Conferimento della laurea honoris causa dell'Università di Lipsia
Signor Presidente della Repubblica Federale di Germania,
Signor Ministro Presidente della Sassonia,
Magnifico Rettore,
Signor Sindaco,
Signore e Signori,
le nobili parole con le quali gli illustri oratori che mi hanno preceduto hanno ricordato il mio impegno a favore del processo d'integrazione europea, mi inducono a manifestarvi da subito una mia convinzione profonda.
Se siamo veramente persuasi che l'Europa è tornata alla piena coscienza della propria civiltà, allora il XXI secolo potrà essere il secolo dell'Europa, delle sue libertà fondamentali, dell'equilibrio fra solidarietà sociale e progresso economico, del rispetto dei diritti e delle regole per tutti, della sua capacità di vivere e far affermare la pace, dopo secoli di guerre fratricide.
Sono ancor oggi grato all'Università di Lipsia per aver ospitato un giovane studente italiano che dal novembre 1940 al luglio del 1941 attinse alle fonti della scuola tedesca di filologia classica di cui Lipsia, insieme a Heidelberg e Königsberg, era la culla.
Erano tempi drammatici. Ricordo bene lo sgomento di un amico di studi tedesco che, nel dirmi "vinceremo ancora altre battaglie, ma perderemo la guerra", disvelava l'esistenza di un'altra Germania che s'opponeva alla tirannide. Ma già allora avevamo la consapevolezza intuitiva che il collegamento indelebile fra cultura tedesca e italiana e valori classici sarebbe sopravvissuto all'alleanza del nazismo e del fascismo.
Le nostre due culture sono tornate a svolgere un ruolo trainante in Europa, orgogliose della propria unicità, aperte al dialogo.
I territori orientali, vittime di spaventose devastazioni, nella stessa Lipsia e ancor più duramente a Dresda, hanno accelerato la caduta del comunismo, senza violenza, dando un contributo inestimabile all'unificazione della Germania.
Sono particolarmente lieto che questa "Laurea honoris causa" mi venga conferita proprio in Sassonia ed in questa città che, dopo aver inferto una spallata decisiva al crollo del totalitarismo attraverso imponenti, pacifiche proteste popolari, è diventata protagonista dinamica della nuova realtà tedesca.
Germania ed Italia traggono motivo d'orgoglio dall'avere condiviso, negli ultimi 50 anni, un forte impegno europeista. Possiamo consolidare una sintonia già intensa e di ampio respiro.
Rendo omaggio alla determinazione con cui i Governi tedeschi del dopoguerra hanno perseguito l'obiettivo della riunificazione della Germania, coniugandolo con un grande disegno europeo.
L'ancoraggio della Germania all'Occidente voluto da Adenauer, la politica a Oriente di Willy Brandt, la trasformazione per merito di Schmidt della riconciliazione franco-tedesca in un pilastro della costruzione europea, la capacità di Kohl di promuovere, al tempo stesso, la moneta unica e la riunificazione tedesca si ispirano a un'unica lungimirante visione e la definiscono.
La caduta del muro ha aperto una nuova pagina di storia in Germania e in Europa. Per scelta condivisa da tutto l'Occidente, l'unificazione tedesca ha dato nuovo slancio all'unità del nostro continente. Avere spalancato la porta orientale dell'Europa è anche un vostro grande merito.
Guardo con soddisfazione non solo alla collaborazione italo- tedesca, cui le centinaia di migliaia d'italiani operosi in Germania hanno dato un importante apporto, ma anche al ruolo del mio Paese nel processo d'unità europea. Coerenza e costante tenacia nel perseguimento dei grandi obiettivi europei ed atlantici, affermazione della cultura della stabilità nella politica economica, attuazione convinta degli impegni per la difesa comune e per la legalità internazionale hanno contrassegnato la presenza dell'Italia nei decisivi passaggi della vicenda europea.
Fummo tra i primi ad esprimere parole di sostegno ai nostri amici tedeschi: Giuseppe Saragat, recatosi ad Auschwitz quale Presidente della Repubblica italiana, osservò "questo l'hanno fatto i nazisti non il popolo tedesco". E come non ricordare le commosse parole del Presidente Pertini al campo di concentramento di Flossenburg sul coraggioso sforzo di tanti tedeschi nella resistenza al nazismo?
Abbiamo superato insieme momenti difficili. Ricordo la comune fermezza e solidarietà in occasione del dispiegamento degli euromissili: un passaggio determinante nella resistenza vittoriosa dell'Occidente alla sfida comunista.
Assieme stiamo lavorando a fondo nei Balcani: dall'impegno per contrastare la guerra civile in Albania all'azione congiunta per consolidare la pace in Bosnia e riportarla nel Kossovo. Non ci siamo sottratti alle nostre responsabilità: la nostra presenza in quelle terre, per la loro democratizzazione e contro scelte monoetniche, costituisce un impegno di civiltà.
L'amicizia italo-tedesca è un pilastro nell'Europa. Ci unisce un ininterrotto rapporto di civiltà espresso da innumerevoli esempi: dalla filologia classica e dal pensiero filosofico, storico e giuridico, all'editoria, allo studio delle civiltà antiche, alla musica, alle arti figurative. Rinascita nazionale tedesca e Risorgimento italiano hanno avuto una comune ispirazione, furono eventi centrali per l'Europa dell'Ottocento.
Abbiamo operato con successo a che le due componenti fondamentali della nostra cultura - quella mitteleuropea e quella latina - ritrovassero lo slancio per progredire insieme nell'avanzamento della civiltà europea.
