Il Portale storico della Presidenza della Repubblica

Pubblicato il 2 giugno 2018, il Portale storico della Presidenza della Repubblica rende progressivamente disponibile il patrimonio conservato dall'Archivio storico.
Archivi, documenti, fotografie, dati, percorsi tematici e risorse digitali trasmettono la memoria dei Capi dello Stato dell'Italia repubblicana; testimoniano in modo straordinariamente capillare le attività, gli interventi e i discorsi dei Presidenti della Repubblica nello svolgimento delle funzioni che la Costituzione assegna loro; testimoniano le attività dell'Amministrazione e dei suoi protagonisti, che operano a supporto della figura presidenziale; rappresentano il Paese che ne costituisce lo sfondo; raccontano le vicende del Palazzo del Quirinale, ieri palazzo dei papi e dei re, oggi sede della massima carica dello Stato repubblicano.

I numeri del Portale: 70.780 eventi, tra udienze, impegni pubblici e privati dei Presidenti; 1.729 visite in Italia e 570 viaggi all'estero; 16.269 pagine di diario digitalizzate; 440.016 immagini; 25.111 immagini che documentano la storia d'Italia dalla Monarchia alla Repubblica; 10.445 audiovisivi; 16.918 complessi archivistici; 6.865 discorsi e interventi; 5.325 atti firmati; 55.759 Provvedimenti di grazia; 542 comunicati della Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 1945 al 1950;11.835 comunicati delle presidenze Ciampi e Napolitano; 168.952 comunicati di cui 28.360 indicizzati dalle presidenze Gronchi a Scalfaro; oltre 500 volumi in Materiali e pubblicazioni per un totale di 50.000 pagine in formato digitale; 75 soggetti produttori e 516 strutture organizzative; 131 biografie di consiglieri e consulenti; 1.665.718 triple caricate sull'Endpoint (aggiornamento del 22 marzo 2024)

 

Oscar Luigi Scàlfaro

Novara, 09 settembre 1918 — Roma, 29 gennaio 2012

Presidente della Repubblica dal 28 maggio 1992 al 15 maggio 1999

Deputato all'Assemblea Costituente nelle liste della Democrazia Cristiana, ultimo della generazione dei Costituenti, più volte ministro, Presidente della camera dei Deputati (1992), fu eletto il 25 maggio 1992 (2 giorni dopo la strage di Capaci e la morte di Giovanni Falcone) da un vasto schieramento che oltre ai democristiani, comprendeva socialisti, socialdemocratici, liberali, PDS, Verdi, Radicali e Rete.

Nel corso del mandato presidenziale, "sette anni drammatici", come li definiva la stampa, Scalfaro affrontò una delle stagioni più difficili e controverse dell'Italia repubblicana, segnata da una duplice crisi: quella economica, e quella di natura etico-politica e istituzionale, legata al crescente discredito e alla sostanziale delegittimazione della classe politica della Prima Repubblica, sotto i colpi dello scandalo di Tangentopoli e dei conseguenti procedimenti della magistratura. Una crisi destinata a deteriorare sensibilmente il rapporto tra i cittadini e le istituzioni.

Nella difficile transizione tra la prima e la seconda Repubblica, Scalfaro centrò il suo mandato sulla "difesa" dei valori fondanti della Repubblica contenuti nella prima parte della Carta Costituzionale e sull'esercizio del ruolo di garante degli equilibri istituzionali e di salvaguardia dei fondamenti dello Stato. Presidente dal ruolo poco notarile, svolse un ruolo preponderante sullo scenario politico, giustificato dalla necessità di difendere le istituzioni dal collasso del sistema dei partiti.
Il suo attivismo suscitò non poche critiche, ma egli si mosse sempre con grande energia e indipendenza. Il settennato fu segnato dallo scioglimento anticipato delle Camere del gennaio 1994 (appena approvati decreti attuativi Mattarellum) e dall'avvicendarsi di sei Presidenti del Consiglio, tutti di ispirazione politica diversa (Amato, Ciampi, Berlusconi, Dini, Prodi, D'Alema).

Lambito dall'inchiesta sui fondi riservati del SISDE, la sera del 3 novembre 1993 Scalfaro si presentò in televisione, a reti unificate e interrompendo la telecronaca diretta della partita di Coppa UEFA tra il Cagliari e la squadra turca del Trabzonspor, con un messaggio straordinario alla nazione. In esso pronunciò l'espressione "Non ci sto", parlò di "gioco al massacro" e diede una chiave di lettura dello scandalo come di una rappresaglia della classe politica travolta da Tangentopoli nei suoi confronti.

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discorso di insediamento

28 maggio 1992 — testo

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