Intervento del Presidente Napolitano agli "Stati Generali d'Europa" - Lione -
Comunicato
L'Ufficio Stampa della Presidenza della Repubblica rende noto il testo del discorso pronunciato dal Presidente Napolitano in occasione della seconda edizione degli "Stati Generali d'Europa":
"Desidero innanzitutto ringraziare vivamente il Mouvement EuropéenFrance per lopportunità che mi ha offerto di rivolgermi ai partecipanti a questi Etats Généraux, che costituiscono una testimonianza di passione e di partecipazione per il rilancio della causa dellunità europea. Vi ringrazio per lomaggio reso, attraverso la mia persona, allItalia come invitato donore. Vedo in ciò il riconoscimento del contributo dato dal mio paese fin dalla nascita, anzi dal concepimento, dellEuropa comunitaria. LItalia ha guadagnato il suo posto nella storia dellintegrazione europea grazie a delle personalità lungimiranti e determinate, che hanno suscitato un movimento di opinione ed un consenso politico in favore delladesione alla Dichiarazione Schuman, alla Comunità del Carbone e dellAcciaio, al progetto di Comunità Europea di Difesa.
Mi riferisco ad un grande uomo politico e di Stato, Alcide de Gasperi, che è stato veramente uno dei Padri Fondatori dellEuropa comunitaria, e ad Altiero Spinelli, che è stato un grande profeta e combattente del movimento federalista europeo.
E ancora oggi avremmo bisogno, lasciatemelo dire, sia di sapienti e realistici costruttori che di ispiratori ardenti e pugnaci, per fare avanzare la causa dellEuropa.
E soprattutto, devo aggiungere, la causa dellEuropa politica. Quello che ha caratterizzato, forse in maniera particolare la posizione italiana sin dallavvio dellavventura europea fu lidea di una Europa unita non soltanto nellambito delleconomia e del mercato ma anche sul piano politico. Era questa lidea di De Gasperi e di Spinelli, ognuno nel suo ruolo, idea che fu fatalmente compromessa dal fallimento del progetto di Comunità Europea di Difesa.
Ma non è forse questo il grande tema tornato in modo prepotente dattualità? Anche dopo la forzata rinuncia alladozione, pazientemente preparata , di una Costituzione ovvero di un Trattato costituzionale, la messa in atto dello stesso testo di compromesso sottoscritto a Lisbona ripropone quella scelta di fondo : la necessità storica, cioè, di dare a unintegrazione europea che ha superato anche la soglia così avanzata dellunificazione monetaria, lo slancio politico e lorizzonte politico che le fa ancora difetto.
E ben presente nella nostra memoria, e vale la pena di ricordare, la missione cui fu chiamata la generazione degli europei che avevano vissuto la tragedia di una seconda guerra mondiale scoppiata nel cuore dellEuropa, così come la generazione dei giovani europei che sessantanni fa si affacciavano con speranza, ma in condizioni durissime, sulla scena dellimpegno civile e politico. Era la missione della pacificazione e della ricostruzione di unEuropa sconvolta e semidistrutta ; del superamento dei fatali antagonismi che avevano lacerato i rapporti tra i maggiori paesi dellEuropa continentale. E in quel nucleo occidentale dellEuropa, depositario di unantica comunanza di civiltà, fu possibile gettare le basi di una riconciliazione e di una unità che solo in più decenni avrebbero potuto estendersi allintero continente.
La missione cui siamo chiamati oggi cui siete chiamati voi, che appartenete alle nuove generazioni (francesi, italiane, in una parola europee) consiste nel salvaguardare, rinnovandola, la funzione storica dellEuropa in un mondo che vede spostarsi altrove il suo baricentro, che vede modificarsi profondamente rispetto al passato gli equilibri economici e politici, geo-strategici come ora si usa dire.
LEuropa potrà ancora contare sulla scena mondiale, potrà ancora dare il suo apporto peculiare e insostituibile allevoluzione dellordine globale, solo se riuscirà ad affermarsi come entità politica unitaria.
