Il Portale storico della Presidenza della Repubblica

Pubblicato il 2 giugno 2018, il Portale storico della Presidenza della Repubblica rende progressivamente disponibile il patrimonio conservato dall'Archivio storico.
Archivi, documenti, fotografie, dati, percorsi tematici e risorse digitali trasmettono la memoria dei Capi dello Stato dell'Italia repubblicana; testimoniano in modo straordinariamente capillare le attività, gli interventi e i discorsi dei Presidenti della Repubblica nello svolgimento delle funzioni che la Costituzione assegna loro; testimoniano le attività dell'Amministrazione e dei suoi protagonisti, che operano a supporto della figura presidenziale; rappresentano il Paese che ne costituisce lo sfondo; raccontano le vicende del Palazzo del Quirinale, ieri palazzo dei papi e dei re, oggi sede della massima carica dello Stato repubblicano.

I numeri del Portale: 70.780 eventi, tra udienze, impegni pubblici e privati dei Presidenti; 1.729 visite in Italia e 570 viaggi all'estero; 16.269 pagine di diario digitalizzate; 440.016 immagini; 25.111 immagini che documentano la storia d'Italia dalla Monarchia alla Repubblica; 10.445 audiovisivi; 16.918 complessi archivistici; 6.865 discorsi e interventi; 5.325 atti firmati; 55.759 Provvedimenti di grazia; 542 comunicati della Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 1945 al 1950;11.835 comunicati delle presidenze Ciampi e Napolitano; 168.952 comunicati di cui 28.360 indicizzati dalle presidenze Gronchi a Scalfaro; oltre 500 volumi in Materiali e pubblicazioni per un totale di 50.000 pagine in formato digitale; 75 soggetti produttori e 516 strutture organizzative; 131 biografie di consiglieri e consulenti; 1.665.718 triple caricate sull'Endpoint (aggiornamento del 03 maggio 2024)

 

giovedì
14 maggio 2009

Intervento del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, all'Assemblea Generale dell'European Foundation Centre

INTERVENTO DEL Presidente DELLA REPUBBLICA
GIORGIO NAPOLITANO
ALLA CERIMONIA DI APERTURA DELL'ASSEMBLEA GENERALE
DELL'EUROPEAN FOUNDATION CENTRE