E' anche merito dell'Italia se nell'Unione Europea abbiamo raggiunto una sintesi fra l'Europa centrale e quella mediterranea. Fra le ragioni che hanno spinto l'Italia a perseguire con tenacia l'adesione all'Euro vi è stata l'esigenza di un equilibrio tra Europa centrale e meridionale.
L'Europa carolingia espresse una prima, ancorché ristretta, fisionomia europea: siamo più fiduciosi nell'avvertire oggi che la dimensione nordica, quella mitteleuropea e quella mediterranea stanno diventando aspetti complementari di una realtà sempre più indivisibile.
Per questo come Ministro del Tesoro volli l'immagine di Castel del Monte sull'Euro che circolerà in Italia a partire dal gennaio del 2002 in omaggio a Federico II, imperatore al tempo stesso tedesco e romano, che incarnò un ideale di sovranazionalità, oscurato successivamente da troppi lunghi periodi di nefasta contrapposizione. Poche settimane fa, insieme con il Presidente Rau, abbiamo sostato in raccoglimento di fronte alla sua tomba nel Duomo di Palermo.
Il ricordo delle motivazioni ideali di quelle antiche vicende stimola forme avanzate d'integrazione fra gli Stati membri dell'Unione Europea in una sfida presente da molti decenni nello spirito europeo.
Si leggono con un fremito le parole di Benedetto Croce "a quel modo che un napoletano dell'antico regno o un piemontese del regno subalpino si fecero italiani non rinnegando l'essere loro anteriore ma innalzandolo e risolvendolo in quel nuovo essere, così e francesi e tedeschi e italiani e tutti gli altri s'innalzeranno a europei e i loro pensieri indirizzeranno all'Europa e i loro cuori batteranno per lei come prima per le patrie più piccole".
Così scriveva nel 1931 Benedetto Croce, faro che ha illuminato dal centro del Mediterraneo una landa resa desolata dalla dittatura, e che si è alimentato del pensiero dei grandi della filosofia e della cultura tedesca. Il libro, dal quale ho tratto la citazione, si apre con la dedica di Croce a Thomas Mann, che negli stessi anni ammoniva "non vogliamo un'Europa che continui a mantenere il proprio nome solamente in senso storico".
Signor Presidente,
la costruzione europea è ora giunta a una svolta decisiva che va affrontata con coerenza, unità, pragmatismo, flessibilità; si è proposta per l'anno 2000 scadenze fondamentali.
Il crinale fra successo e insuccesso è sottile.
Salvaguardia dell'identità nazionale e superamento della sovranità sono riferimenti solo apparentemente contraddittori, in realtà complementari e necessari ambedue all'avanzamento dell'Europa.
Nell'appello che ho rivolto al Parlamento polacco pochi mesi fa ho detto che "la storia ci ha affidato il compito di comporre l'unità dell'Europa" e ho aggiunto che "l'unicità dell'esperienza europea, che prima di tutto è quella di aver imparato a convivere tra diversità, costituisce anche la chiave del suo avvenire".
L'unificazione dell'Europa non richiede la cancellazione delle nostre amate Patrie; anzi ne protegge l'identità e l'autonomia in un mondo sempre più globalizzato. A un anno e mezzo dall'inizio della circolazione dell'Euro, questo cruciale appuntamento rende necessaria l'accelerazione della spinta integrativa. L'euro non può restare isolato, orfano.
Nella storia dell'integrazione europea non vi sono sempre stati progressi lineari. Abbiamo conosciuto pause, incertezze, accelerazioni. Vi sono sempre stati paesi che si sono spinti più avanti, prima di altri, sulla via dell'unificazione.
Ferve ormai il dibattito in numerosi Paesi d'Europa, a cominciare dalla Germania, per non procrastinare oltre la necessaria definizione degli obiettivi e delle responsabilità dell'Europa nei confronti di se stessa e dei popoli vicini. E' un dibattito ricco di contenuti che evoca una comunanza di destini, vivificata dalla forza propulsiva ed animatrice di un'idea, e che sta ormai acquisendo il profilo di un dibattito costituente.
Questo non è dunque il momento delle pause, bensì di scelte coraggiose e di grande respiro. La forza di un'idea può essere inarrestabile, può trasformare miraggi in mete ben definite. Robert Schuman e Alcide De Gasperi dicevano che l'Europa "si farà per realizzazioni concrete creando intanto una solidarietà di fatto".
La complessa calendarizzazione del disegno europeo - riforma istituzionale, allargamento, creazione di uno spazio giuridico comune, politica estera e di difesa, governo dell'economia - richiede, per la sua attuazione, un alto sentire ed una forte carica propulsiva. Innanzitutto questa: il diritto ad una integrazione più stretta fra i Paesi che sono in grado di farlo, che vogliono farlo, prevedendo comunque la possibilità di un ricongiungimento per chiunque lo voglia.
Guardo inoltre con grande aspettativa alla Carta Fondamentale dei Diritti dell'Unione Europea. Senza la coscienza e l'orgoglio di essere cittadini europei, senza l'accettazione della Carta come riferimento essenziale per i Governi, il nostro impegno rischia di essere meno fecondo.
Mi sento incoraggiato dalla consapevolezza di parlare in un Land, in una città che ha mantenuto integra la sua identità, sopravvissuta a ben due totalitarismi nell'arco di poco più di mezzo secolo, e dalle recenti nobili parole del Presidente Rau sulla necessità di "vincere l'incertezza e la paura": gli ideali di libertà e dei diritti dell'uomo sono indispensabili per portare la Carta al centro della coscienza europea.
Sono sicuro che la volontà riformatrice degli europei saprà trovare un punto d'incontro fra l'indispensabilità dell'integrazione e l'audacia dell'allargamento.