Con la globalizzazione, mutamenti radicali hanno già avuto luogo e sono in pieno svolgimento. Nessuno dei nostri Stati-nazione, nemmeno quelli che hanno maggiormente fatto per secoli la storia, può ormai né risolvere da solo i suoi problemi, divenuti inscindibili da contesti più ampi, né dare da solo un valido contributo al superamento delle sfide globali del nostro tempo.
Quando sento dire che lispirazione dei padri fondatori dellEuropa comunitaria è ormai solo un retaggio del secolo che si è concluso, che essa non può più in alcun modo guidarci, torno a rileggere Jean Monnet. E ritrovo e voglio qui ripetere ad alta voce le sue parole :
« Nous ne pouvons pas nous arrêter quand autour de nous le monde entier est en mouvement
Aujourdhui nos peuples doivent apprendre à vivre ensemble sous des règles et des institutions communes librement consenties sils veulent atteindre les dimensions nécessaires à leur progrès et garder la maîtrise de leur destin. Les nations souveraines du passé ne sont plus le cadre où peuvent se résoudre les problèmes du présent.»
Quel messaggio è più che mai valido, drammaticamente valido. Non cè pretesa di autosufficienza, non cè illusione protezionista che possa mettere lItalia o la Francia o la Germania al riparo dalle sollecitazioni e dai condizionamenti della globalizzazione. La sola strada percorribile è per tutti noi lapprofondimento dellintegrazione, un più coraggioso e coerente sviluppo verso lunione politica.
A rendere possibile tale sviluppo tendevano le innovazioni istituzionali previste dal Trattato che stabiliva una Costituzione per lEuropa : Trattato lungamente discusso e approvato dalla Convenzione di Bruxelles, poi già indebolito in qualche punto dalla Conferenza Intergovernativa e infine sottoscritto dai Capi di governo di tutti gli Stati membri nellottobre 2004. Quelle innovazioni sono state in larghissima misura fatte salve nel testo adottato a Lisbona nel dicembre 2007, in una redazione peraltro più tortuosa e assai meno leggibile del Trattato costituzionale.
Possiamo ora ammettere che anche il Trattato di Lisbona, a sua volta sottoscritto unanimemente dai Capi di governo, venga travolto dal risultato del referendum svoltosi in Irlanda, il cui Primo Ministro ha dichiarato subito dopo il voto che alla ratifica si erano opposte le più diverse e spesso contrastanti preoccupazioni?
Può essere bloccato dal tabù dellunanimità il necessario cammino verso il rafforzamento dellUnione e della sua capacità di affermare il ruolo dellEuropa e di rispondere alle inquietudini e alle attese dei cittadini? No, lasciare che ciò accada equivarrebbe a mettere a rischio le conquiste del passato e le prospettive del futuro. Se gli straordinari progressi realizzati in cinquantanni di integrazione possono essere dati per scontati, per ormai acquisiti, dalle generazioni più giovani che non hanno memoria di quel che sono costati e di come sono stati conseguiti, dovrebbe essere più facile per tutti intendere come non si possa far fronte alle sfide del futuro con una Europa debole e disunita.
La Comunità e poi lUnione si sono via via allargate fino a raggiungere i 27 Stati membri. Ma è giunto il momento della prova : se in questa dimensione e con queste regole lUnione mostra di non poter funzionare e di non potere nemmeno cambiare le sue regole, bisogna allora trovare le forme di un impegno più saldo e coerente tra quei paesi che si sono riconosciuti nelle scelte più avanzate di integrazione e coesione, come quella della moneta unica, quella dellEuro e dellEurozona.
E bisogna capire che la vicenda del voto in Irlanda ha più che mai, drasticamente posto un grande problema. Il problema del rapporto tra governanti e governati nellEuropa unita, il problema della partecipazione e del consenso dei cittadini.
LUnione europea così spesso accusata di mancanza di capacity to deliver non potrà aumentare la sua efficacia senza riforme e mezzi adeguati, e senza un nuovo slancio democratico.