Roma, 14 maggio 2009


Gentili signore, gentili signori, sono lieto di essere qui oggi all'apertura della vostra assemblea. So che la gran parte di voi non parla italiano, mi sembra quindi cortese proseguire questo saluto inaugurale in una lingua franca, se così possiamo chiamare l'inglese del nostro tempo.
Sono lieto di dare il benvenuto a Roma ai partecipanti all'assemblea annuale dello European Foundation Centre, e desidero ringraziare gli organizzatori per aver scelto quest'anno l'Italia. Spero di poter interpretare questa scelta come il riconoscimento del ruolo significativo e non meramente nazionale svolto dalle fondazioni italiane.
Rilevo l'importanza del ruolo delle fondazioni, e più in generale quella del settore non profit, ne vedo le realizzazioni, ogni qualvolta visito le città e le regioni del mio paese. L'associazionismo e il volontariato coinvolgono milioni di cittadini italiani ai quali sta a cuore il bene comune e che sono desiderosi di condividere impegni e valori civili.
Le fondazioni sono una delle forme in cui l'impegno organizzato a favore del bene comune, comunque lo si voglia definire, trova espressione concreta.
Il settore delle fondazioni italiane è oggi uno dei più grandi in Europa. Ed è anche tra i più vitali: infatti, pressoché la metà delle fondazioni esistenti è sorta nell'ultimo decennio. Per quanto straordinaria possa apparire questa crescita recente, non dobbiamo dimenticare che la filantropia è un fenomeno profondamente radicato nella cultura della società italiana.
Qui, come altrove in Europa, infatti, abbiamo sempre avuto un'importante tradizione di filantropia, di donazioni, di attività altruistica e senza fini di lucro. Sono state e sono attività di impronta sia religiosa che laica; senza le quali tanti caratteri del nostro patrimonio culturale, del passato come del presente, sarebbero inimmaginabili. La ricerca scientifica e l'istruzione superiore, le arti e la cultura, la salute e il benessere sociale sono le sfere sulle quali le fondazioni europee hanno lasciato un segno indelebile.
E' certo che il ruolo prezioso svolto dalle istituzioni che voi rappresentate deve oggi affrontare tempi difficili: nella crisi economica, infatti, i bisogni crescono proprio quando generare le risorse sufficienti a soddisfarli diventa compito arduo.
Se consideriamo la storia della filantropia tanto di ieri come di oggi, il tema impegnativo da voi scelto quest'anno, "Combattere la povertà, creare opportunità", appare come una scelta del tutto naturale. Tuttavia questo tema impone oggi una rinnovata e innovativa attenzione.
La dura crisi economica mondiale che stiamo vivendo non ha ancora generato sfortunatamente tutti i suoi effetti in termini di povertà. Negli ultimi decenni la povertà e l'impoverimento non sono stati collocati in cima all'agenda politica, ma oggi li troviamo nuovamente al centro del dibattito pubblico. Infatti, nell'attuale congiuntura, non solo potremmo non riuscire a recuperare coloro che si trovano ancora al di sotto della soglia di povertà, ma rischiamo di vedere tanti altri cadere oltre tale soglia.
Dobbiamo, inoltre, chiederci se le politiche pubbliche non abbiano concorso anch'esse a determinare questo processo, sia per le loro manchevolezze tecniche, sia perché la tensione verso l'eguaglianza e la solidarietà, che a lungo è stata una forza trainante in gran parte delle culture politiche europee, abbia finito per affievolirsi. La povertà è una delle questioni che esigono motivazione e mobilitazione ad ogni livello: a partire dalla generosità individuale fino all'azione strutturale dell'Unione Europea. È degno di nota che l'Unione Europea abbia predisposto su questo tema uno dei suoi strumenti di soft policy, Il processo di protezione e inclusione sociale, che ha lo scopo di promuovere l'integrazione delle strategie di inclusione e di riduzione della povertà nelle agende politiche nazionali. L'idea di fondo è che le nostre società ancora alberghino meccanismi che letteralmente tendono a produrre povertà.
L'azione pubblica deve pertanto impegnarsi a smantellare questi meccanismi e a ideare ed introdurre, al loro posto, strumenti che potenzino le capacità di coloro che rischiano di essere lasciati indietro.
Come sappiamo, povertà e disuguaglianza sono strettamente connesse, quindi le misure rivolte a ridurre la povertà e quelle contro l'esclusione sociale devono andare di pari passo. Solo in questo modo si può evitare che coloro che si trovano in fondo alla scala sociale rimangano confinati in quella posizione. Questo è tanto più importante nei nostri paesi dove le differenze in termini di origini etniche, religiose e culturali sono aumentate. Qui, il rischio che queste differenze si traducano in un fattore di esclusione è sempre presente ed è aggravato dal diffondersi di una retorica pubblica che non esita - anche in Italia - ad incorporare accenti di intolleranza o xenofobia.