La sovranazionalità costituirà motivo di progressi per l'Europa: in importanti campi la sovranità nazionale è già stata superata. Il funzionamento delle istituzioni europee esistenti impone il superamento di paralizzanti norme formalmente paritarie. E' un percorso lungo il quale avanzare anche con il sostegno delle nostre opinioni pubbliche. A maggior ragione non possiamo essere insensibili ai saggi appelli del Parlamento Europeo per una riforma ambiziosa dei Trattati.
L'allargamento non è solo un obbligo derivante dalla stessa storia europea; segnala alla comunità internazionale che l'individualità e l'autorevolezza dell'Europa stanno diventando un fatto compiuto. L'allargamento è la capacità di realizzare la convivenza pacifica fra i popoli europei. Esso presuppone una riforma istituzionale che rafforzi il ruolo e l'efficacia della Commissione nell'assolvimento integrale dei compiti indicati con chiarezza nei Trattati, e che estenda i margini di sovranazionalità. Senza che ciò cancelli l'identità delle singole nazioni.
L'integrazione europea si sta ampliando: da economica e monetaria ad autentico legame di solidarietà democratica. Questo processo, come dissi all'Università di Bologna nel febbraio scorso, ha bisogno d'una Costituzione europea: essa è necessaria per dimostrare che la fonte ultima della legittimità delle istituzioni nell'Unione Europea risiede nei cittadini; è necessaria perché non può esistere identità europea senza un'adesione piena a valori che includano la lotta alla xenofobia ed il rispetto delle minoranze; è necessaria per proiettare i valori fondamentali di democrazia, di libertà oltre il perimetro dell'Unione Europea, verso tutti i Paesi che sollecitino un ancoraggio con l'Unione.
Della Costituzione europea possiamo definire sin d'ora i due cruciali nuclei: una prima parte che farà proprio il contenuto della Carta dei Diritti Fondamentali; una seconda che individui le sfere di competenza e di responsabilità non solo per gli organi dell'Unione ma per i soggetti istituzionali (dai Comuni, alle Regioni, agli Stati) che partecipano alla vita associativa europea.
L'Europa è già un'entità politica capace d'agire, all'interno ed all'esterno, nei settori dove gli Stati non hanno la capacità d'operare da soli. Vorrei richiamare alcune aree dove sviluppare sin da ora più decisamente la vocazione europea e perseguire ulteriori traguardi:
- la capacità di governo dell'Unione, necessaria al completamento della moneta, va consolidata con il rafforzamento del governo centrale dell'economia: l'Euro 11 può accrescere la sua autorevolezza attraverso il metodo delle analisi comuni, l'indicazione delle soluzioni appropriate, la verifica della loro autonoma ma vincolante attuazione da parte dei singoli governi;
- la cooperazione rafforzata va posta al centro del consolidamento istituzionale: sia attraverso le possibilità offerte dal Trattato di Amsterdam, sia immaginando forme più ardite di cooperazione nel settore della politica estera e di sicurezza comune e di difesa;
- un'identità culturale che non guardi solo alla pur essenziale tutela della nostra eredità storica ed artistica ma che rappresenti una sfida affascinante, per renderla più feconda e per consolidare il sentimento di appartenenza a una comune civiltà.
Stiamo affrontando la più grande impresa di stabilizzazione politica mai tentata in Europa, perché non più basata sulla ricerca di equilibri di potenza ma sulla comunanza di valori e di istituzioni. Questo è il senso profondo della pace europea.
Non è detto, va ripetuto, che le tappe di questo processo debbano essere uguali per tutti e contemporaneamente. E' necessario lo stimolo, impegnato e consapevole, di un nucleo di Stati capace di trasformare in un vincolo sempre più stringente il nesso già largamente avvertito fra interesse nazionale ed integrazione europea.
Se poi ci si chiede quali siano gli Stati che possono prendere l'iniziativa di forme più avanzate di integrazione, la risposta è semplice: quanti, a partire dai Paesi fondatori, siano disposti e pronti a parteciparvi.
L'impegno e la stabilità dell'Italia sono fuori discussione: abbiamo sempre saputo prendere posizione, con senso di responsabilità e con fermezza, su tutte le questioni decisive dell'Europa. Siamo sempre stati in prima linea nella costruzione del consenso europeo. Abbiamo pagato dei prezzi quando si è rivelato necessario. Stiamo mantenendo gli impegni assunti al momento di entrare nell'euro: il rapporto fra deficit e PIL è all'uno e mezzo per cento e scenderà ancora, verso il pareggio. La cultura della stabilità monetaria è divenuta componente essenziale della mentalità degli italiani.
Sarà questo, anche in futuro, il nostro comportamento, con il sostegno del Parlamento italiano, con un consenso di popolo che non ha l'eguale in Europa e che avverto, anche fra le maggiori forze politiche, sull'avviato dibattito della Costituzione europea.
Due Paesi come Germania ed Italia devono continuare a dare apporti innovativi e responsabili alla costruzione della futura Europa. In occasione del nostro recente incontro in Sicilia, abbiamo convenuto con il Presidente Rau di contribuire, nell'ambito delle nostre funzioni, alla maturazione dei processi innovativi, incoraggiando in primo luogo il progetto di un'architettura costituzionale europea: non è più in gioco il "se", ma il "quando".
Il problema della soggettività internazionale dell'Europa è già posto. Si tratta adesso di dargli una forma compiuta.
Non dobbiamo sentirci vincolati da schemi rigidi: i concetti di Bundesstaat o Staatenbund prefigurano ipotesi diverse, utilizzabili tutte, in forme nuove e composite, sia per una definita configurazione istituzionale dell'Europa sia per chiarire le competenze dei diversi soggetti che operano nell'ambito europeo.
