Il Portale storico della Presidenza della Repubblica

Pubblicato il 2 giugno 2018, il Portale storico della Presidenza della Repubblica rende progressivamente disponibile il patrimonio conservato dall'Archivio storico.
Archivi, documenti, fotografie, dati, percorsi tematici e risorse digitali trasmettono la memoria dei Capi dello Stato dell'Italia repubblicana; testimoniano in modo straordinariamente capillare le attività, gli interventi e i discorsi dei Presidenti della Repubblica nello svolgimento delle funzioni che la Costituzione assegna loro; testimoniano le attività dell'Amministrazione e dei suoi protagonisti, che operano a supporto della figura presidenziale; rappresentano il Paese che ne costituisce lo sfondo; raccontano le vicende del Palazzo del Quirinale, ieri palazzo dei papi e dei re, oggi sede della massima carica dello Stato repubblicano.

I numeri del Portale: 70.780 eventi, tra udienze, impegni pubblici e privati dei Presidenti; 1.729 visite in Italia e 570 viaggi all'estero; 16.269 pagine di diario digitalizzate; 440.016 immagini; 25.111 immagini che documentano la storia d'Italia dalla Monarchia alla Repubblica; 10.445 audiovisivi; 16.918 complessi archivistici; 6.865 discorsi e interventi; 5.325 atti firmati; 55.759 Provvedimenti di grazia; 542 comunicati della Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 1945 al 1950;11.835 comunicati delle presidenze Ciampi e Napolitano; 168.952 comunicati di cui 28.360 indicizzati dalle presidenze Gronchi a Scalfaro; oltre 500 volumi in Materiali e pubblicazioni per un totale di 50.000 pagine in formato digitale; 75 soggetti produttori e 516 strutture organizzative; 131 biografie di consiglieri e consulenti; 1.665.718 triple caricate sull'Endpoint (aggiornamento del 28 giugno 2024)

 

giovedì
27 maggio 2010

Colloquio del Presidente Napolitano con il columnist David Ignatius del Washington Post (versione in italiano)

Lo scollamento debito/crisi in Europa


Un mese fa, di sicuro molti Americani si domandavano perché dovessero preoccuparsi del peso di lontane nazioni europee come la Grecia, la Spagna o il Portogallo. Adesso che la situazione dei mercati finanziari statunitensi va aggravandosi come quella del resto del mondo, abbiamo la nostra risposta.


Resta sempre un mistero il perché la paura si tramuti in panico o perché il galoppo di pochi cavalli produca una fuga precipitosa e disordinata. Gli europei e gli asiatici devono esseri posti le stesse domande a proposito di causa ed effetto due anni fa, quando osservavano una categoria relativamente piccola di crediti americani -i mutui subprime- produrre un isterico assalto a Wall Street, che ha risucchiato la liquidità dal sistema finanziario globale.


Ancora una volta, gli investitori sembrano avere a che fare con la versione finanziaria di una vertigine: non sanno dove si trovi il fondo; non sono certi di cosa sia solido e di cosa potrebbe crollare; in assenza di informazioni affidabili si aspettano il peggio; diventano nervosi per ogni accenno di brutta notizia e il contagio si diffonde.


Il panico questa settimana si concentra sulle economie europee e sulle banche che ne detengono il debito. In realtà la situazione non e' peggiore di quanto non fosse un mese fa, e' provato, infatti, che sia molto migliorata, perché i problemi di debito dei deboli europei sono stati individuati e sono in via di correzione. Ma i problemi si sono rivelati virali; si sono estesi passando da specifiche preoccupazioni a paura generalizzata. Aggiungi un ulteriore sbalzo di ansia per la guerra nella penisola coreana e avrai gli investitori di tutto il mondo correre alla rinfusa alla ricerca dell'uscita.


In una conversazione tenuta questa settimana con il Presidente Italiano, Giorgio Napolitano, ho avuto modo di fare un passo indietro rispetto a questo precipizio da vertigine e di sentire una sobria descrizione della crisi europea. Napolitano e' uno dei grandi saggi dell'Europa e per decenni e' stato un campione dell'unita' europea. Ma ha ammesso che esiste una discordanza radicale tra l'ideale di integrazione economica e la realtà dell'eurozona in cui convivono sedici differenti regimi fiscali- uno scollamento che ha contribuito a produrre questa crisi.


"Abbiamo avuto una chiara dimostrazione del grave effetto della mancanza di politiche consolidate", ha detto Napolitano. Con questa crisi, ha argomentato, gli europei devono finalmente accettare che l'unione "implica un parziale trasferimento di sovranità nazionale". L'attuale, incompleta integrazione non e' abbastanza forte da supportare una moneta comune, ha suggerito.


Quando il panico ha inizio, ciascuna misura di salvataggio sembra suscitare nuovo scetticismo sulla possibilità di arginare la crisi. Questo e' stato il problema di questa settimana: la Banca Centrale spagnola e' subentrata ad un grande istituto di credito e quattro deboli banche hanno annunciato la fusione; queste mosse avrebbero dovuto rinsaldare la fiducia ma hanno scatenato un'ondata di vendita di azioni in tutto il continente.
L'Italia sta cercando di arginare l'emorragia con un taglio di 30 miliardi di dollari che dovrebbe ridurre il deficit di bilancio al di sotto del 3% del PIL entro il 2012. Vedremo se gli investitori reputeranno credibile o meno tale promessa.


Gli investitori continuano a martellare l'Europa in parte perché non vedono il meccanismo di attuazione della disciplina. L'Unione Europea ha appena stanziato un fondo di bailout di mille miliardi di dollari, ma cosa succederà quando sarà esaurito? Esiste l'impegno di imporre rigide condizioni alla Grecia al Portogallo e ad altri in cambio di prestiti, ma non e' ancora chiaro come Bruxelles farà funzionare tale regime di austerità.


Il problema sta in ciò che Napolitano descrive: l'Europa resta un'unione di convenienza, che può essere scardinata dai governi quando ciò si confà ai propri propositi. I Paesi dell'Europa del Nord come la Germania amano rimproverare le proprie dispendiose controparti del sud per la loro mancanza di disciplina. Ma furono proprio la Germania e la Francia a dimostrare la scarsa efficacia dei meccanismi di applicazione della disciplina dell'eurozona nel 2005, rifiutando di pagare le sanzioni imposte loro quando il deficit di bilancio eccedeva i limiti stabiliti dal patto di Stabilità e Crescita.


Ciò che mi preoccupa e' che i dettami dell'economia e della politica sono al momento in conflitto, in Europa. Per mantenere la propria moneta comune, l'Europa ha bisogno di integrare politiche fiscali che siano applicabili a tutti i membri. Ma in questa crisi, emergerà probabilmente una tendenza ad aggrapparsi sempre più al concetto di sovranità nazionale e a resistere ai diktat dei burocrati dell'Unione Europea e delle banche centrali.


Questo e' il motivo per cui gli euroscettici ritengono che questa crisi debba ancora fare il propri corso: il dottore a Bruxelles potrebbe sapere di cosa vi sia bisogno, ma sedici pazienti non hanno ancora acconsentito a mandare giù la medicina. Ed il mondo intero ne soffre.

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