Il Diario storico
Alle ore 16,20 il Presidente della Repubblica, accompagnato dalla Consorte, ha lasciato il Palazzo del Quirinale per intervenire alla cerimonia di inaugurazione del 2° Congresso della Unione Europea dei Federalisti, che ha avuto luogo a Palazzo Venezia.
La vettura presidenziale, ove avevano preso posto anche il Segretario generale avv. Carbone ed il gen. Marazzani, era seguita da altre macchine con i funzionari ed ufficiali del seguito.
Percorrendo la via del Quirinale, via XXIV Maggio, via IV Novembre e via Cesare Battisti, il Capo dello Stato ha raggiunto Palazzo Venezia.
Al piedi dello scalone principale erano a riceverlo i componenti l'Ufficio di presidenza del Congresso, mentre la signora Einaudi è stata incontrata dalla Contessa Carandini, dalla signora Storoni e dalla signora Rossi.
Il Presidente si è quindi avviato, attraverso l'appartamento "Barbo", alla sala di Paolo II, ove gli hanno reso omaggio il Presidente del Senato, on. Bonomi, il V. Presidente della Camera on. Fuschini, il Presidente del Consiglio, on. De Gasperi, i ministri Sforza, Vanoni, Saragat, ed alcuni sottosegretari. Erano pure presenti il Nunzio Apostolico ed i rappresentanti diplomatici degli Stati aventi Delegazioni al Congresso.
Il Capo dello Stato, attraverso le varie sale, si è poi avviato alla Sala Regia prendendo posto nella poltrona centrale di fronte al banco della Presidenza. Hanno quindi preso la parola successivamente il Presidente del Comitato centrale dell'UEF Ignazio Silone, il pro-Sindaco di Roma, Avv. Giorgio Andreoli, ed il Signor Henry Brugmans della Delegazione Olandese, esaltando gli intenti pacificatori del Congresso e il valore dell'adesione portata personalmente dal Presidente della Repubblica Italiana all'idea tendente al superamento di ogni particolaristica valutazione di interesse dei popoli europei.
Subito dopo, salutato da una calorosa e deferente manifestazione, si alza il Presidente della Repubblica e legge il seguente indirizzo:
"Signore e Signori,
avrei desiderato, dopo tanto scrivere tra il 1918 e il 1948 a favore ed intorno all'idea federalista, poter partecipare alle vostre discussioni intese a tradurre il pensiero fecondo in una realtà operante per il bene comune nel presente mondo diviso e discorde. L'Ufficio mio odierno di Capo dello Stato, nella cui capitale voi siete oggi ospiti tanto graditi, non si restringe tuttavia al porgere a voi un saluto cordiale e bene augurante; ché esso fa obbligo a me di ricordare, in questa radunanza di uomini rappresentanti Nazioni diverse, come la Costituzione italiana, nel suo undicesimo articolo, abbia solennemente dichiarato che non solo l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, ma consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni; ed infine promuove e favorisce le organizzazioni Internazionali rivolte a così alto scopo.
Gli uomini, i quali vollero iscritti nella Carta fondamentale della Repubblica Italiana siffatti solenni principii, si richiamavano alla tradizione del nostro Risorgimento; e come Giuseppe Mazzini aveva concepito la Giovane Italia come un ramo dell'albero maestoso della Giovane Europa, così essi auspicarono un mondo nuovo nel quale, al pari delle altre Nazioni, anche la Italiana rinunciasse a quella parte della sovranità assoluta il cui mantenimento fosse incompatibile con la pace e la giustizia tra i popoli.
E poiché pace e giustizia sono i beni supremi dell'umanità, siano rese grazie a voi per il contributo che vi apparecchiate a dare alla elaborazione degli strumenti atti ad annunciare la buona novella a tutti gli uomini".
Dopo di che, salutato da vivissimi applausi, il Presidente lascia Palazzo Venezia e, rifacendo l'itinerario percorso nell'andata, alle ore 17,30 rientra al Quirinale.