Abbiamo cominciato a parlare della moneta unica molti anni prima di chiamarla euro, ben prima di aver dato corpo a una istituzione federale quale è la Banca centrale europea. L'importante è aver chiaro il traguardo di un'Europa unita e coesa, e mirare intanto al successo dei prossimi cruciali appuntamenti, con lo slancio e con la determinazione, suscitati dalla coscienza e dall'orgoglio della comune identità europea e dalla fiducia ispirata dai traguardi già raggiunti.
Nella sua gioventù la mia generazione ha conosciuto non solo la guerra ma, ancor peggio, l'accettazione del conflitto armato come dato ricorrente, inevitabile della vita europea. Se la gioventù di oggi può ascoltare, quasi con distacco e stupore, ricordi provenienti da un mondo che sembra lontanissimo nel tempo, il merito va soprattutto all'Unione Europea, all'aver saputo tradurre, in obiettivi chiaramente e concretamente definiti e in strutture istituzionali, valori costitutivi della coscienza dei popoli europei.
Ai giovani della nuova Europa dedico il riconoscimento di cui questa gloriosa Università ha voluto oggi onorarmi.
A loro rivolgo un forte appello.
Sta a voi infondere nuova linfa, giovanile slancio, nel processo di integrazione europea.
Sta a voi far sì che la pace europea si diffonda e si consolidi, che essa significhi non solo spegnimento dei conflitti armati, ma affermazione piena dei valori che l'Europa nella sua millenaria storia ha espresso.
Sta a voi portare a compimento un'opera che segnerà la storia dell'umanità.
E' tempo, giovani di tutta Europa, di guardare alto. E' tempo di generoso impegno. E' il vostro tempo.
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Laudatio per il signor Presidente della Repubblica italiana Carlo Azeglio Ciampi pronunciata dal Preside della Facoltà di Scienze economiche dell'Università di Lipsia prof. Hans Günther Rautenberg in occasione del conferimento della laurea "honoris causa"
La Facoltà di Scienze Economiche di questa Università onora nella persona del Dr. Carlo Azeglio Ciampi un esperto di politica monetaria ed economica, che grazie alla Sua coerente politica fondata su di una profonda conoscenza nel campo economico e scientifico ha avviato e realizzato il risanamento e la riforma dell'economia italiana.
Nello stesso tempo, con questa politica coraggiosa, Egli ha fornito un contributo decisivo all'Unione economica e monetaria europea. E' stata così promossa la coesione tra i Paesi fondatori dell'integrazione europea da un lato, e accelerato l'approfondimento dello stesso processo di integrazione.
L'Insignito nacque a Livorno nel 1920. Una borsa di studio Gli offrì l'opportunità di perfezionarsi in filologia classica e di studiare la lingua e la letteratura tedesca presso la nostra Università di Lipsia. Egli poi portò a termine questo ciclo di studi nel 1941 alla Scuola Normale di Pisa.
Successivamente concluse i Suoi studi universitari in diritto e scienze economiche presso Università di Pisa, col conseguimento della laurea in Giurisprudenza nel 1946. Già nello stesso anno l'Insignito iniziò la sua attività presso la Banca Centrale Italiana, la Banca d'Italia, alla quale rimase legato sino al 1993 con incarichi molteplici e di crescente responsabilità.
Questo cursus honorum in una delle più importanti Istituzioni della politica valutaria e monetaria nazionale ed internazionale non riguarda solo la Sua progressione di carriera: infatti, i Suoi incarichi direttivi nell'ambito della Banca d'Italia a partire dal 1960 e specialmente dal 1973 hanno costituito per l'Insignito una sfida e l'occasione per partecipare direttamente alla determinazione dei tre ambiti della politica valutaria, monetaria e dei cambi.
In tal modo, Gli è stato di sicuro giovamento l'aver conosciuto a fondo l'attività della Banca Centrale in tutti i suoi settori.
Dopo averne diretto per alcuni anni l'Ufficio Studi, venne nominato Segretario generale nel 1973, Vice Direttore generale nel 1976, Direttore generale nel 1978 e Governatore della Banca d'Italia nonché Presidente dell'Ufficio Italiano dei Cambi nel 1979. In tal modo l'Insignito partecipò direttamente non soltanto alla ridefinizione dell'Ordinamento valutario internazionale , dopo il passaggio ad un sistema di cambi flessibili, ma anche alla configurazione dell'integrazione delle politiche valutarie in Europa, che era stata tratteggiata con il piano Werner nel 1970 e condusse nel 1972 al "serpente nel tunnel" e nel 1973 al sistema di cambi europeo. La volontà dell'Italia di far parte di questo processo di integrazione fu coronata da successo nel 1979, allorché aderì al neocostituito sistema monetario europeo.
In questo lasso di tempo l'Insignito non solamente influenzò la politica monetaria e valutaria italiana, per rendere possibile l'aggancio al processo di integrazione europeo. Egli partecipò, inoltre, direttamente, alla definizione della politica monetaria e valutaria internazionale. La fine del sistema di cambi fissi di Bretton Woods venne seguita non solo dal passaggio a sistemi di cambi flessibili, ma anche dalla ridefinizione degli obiettivi della politica monetaria e valutaria. L'Insignito prese parte attiva a questo importante compito nazionale ed internazionale, in molteplici Istituzioni a livello internazionale ed europeo ed in molteplici incarichi di rilievo: Presidente del Comitato dei Governatori delle Banche Centrali della Comunità Europea e Presidente del Fondo Europeo per la Cooperazione Monetaria (FECOM) nel 1982 e nel 1987; Vice Presidente della Banca per i Regolamenti Internazionali dal 1994 al 1996; Presidente del Comitato ad Interim del Fondo Monetario Internazionale (dall'ottobre 1998 al maggio 1999).
