Il Portale storico della Presidenza della Repubblica

Pubblicato il 2 giugno 2018, il Portale storico della Presidenza della Repubblica rende progressivamente disponibile il patrimonio conservato dall'Archivio storico.
Archivi, documenti, fotografie, dati, percorsi tematici e risorse digitali trasmettono la memoria dei Capi dello Stato dell'Italia repubblicana; testimoniano in modo straordinariamente capillare le attività, gli interventi e i discorsi dei Presidenti della Repubblica nello svolgimento delle funzioni che la Costituzione assegna loro; testimoniano le attività dell'Amministrazione e dei suoi protagonisti, che operano a supporto della figura presidenziale; rappresentano il Paese che ne costituisce lo sfondo; raccontano le vicende del Palazzo del Quirinale, ieri palazzo dei papi e dei re, oggi sede della massima carica dello Stato repubblicano.

I numeri del Portale: 70.780 eventi, tra udienze, impegni pubblici e privati dei Presidenti; 1.729 visite in Italia e 570 viaggi all'estero; 16.269 pagine di diario digitalizzate; 440.016 immagini; 25.111 immagini che documentano la storia d'Italia dalla Monarchia alla Repubblica; 10.445 audiovisivi; 16.918 complessi archivistici; 6.865 discorsi e interventi; 5.325 atti firmati; 55.759 Provvedimenti di grazia; 542 comunicati della Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 1945 al 1950;11.835 comunicati delle presidenze Ciampi e Napolitano; 168.952 comunicati di cui 28.360 indicizzati dalle presidenze Gronchi a Scalfaro; oltre 500 volumi in Materiali e pubblicazioni per un totale di 50.000 pagine in formato digitale; 75 soggetti produttori e 516 strutture organizzative; 131 biografie di consiglieri e consulenti; 1.665.718 triple caricate sull'Endpoint (aggiornamento del 29 marzo 2024)

 

mercoledì
19 luglio 2006

Articolo della Frankfurter Allgemeine Zeitung sul Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (testo in tedesco)

 


 


Articolo della Frankfurter Allgemeine Zeitung sul Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano


"Il Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano visita la Germania"
di Thomas Schmid


Roma, 19 luglio. L'Italia è un Paese che si trova in una fase di profondi cambiamenti; già da decenni le scosse al margine del caos fanno parte della vita quotidiana della Repubblica. Per citare soltanto quelle più recenti: i problemi provocati e lasciati dal Governo Berlusconi, il declino vergognoso della ditta Parmalat e più recentemente il più grande scandalo calcistico della storia. Questa permanente inquietudine ha bisogno di un polo opposto più tranquillo. Ciò potrebbe essere il motivo per cui negli ultimi decenni come Presidenti della Repubblica sono stati eletti per lo più uomini anziani. Il leggendario Sandro Pertini nel 1978 diventò Presidente della Repubblica quando aveva 81 anni, Carlo Azeglio Ciampi nel 1999 si trasferì nel Palazzo Quirinale all'età di 78 anni per poi uscirne nel maggio di quest'anno all'età di 85 anni. E anche il nuovo Presidente dello Repubblica Giorgio Napolitano ha già raggiunto l'età della saggezza: ha 81 anni. Con sobria dignità simboleggia la vecchia Italia borghese che sta per scomparire mentre i rappresentanti di quella Italia si possono a volte ancora osservare quando discutono nelle piazze dei piccoli paesi e delle città.


Giorgio Napolitano che oggi incontra il Presidente Federale Horst Koehler per una prima visita di presentazione, è il primo ex comunista eletto alla carica più alta dello Stato italiano. Nato nel 1925 a Napoli, Giorgio Napolitano nel 1945 diventò membro del Partito Comunista (PCI) nel quale ha fatto una carriera folgorante. Quando nel 1953 venne eletto per la prima volta nel Parlamento si impegnò per il Mezzogiorno sottosviluppato. Già molto presto diventò evidente che faceva parte dell'ala "destra" del Partito, guidata da Giorgio Amendola. Nella sua autobiografia recentemente pubblicata e intitolata "Dal PCI al socialismo europeo. Un'autobiografia politica" ricorda per esempio il fatto che per quanto riguarda la questione del Mezzogiorno, già negli anni cinquanta, esisteva una cooperazione tra i democristiani ed il PCI - con la conseguenza che lo Stato intervenne fortemente nell'economia del sud.


Alla domanda, come un figlio di famiglia borghese poteva aderire al PCI, il Presidente della Repubblica risponde che si trattava piuttosto di una decisione di carattere morale che non ideologica e aggiunge che già negli anni trenta del secolo passato i figli di grandi famiglie liberali si orientavano verso i comunisti.


Questo era anche il caso dell'editore Giulio Einaudi, che sarebbe diventato famoso e che era figlio del grande pensatore liberale Luigi Einaudi (poi Presidente della Repubblica); era anche il caso del suo "padre politico" Giorgio Amendola, il figlio del politico liberale Giovanni Amendola assassinato nel 1926 dai fascisti.


