al tempo stesso di fattività per il benessere del nostro popolo.




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