In questo periodo movimentato per l'ordine valutario internazionale, contraddistinto dagli sforzi per un coordinamento delle politiche valutarie ed economiche, al quale l'Italia partecipò attivamente, furono intrapresi energici passi per approfondire l'integrazione europea.
Queste misure hanno modificato in modo strutturale la portata dell'integrazione europea influenzando così, in modo decisivo, le possibilità e le modalità della politica valutaria ed economica nazionale. E sempre l'Istituzione della Banca d'Italia ed i componenti del suo nucleo dirigente svolsero un ruolo trainante.
Un ruolo diretto, in quanto essi rinnovarono o modificarono la politica valutaria e monetaria italiana; un ruolo indiretto perché, dopo l'uscita dalla Banca d'Italia, attuarono nella sfera politica la riforma della politica e della politica economica italiana.
Tutte queste responsabilità vennero assunte dall'Insignito, che realizzò delle riforme cui soltanto in pochi credevano. L'Insignito prese parte in modo determinante a tutte queste scelte politiche. Senza la Sua personalità, la Sua professionalità e la Sua credibilità in Italia e all'estero e sui mercati finanziari, numerose riforme di ampia portata non sarebbero state possibili.
Due settori emergono in modo particolare: la realizzazione del mercato interno ed il concepimento e l'attuazione dell'Unione monetaria europea. In entrambi i settori l'Insignito ha avuto grandi meriti sia per l'Italia che per l'integrazione europea.
L'ampiezza della responsabilità e anche il contributo dell'Insignito possono essere descritti nel modo più evidente con riferimento all'Unione monetaria europea, nella Sua veste di Governatore della Banca d'Italia e all'interno della Comunità Europea come Presidente del Comitato dei Governatori delle Banche Centrali:
- Fondazione del Sistema Monetario Europeo con la partecipazione italiana;
- Iniziativa per il rilancio del progetto di Unione Monetaria Europea;
- Partecipazione al Comitato di Valutazione dell'Unione monetaria ed economica, il cui Presidente e Presidente della Commissione, Jacques Delors, presentò nel 1989 il "Rapporto sull'Unione economica e monetaria nella Comunità Europea".
Su questa base ebbe inizio il 1° luglio 1990, in parallelo con la creazione dell'Unione monetaria tedesca, la prima fase dell'Unione monetaria Europea.
Nell'ambito del citato "Comitato Delors", l'Insignito fornì un contributo rilevante all'elaborazione del rapporto sulla Politica Monetaria europea nella fase di transizione all'Unione Monetaria ("An operational framework for an integrated monetary policy in Europe", April 1989).
Troppo spesso si tende a dimenticare la portata della decisione legata all'inizio della prima fase dell'Unione Monetaria Europea, il 1° luglio 1990: la convertibilità delle valute tra quasi tutti i Paesi comunitari. Ciò ebbe una duplice rilevanza.
In primo luogo terminò in tal modo un'intera epoca di controlli sul movimento dei capitali, che per decenni si praticavano sulle valute comunitarie. Proprio in Italia era radicata l'idea che tali limitazioni fossero necessarie per permettere il perseguimento di una politica monetaria autonoma con bassi tassi d'interesse, i quali avrebbero aiutato a diminuire l'onere per interessi dell'elevato debito pubblico.
In secondo luogo, tale decisione significò il superamento di un importante punto controverso nella strategia verso l'Unione monetaria: l'accordo sulla libertà di circolazione dei capitali costituisce il primo e decisivo passo in tal senso. Quale Responsabile dell'Ufficio Italiano dei Cambi, l'Insignito svolse un ruolo fondamentale in questa tappa verso l'integrazione, non solo in Italia ma anche nella Comunità Europea.
Seguirono le trattative per i Trattati di Maastricht, che fra l'altro imposero l'indipendenza politica della Banca d'Italia. L'Insignito ha partecipato direttamente a questo compito, nelle Sue alte responsabilità, in due modi: come Governatore della Banca d'Italia: tra il 1993 ed il 1994, come Presidente del Consiglio dei ministri, e soprattutto nella fase decisiva dal 1996 al maggio 1999, come Ministro del Tesoro e Ministro del Bilancio di diversi Governi italiani.
Il processo di integrazione Monetaria europea e di partecipazione dell'Italia all'Unione Monetaria Europea è sempre stato conflittuale e difficile. Il superamento della crisi valutaria nel 1992 e il consolidamento dell'economia italiana e dell'elevato debito pubblico richiedevano lungimiranza, chiarezza concettuale, credibilità ed audacia politica.
Queste premesse si sono tutte riunite, in quegli anni particolarmente movimentati per l'Italia, solo in poche Istituzioni ed in poche personalità - soprattutto nella Banca d'Italia e nei suoi Governatori. La stabilità politica, economica e valutaria dell'Italia negli anni '90 venne largamente determinata da questi ultimi. Per quanto riguarda la cultura politica in Italia, ciò viene a dimostrare che in quel Paese, in "tempi di crisi" sono stati affidati compiti di governo alti ed altissimi anche a personalità quasi estranee alla politica. Nello stesso tempo il passaggio dell'Insignito dalla Banca d'Italia al Governo dimostra quanto possa essere positivo il coniugarsi in una sola persona di una competenza professionale profondamente radicata nella preparazione teorica, esperienze di politica economica e valutaria maturate in lunghi anni, con l'impegno fattivo verso l'integrazione europea e un grande coraggio politico.