La decisione a favore del PCI, dice Napolitano, era una decisione contro il fascismo, per la libertà e per il progresso. Ma come fu che tutti questi giovani, amanti della libertà, si decisero per un partito che era saldamente dalla parte dell'Unione Sovietica - uno stato in cui la libertà non contava? Oggi Napolitano dice: "Forse si tratta qui di un enigma storico di difficile soluzione". Sin dalla sua fondazione il Partito comunista si considerava affiancato all'Unione Sovietica - soltanto nel 1968 con la condanna dell'invasione sovietica a Praga per la prima volta prese apertamente le distanze da Mosca. Napolitano dice: "Nella politica interna italiana, il PCI lottò in difesa delle istituzioni repubblicane, della democrazia rappresentativa e per le riforme sociali. Nello sfondo, però, rimase sempre vivo il mito dell'Unione Sovietica. E' veramente difficile da spiegare".


Si può considerare la biografia politica di Napolitano, nel corso della quale fu, tra l'altro, Presidente del gruppo parlamentare del PCI, Presidente del Parlamento e - nel primo governo Prodi - dal 1996 al 1998 Ministro degli Interni, un lungo camino che si allontana dalle sicurezze e presunzioni della dottrina comunista. Quando negli anni settanta il Capo del PCI Berlinguer pensava al "compromesso storico" tra il PCI e i democristiani Napolitano rimaneva pragmatico: "Per mio conto vedevo un progetto più sobrio, in senso europeo-occidentale. Volevo per alcuni anni una grande coalizione, dopo la quale DC e PCI avrebbero preso di nuovo strade separate". Si orientò espressamente al modello della grande coalizione di Bonn dal 1966 al 1969. Con tale Governo forse sarebbe stato possibile introdurre in Italia il "caso normale" della democrazia, cioè quello di un'alternanza senza problemi tra Governo e opposizione. Spera, dice Napolitano, che il Paese si avvicinerà a questo caso normale. Il Presidente della Repubblica prima non vuole esprimersi sulla domanda se la fondazione di un "Partito Democratico" come ricettacolo della sinistra è un progetto desiderabile, ma poi sostiene comunque: "Penso che - vista dalla prospettiva istituzionale - una semplificazione del sistema dei partiti (nel centro-sinistra come nel centro-destra) possa portare ad un'evoluzione positiva della nostra cultura politica e della dialettica democratica".


Napolitano che nel suo partito con la denominazione "migliorista" veniva piuttosto biasimato che lodato, ha dato un contributo essenziale alla riconciliazione tra il PCI e la NATO e ha lavorato molto per convincere il suo partito ad abbandonare il suo atteggiamento sfavorevole nei confronti del processo d'integrazione europea. Ha grandi speranze per quanto riguarda la presidenza tedesca dell'UE e considera il 50° anniversario dei Trattati di Roma una opportunità per "ricordare e valorizzare le straordinarie conquiste dell'integrazione europea". E' a favore del rilancio del processo costituzionale e aggiunge: "In questo contesto sarebbe importante concentrarsi sulle parti costituzionali del Trattato del 2004." Considera l'euroscetticismo un fenomeno provvisorio e crede che l'allargamento verso est sia irreversibile: "Ora tocca alla Bulgaria e alla Romania. E sono del parere che i paesi dei Balcani appartengano all'Europa e debbano avere una prospettiva di adesione. Più spinosa è la questione dell'ingresso della Turchia nell'UE. Qui la prospettiva è più lunga e più incerta".


Il Presidente della Repubblica dice di conoscere "abbastanza bene" la Germania. Con l'obbiettivo di trattare l'adesione del PCI (oggi diventato "Democratici di sinistra") all'Internazionale Socialista ha spesso incontrato Willy Brandt a Bonn - con piacere ricorda l'incontro con quest'ultimo il 9 novembre 1989, cinque ore prima della caduta del muro: si è parlato di quel che stava succedendo nella DDR - senza sapere nulla di quel che sarebbe accaduto di lì a poche ore. Dopo aveva incontrato Hans-Jochen Vogel, l'allora segretario della SPD che era molto agitato: "Quando arrivai nel suo ufficio, mi disse che aveva pochissimo tempo - di continuo arrivavano nuove informazioni dalle città dell'est della Germania. Vi era in corso, disse Vogel, un grande movimento per la libertà, e aggiunse: "Che ciò sia successo è anche merito del PCI, un partito comunista eterodosso, eretico, che ha stimolato l'anelito di libertà nell'Est".


Il primo ex comunista ad occupare la più alta carica in Italia è un uomo molto stimato da tutti nel suo Paese. Anche dall'alleanza di Berlusconi, che quasi completamente gli aveva rifiutato i suoi voti, si sentono parole riconoscenti.

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