La crisi che stiamo attraversando mette a repentaglio non soltanto il benessere economico della nostra società ma anche la qualità della nostra vita sociale e politica. Abbiamo il dovere di innescare un nuovo ciclo di sviluppo che non intacchi i livelli di equità e di coesione sociale raggiunti, ma anzi li migliori significativamente. Le nostre società devono dimostrare che questo è un obiettivo raggiungibile. E' un sentiero stretto e impervio quello che abbiamo di fronte, ma è l'unico che l'Europa può ragionevolmente percorrere.
Sappiamo che nessuna società può anche soltanto incamminarsi verso un obiettivo tanto ambizioso senza coinvolgere anche attori, risorse ed energie che vadano al di là dell'azione dello Stato. Alla luce dell'esperienza che ho maturato nel corso di un lungo impegno per la causa dell'Europa e del benessere sociale, penso che semplicemente non esista una via che consenta di raggiungere finalità complesse senza lo sforzo congiunto di attori diversi, sia pubblici che privati.
Oggi e nel prevedibile futuro, mi sembra che le fondazioni, singolarmente prese e come sistema, possano contribuire a rendere le nostre società insieme più dinamiche e socialmente coese. Possiamo con serenità sostenere che le fondazioni sono un ingrediente essenziale per il buon funzionamento delle democrazie: e questo grazie al sostegno che esse forniscono al pluralismo della società e anche, a ben vedere, al fatto che esse stesse sono fonti di pluralismo. Come la Corte costituzionale italiana ha affermato nel 2002, le fondazioni sono attori essenziali nell'articolazione delle libertà sociali. Laddove la democrazia non è la regola, autentiche fondazioni semplicemente non esistono.
Ho citato spesso l'Europa. L'Europa è un ideale ed è un processo. Bisogna ammettere che la fase attuale si presenta difficile per coloro che si pongono come obiettivo un'Europa politica davvero integrata. L'Europa di oggi sembra a molti aver perso la sua spinta ideale, la sua capacità di progredire anche attraverso contraddizioni. Non dobbiamo certo sottovalutare i grandi traguardi raggiunti, ma abbiamo anche il dovere di prendere sul serio le ragioni della permanente inadeguatezza delle istituzioni e delle azioni comuni europee, sforzandoci di individuare i possibili rimedi. La rinascita di una seria politica, attenta alle vere potenzialità dell'Unione, è certamente uno dei fattori chiave. A questa, però, si deve accompagnare un altro fondamentale fattore, cioè la costruzione in Europa di una società civile e di una sfera pubblica che evolvano nel tempo fino a diventare una vera e propria comunità politica.
D'altra parte, so bene che voi non limitate il vostro impegno all'Europa. Le fondazioni contano tra le loro migliori tradizioni una sensibilità per i problemi globali. Voi vi accingete, nella vostra assemblea, a guardare alla povertà nel mondo e ai possibili contributi che le fondazioni possono offrire alla trasformazione del quadro globale. Non mi propongo di sviluppare questo argomento, tuttavia vorrei esprimere la mia sincera preoccupazione riguardo al rischio che i segnali di nuovo sviluppo, che abbiamo potuto scorgere negli scorsi anni, finiscano per essere soffocati dall'attuale congiuntura economica, in particolare in Africa. Secondo stime recenti del Fondo Monetario Internazionale, 90 milioni di esseri umani rischiano di precipitare sotto la soglia di povertà in conseguenza della crisi economica in corso.
Anche nelle nostre società del benessere possiamo andare incontro a tempi difficili. I nostri paesi hanno sempre purtroppo contenuto significative sacche di povertà e noi dobbiamo dedicare risorse ed energie per evitare che tali sacche si espandano nella difficile situazione attuale. Dobbiamo dare nuovo impulso al contrasto delle vecchie e delle nuove povertà all'interno nei nostri paesi, ma non possiamo permetterci di dimenticare che, nell'insieme, noi siamo la parte ricca di questo pianeta. Abbiamo dunque delle responsabilità. Questi tempi richiedono non soltanto un flusso costante di aiuti, ma ancor di più idee nuove e nuovi stili di intervento, nuovi strumenti di governo a livello globale, una reale volontà di cooperare su un piano di parità. Questo è tanto più vero dal momento che sappiamo che alcune delle cause di base della povertà nei paesi in via di sviluppo hanno a che fare con la mancanza di democrazia e con uno scarso rispetto dei diritti fondamentali e dei bisogni primari delle persone.
Se si vuole far fronte alle sfide che provengono dalla povertà vecchia e nuova, e dalle disuguaglianze inaccettabili fra e all'interno delle nazioni, non possiamo certo rispondere con la mera conservazione e la difesa degli interessi nazionali.
Abbiamo bisogno di elaborare strategie innovative, nuovi metodi. Le fondazioni possono essere utili in questa funzione. La progettazione e la valutazione di nuove soluzioni non spetta esclusivamente alla politica; è una funzione che in società molto differenziate deve scaturire dal dialogo e dalla collaborazione tra tutti gli attori sociali.
Gentili signore e gentili signori, Sono sicuro che le fondazioni faranno propria questa impegnativa missione. Vorrei concludere augurando a questa assemblea un lavoro fruttuoso nella speranza che le vostre idee, le vostre proposte e i vostri progetti possano contribuire ad affrontare le drammatiche sfide di questo tempo. Grazie.

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