La Facoltà di Scienze economiche dell'Università di Lipsia è convinta che il consolidamento dell'economia italiana e l'ingresso dell'Italia nell'Unione Monetaria Europea avrebbero preso un altro corso senza la Personalità che oggi viene qui onorata. E' probabile anche che, senza di Ella, l'Unione Monetaria Europea avrebbe oggi un altro volto.
L'Insignito, come Governatore della Banca d'Italia, risolse i problemi della crisi valutaria del settembre del 1992; nel 1993 Egli, come Presidente del Consiglio dei ministri, dovette affrontare ulteriori difficoltà economiche. Quando a partire dal 1996 e per circa quattro anni assunse l'incarico di Ministro del Tesoro, aveva già avviato, come Presidente del Consiglio dei ministri, una svolta politica significativa: la riforma della legge elettorale. Al contempo Egli promosse la riforma della struttura economica italiana, creando il contesto per la lotta all'inflazione. Questa era una condizione necessaria per raggiungere il risanamento dell'economia italiana ed in tal modo adempiere ai criteri di convergenza del Trattato di Maastricht. L'adeguamento automatico dei salari all'inflazione (scala mobile) nei contratti collettivi di lavoro venne abolito. Fondamentale a questo fine fu l'accordo tra Governo e parti sociali del luglio 1993.
L'Insignito portò avanti questo corso di rinnovamento e risanamento con molta abilità, molto coraggio e molto ottimismo. Tutte queste virtù erano invero necessarie: chi mai avrebbe infatti immaginato nel 1995 che l'Italia avrebbe potuto adempiere ai criteri di convergenza nel 1998 ed entrare nell'Unione Monetaria Europea nel 1999.
Questa impresa erculea venne seguita con scetticismo in Germania, sia dagli ambienti politici che accademici.
L'Insignito non ha solo risanato il bilancio pubblico italiano. Egli ha introdotto altre riforme fondamentali: in primis la privatizzazione delle imprese di Stato. In tal modo Egli ha condotto l'economia italiana al rispetto dei criteri di convergenza. Egli ha anche rinnovato la struttura economica del Paese e posto le basi perché l'Italia si allinei meglio anche ai criteri economici del Trattato istitutivo della Comunità Europea, vale a dire quelli relativi ad una "economia di mercato aperta con libera concorrenza".
Con questo impegno personale e con questi provvedimenti l'Insignito è riuscito a convincere le Istituzioni europee della capacità dell'Italia di aderire all'Unione monetaria. Prima ancora, i mercati finanziari avevano chiaramente indicato che valutavano positivamente il percorso del Paese e che si attendevano che l'Italia diventasse membro dell'Unione Monetaria. La riduzione dei tassi d'interesse in tal modo realizzata ha facilitato a sua volta il risanamento. Premessa di quest'ultimo, tuttavia, è l'insieme dei provvedimenti assunti nel Suo ruolo politico dall'Insignito.
In sintesi, la Facoltà di Scienze economiche è giunta alle seguenti conclusioni:
- che l'Insignito, nella Sua lunga esperienza presso la Banca Centrale ha contribuito in modo determinante alla ridefinizione dell'Ordinamento monetario internazionale, ma soprattutto di quello europeo;
- che l'Insignito, nel corso dei Suoi incarichi di Presidente del Consiglio dei ministri e Ministro del Tesoro, ha risanato e riformato in modo strutturale l'economia italiana. Per questi grandi meriti per l'integrazione europea e per il miglioramento del sistema economico, la Facoltà di Scienze Economiche dell'Università di Lipsia onora il
Dr. Carlo Azeglio Ciampi
Presidente della Repubblica Italiana
conferendogli il titolo di
Dottore in Scienze Politiche (Doctor rerum politicarum) honoris causa.
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SALUTO DI BENVENUTO DEL RETTORE DELL'UNIVERSITÀ DI LIPSIA PROFESSORE VOLKER BIGL
LIPSIA, 6 LUGLIO 2000
Signor Presidente della Repubblica italiana,
Signora Ciampi,
Signor Presidente della Repubblica federale di Germania,
Signor Ministro Presidente della Sassonia,
Signor Sindaco,
Signore e Signori,
siamo qui riuniti nell'illustre Sala consiliare del vecchio municipio della nostra città in occasione del conferimento da parte della Facoltà di Scienze economiche dell'Università di Lipsia della laurea honoris causa al Presidente della Repubblica italiana, dottor Carlo Azeglio Ciampi.
Sono lieto di potervi salutare cordialmente in nome della Facoltà di Scienze economiche, del Senato accademico e del Rettorato dell'Università di Lipsia. E' un grande onore per il nostro Ateneo che tante illustri personalità di entrambi i paesi, del Land della Sassonia e della città di Lipsia abbiano voluto accogliere così numerose il nostro invito a questa cerimonia accademica.
In particolar modo siamo onorati e al contempo lieti che lei, signor Presidente, abbia voluto accettare l'onorificenza offertale dalla nostra Facoltà di Scienze economiche e sia presente qui oggi, insieme alla sua consorte, in occasione del conferimento della laurea honoris causa. Per questo le sono particolarmente grato.
Questa occasione rappresenta un grande e memorabile giorno per l'Università di Lipsia, e noi tutti siamo orgogliosi e lieti di poter onorare oggi, in lei, uno dei grandi artefici dell'integrazione europea.