Troppi governi nazionali hanno negli anni scorsi ritenuto di poter gestire in solitudine gli affari europei, poco preoccupandosi di coinvolgere sistematicamente le rispettive opinioni pubbliche e perfino i rispettivi Parlamenti, nelle discussioni e nelle scelte cui erano chiamate le istituzioni dellUnione ; troppi governi hanno anzi dissimulato le posizioni da essi sostenute in sede europea, chiamando in causa lEuropa e in particolare la Commissione europea, la burocrazia di Bruxelles - come capro espiatorio per coprire loro responsabilità e insufficienze.
E mancato un discorso di verità nel rapporto con i cittadini, è mancato il segno della convinzione e della volontà politica nellindicare e motivare lesigenza di una più forte unità europea, nel prospettare le nuove politiche comuni di cui cè bisogno in Europa. E invece solo così si può evitare lequivoco o il timore di una delega in bianco da parte dei cittadini alle istituzioni europee ; e si può riaffermare il principio ispiratore dellintegrazione che è, dai primi anni 50 dello scorso secolo, quello del conferimento di quote di sovranità condivisa alla Comunità e quindi allUnione europea.
Non si può pretendere dai cittadini che si orientino nella trama delle norme di un nuovo Trattato, e addirittura nel labirinto di un collage di emendamenti ai Trattati vigenti come quello concordato a Lisbona. Si deve puntare sul recupero di un rapporto di fiducia con i cittadini, basato su una piena assunzione di responsabilità da parte dei governi e delle forze politiche che rappresentano gli Stati membri dellUnione. E qui il nocciolo della questione della democrazia nel contesto dellEuropa unita ; questione da affrontare, naturalmente, anche in termini concreti valorizzando il Parlamento europeo e i suoi poteri, intensificando la collaborazione con i Parlamenti nazionali ed ascoltandone la voce, rafforzando il dialogo con la società civile, chiamando i cittadini a riconoscersi nella Carta dei diritti fondamentali dellUnione e ad esercitare la loro iniziativa anche sul terreno della sollecitazione di nuovi atti legislativi europei.
Si tratta di strade da battere senza ulteriori incertezze, ambiguità e ripensamenti. Chiediamo ai cittadini, chiediamo alle giovani generazioni, di intervenire, di far pesare, costruttivamente, le loro istanze. E chiediamo alle leadership politiche di mostrare consapevolezza, senso del futuro e anche senso dellurgenza.
La Francia che è sempre stata al centro dellintegrazione europea e che tra qualche giorno assumerà la responsabilità di presiedere il Consiglio nel prossimo semestre darà senza dubbio un apporto prezioso in questa fase cruciale per lavvenire dellintegrazione.
LItalia la sosterrà con determinazione. I nostri due paesi hanno sin dallinizio, in quanto paesi fondatori una responsabilità particolare verso la costruzione europea. Sono tra i più importanti detentori del patrimonio, del metodo e dell acquis comunitari, così come si sono sviluppati fin dallinizio. Insieme, ed in collaborazione con gli altri partner europei, non mancheranno questa occasione per riflettere sulle sfide alle quali lUnione deve fare fronte.
Ho parlato del senso dellurgenza. Già nel 1984 François Mitterrand diceva a Strasburgo, dinanzi al Parlamento europeo :
« Chacun dentre nos peuples, aussi riche que soit son passé, aussi ferme que soit sa volonté de vivre, ne peut, seul, peser du poids quil convient sur le présent et lavenir des hommes sur la terre. Ensemble, nous le pouvons. Mais nous sommes dans une phase où le destin hésite encore. »
Sì, « le destin hésite encore » ma diciamolo in questo momento non ancora per molto.
Se tardassimo, o tornassimo indietro, perderemmo lappuntamento con la storia. Come europei, non possiamo permettercelo, non dobbiamo farlo".
Lione, 21 giugno 2008
discorsi svolti nella stessa giornata
Discours du Président de la République ItalienneGiorgio Napolitanoaux "États Généraux de l'Europe"Intervento agli "Stati Generali dell'Europa" (pdf)