Oggi, dopo sessant'anni dal suo primo soggiorno qui a Lipsia da studente, lei fa ritorno, per così dire, alla sua Alma Mater Lipsiensis. allora l'ateneo di Lipsia contava appena 3.400 studenti. La città e la sua Università erano già segnate dal nazionalsocialismo e dalla guerra. L'imponente complesso architettonico dell'Università, con l'Augustaeum e la Paulinerkirche, la chiesa dell'Università, si ergeva ancora intatto a ornare il lato occidentale dell'Augustus-Platz, proprio nel cuore della città. Nel bombardamento della notte tra il 3 e il 4 dicembre del 1943 l'Augustaeum e l'edificio principale dell'Università furono ridotti in cenere. Quello che era rimasto del complesso dell'Università sull'Augustus-Platz, insieme alla Paulinerkirche, anch'essa rimasta miracolosamente intatta, venne fatto saltare, il 30 maggio 1968, con un gesto di puro arbitrio, un gesto barbaro senza precedenti, ad opera del regime comunista.
E' mia ferma speranza che proprio in questo punto nevralgico nel cuore della città possa rinascere entro il 2009, anno in cui verrà celebrato il seicentesimo anniversario della fondazione dell'Ateneo, un nuovo centro rappresentativo, simbolo della vitalità intellettuale della nostra Università.
Nel 1989-90, l'anno della rivoluzione pacifica in Germania, cui hanno contribuito in misura non indifferente i cittadini di Lipsia, attraverso le loro imponenti manifestazioni, all'Università di Lipsia erano iscritti 10.500 studenti. Oggi il numero degli iscritti al nostro ateneo è salito a circa 25.000; testimonianza della sempre crescente attrazione che il nostro Ateneo esercita sugli studenti è il fatto che lo scorso semestre abbiamo dovuto respingere, in base al nostro regolamento interno d'ammissione, ben 3000 richieste d'iscrizione. A Lipsia gli studenti possono scegliere, oggi, tra ben 170 corsi di studi differenti.
Siamo orgogliosi che l'Università di Lipsia, dopo il complesso rinnovamento nel personale e nelle strutture compiutosi nel corso degli ultimi dieci anni, si sia rimesso in cammino per riconquistare il posto che le spetta nel concerto delle università tedesche ed europee. E' con grande gioia e cordialità che le do quindi il benvenuto nella sua Università.
Anche il fatto che lei, signor Presidente della Repubblica federale, abbia voluto accogliere il mio invito e sia presente alla cerimonia accademica odierna è per l'Università di Lipsia motivo di grande onore e gioia. Nella sua presenza vediamo infatti non solo l'espressione della sua grande stima per l'insignito e della sua adesione alla decisione presa dalla Facoltà di Scienze economiche e dal Senato accademico, ma anche un segnale del suo attaccamento all'Ateneo di Lipsia, che, dopo Heidelberg è il più antico nel nostro Paese.
Lei stesso in occasione della prima visita di stato del Presidente Ciampi a Berlino ha sottolineato espressamente il particolare legame esistente tra l'Italia e la Germania nel processo di unificazione europea, rendendo omaggio all'importante ruolo svolto dall'insignito in tale processo. Anche a lei, Signor Presidente federale, il nostro cordiale benvenuto.
La Facoltà di Scienze economiche dell'Università di Lipsia conformemente alla tradizione del nostro Ateneo e nel rispetto dell'ordinamento di facoltà per l'assegnazione delle lauree, con il conferimento odierno della laurea honoris causa rende omaggio innanzitutto, e tengo a sottolinearlo in modo particolare, ai meriti scientifici di Carlo Azeglio Ciampi, illustre esperto di economia e teoria monetaria nonché dottore in scienze giuridiche, non volendo però dimenticare gli enormi meriti dell'insignito come uomo politico o come Presidente della Repubblica italiana.
Il Preside della Facoltà, professor Rautenberg, avrà modo di motivare ampiamente questa decisione nell'elogio che pronuncerà tra poco. Tuttavia, dal momento che l'omaggio all'uomo di scienza sarebbe imperdonabilmente incompleto e ingiustificabile senza il riferimento all'opera e all'influenza sia del governatore della Banca d'Italia, carica ricoperta dal Presidente Ciampi per molti anni, sia del Ministro dei bilancio e dell'economia, sia del Presidente dei Consiglio dei ministri, sia infine, dal 1999, del Presidente della Repubblica italiana, sono profondamente grato a lei, signor Ministro Presidente, professar Biedenkopf, per avere accettato il mio invito a tributare, nell'ambito della cerimonia odierna, quasi un secondo elogio, rendendo conto anche di questo aspetto dell'opera del Presidente Ciampi, vale a dire della traduzione e della realizzazione delle sue concezioni teoriche nella prassi politica.
E lei, signor Ministro Presidente, è doppiamente legittimato, secondo me, a farlo, da un iato in quanto Ministro Presidente del nostro Land, che non solo segue da vicino i processi di integrazione, trasformazione e sviluppo economici in Germania e in Europa, ma da dieci anni a questa parte, dopo la caduta del muro, ha anche contribuito attivamente a realizzarli; dall'altro in quanto docente universitario e uno dei primi professori ospiti presso la Facoltà di Scienze economiche del nostro ateneo dopo il 1989, che si è occupato direttamente delle questioni succitate nella sua attività scientifica. Anche a lei il mio vivo ringraziamento per la sua presenza e per la sua partecipazione a questa cerimonia.
Il mio particolare saluto va poi al sindaco della città di Lipsia, Wolfgang Tiefensee, che l'Università venga nuovamente ospitata qui in questa splendida e antica Sala consiliare sta a significare per noi molto di più di una quasi ovvia collaborazione fra istituzioni differenti; sta semmai a simboleggiare come la Città e l'Università stiano riaprendo un nuovo capitolo della loro tradizionale stretta collaborazione, recependo a livello locale e regionale i grandi processi dell'integrazione europea per portarli avanti in un comune sentire. Ciò si evidenzia in maniera molteplice nei differenti ambiti di lavoro, non da ultimo nella fase di preparazione della cerimonia odierna, che non sarebbe stata possibile in questa forma senza il sostegno attivo dell'amministrazione municipale. Anche per questo motivo a lei e ai suoi collaboratori va il nostro cordiale ringraziamento.
Il mio saluto va poi ai rettori degli altri istituti universitari di Lipsia che con la loro presenza hanno tenuto particolarmente a sottolineare la stretta e proficua collaborazione esistente fra le grandi istituzioni culturali e scientifiche della nostra città. Al giorno d'oggi ciò è tutt'altro che ovvio ed è per questa ragione che tengo in modo particolare a esprimervi di persona il mio cordiale ringraziamento per questo segnale di attaccamento e affetto.
Il mio saluto va a Sua Eccellenza, l'ambasciatore della Repubblica italiana in Germania, Enzo Perlot e alla sua consorte, agli altri rappresentanti della Repubblica italiana qui presenti così come ai consoli generali delle rappresentanze diplomatiche presenti a Lipsia e a Dresda. Dalla caduta del muro di Berlino, che ha posto fine anche al nostro decennale isolamento culturale e scientifico, l'Università di Lipsia ha lavorato a stretto contatto e in un rapporto di piena fiducia con queste rappresentanze straniere. Ciò riguarda ad esempio lo scambio di studenti, in ulteriore crescita nell'ambito dei progetti europei di scambio, così come le iniziative bilaterali o la collaborazione scientifica frutto di gemellaggi, progetti comuni della unione europea, programmi del DAAD (Ente tedesco per lo scambio accademico) o progetti speciali del Land della Sassonia finalizzati a collaborazioni bilaterali. L'internazionalizzazione e il tradizionale cosmopolitismo dell'Università di Lipsia hanno conosciuto negli ultimi anni un'evoluzione altrimenti impossibile non da ultimo grazie al vostro sostegno. A voi tutti un sincero ringraziamento per la continua collaborazione e per aver accettato il nostro invito odierno.
Saluto inoltre i deputati del Bundestag e quelli del Parlamento della Sassonia, i senatori onorari dell'Università e i cittadini onorari di Lipsia, i numerosi rappresentanti delle imprese economiche legate all'Università e il mondo dell'informazione. a tutti un caloroso ringraziamento per aver fatto seguito al nostro invito, volendo dare così anche un chiaro segnale del vostro legame con l'Università di Lipsia.
Infine il mio saluto va ai membri qui presenti del senato accademico dell'Università di Lipsia, ai rappresentanti delle 14 facoltà e a tutti gli amici dei nostro ateneo, vicini e lontani.
Signor Presidente della Repubblica,
ho già menzionato due delle ragioni che hanno spinto la facoltà di scienze economiche dell'Università di Lipsia a proporre il suo nome per il conferimento della laurea honoris causa . I due discorsi che seguiranno entreranno più nel dettaglio. Mi permetta però di accennare brevemente a una terza ragione, che, pur non avendo a che fare direttamente con i suoi meriti scientifici, ai quali viene oggi reso onore, e con gli alti risultati politici da lei conseguiti, ha nondimeno contribuito a influenzare la decisione presa dalle alte riunioni collegiali del nostro Ateneo.
In occasione della sua prima visita di Stato a Berlino dopo la sua elezione a Presidente della Repubblica italiana ho avuto il grande onore di poterle parlare brevemente e sono rimasto commosso per gli intensi ricordi legati al suo breve soggiorno di studi a Lipsia. sono rimasto altresì commosso al sentire quanti particolari dell'Università di allora siano ancora oggi presenti alla sua mente.
In quel periodo lei si era dedicato soprattutto alla lingua e alla letteratura tedesca. Dalla sua biografia so che è allora che lei scopri la sua predilezione per Goethe. soprattutto l'"Ifigenia" e le "Elegie romane" così come le poesie di Rainer Maria Rilke avevano esercitato su di lei tutto il loro fascino. Con l'eccezione della sua immatricolazione, la documentazione scritta di quel periodo è andata tutta perduta nel disordine seguito alla distruzione dell'università durante la Seconda guerra mondiale. I ricordi di quel periodo lipsiense e dell'Università di Lipsia, le sue conoscenze della lingua e della cultura tedesca l'accompagnano tuttavia ancora oggi.
Anche di questo l'Università di Lipsia, che dopo lunghi anni di soggezione politico-ideologica e di isolamento scientifico è tornata ad ispirarsi alla sua grande tradizione, è orgogliosa e la ricorderà sempre come uno dei suoi grandi.
Se noi onoriamo oggi i suoi enormi meriti per l'integrazione europea nel campo economico e della politica monetaria, è anche vero che lei incarna il terzo presupposto fondamentale per il compimento dell'unità europea: vale a dire la comprensione per il pluralismo culturale e linguistico delle nazioni europee come base per un'identità europea. Non a caso lei stesso si è già definito "un europeo nato in Italia". Al di là del riconoscimento per le sue grandi realizzazioni in campo economico, monetario e politico, questo aspetto mi pare essere altrettanto significativo anche in considerazione dell'ancor profondamente radicato scetticismo della popolazione tedesca nei confronti della moneta comune europea, nonché degli insistenti interrogativi riguardo all'essenza di un'identità europea.
Signor Presidente, Signora Ciampi,
ancora una volta vi porgo il più cordiale benvenuto nella città di Lipsia e nella nostra Università e passo la parola al professor Rautenberg, Preside della Facoltà di Scienze economiche.