Il Portale storico della Presidenza della Repubblica

Pubblicato il 2 giugno 2018, il Portale storico della Presidenza della Repubblica rende progressivamente disponibile il patrimonio conservato dall'Archivio storico.
Archivi, documenti, fotografie, dati, percorsi tematici e risorse digitali trasmettono la memoria dei Capi dello Stato dell'Italia repubblicana; testimoniano in modo straordinariamente capillare le attività, gli interventi e i discorsi dei Presidenti della Repubblica nello svolgimento delle funzioni che la Costituzione assegna loro; testimoniano le attività dell'Amministrazione e dei suoi protagonisti, che operano a supporto della figura presidenziale; rappresentano il Paese che ne costituisce lo sfondo; raccontano le vicende del Palazzo del Quirinale, ieri palazzo dei papi e dei re, oggi sede della massima carica dello Stato repubblicano.

I numeri del Portale: 70.780 eventi, tra udienze, impegni pubblici e privati dei Presidenti; 1.729 visite in Italia e 570 viaggi all'estero; 16.269 pagine di diario digitalizzate; 440.016 immagini; 25.111 immagini che documentano la storia d'Italia dalla Monarchia alla Repubblica; 10.445 audiovisivi; 16.918 complessi archivistici; 6.865 discorsi e interventi; 5.325 atti firmati; 55.759 Provvedimenti di grazia; 542 comunicati della Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 1945 al 1950;11.835 comunicati delle presidenze Ciampi e Napolitano; 168.952 comunicati di cui 28.360 indicizzati dalle presidenze Gronchi a Scalfaro; oltre 500 volumi in Materiali e pubblicazioni per un totale di 50.000 pagine in formato digitale; 75 soggetti produttori e 516 strutture organizzative; 131 biografie di consiglieri e consulenti; 1.665.718 triple caricate sull'Endpoint (aggiornamento del 19 aprile 2024)

 

 

7 giugno 2023
ore 17.00

"...La grandezza morale di un popolo si misura dal coraggio con cui esso subisce le avversità della sorte, sopporta le sventure, affronta i pericoli, trasforma gli ostacoli in alimento di propositi e di azione, va incontro al suo incerto avvenire...Se è vero che il popolo italiano partecipò a una guerra, che gli fu imposta contro i suoi sentimenti, le sue aspirazioni e i suoi interessi, non è men vero che esso diede un contributo efficace alla vittoria definitiva..."
(Dal discorso del Capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, "In occasione del giuramento", 1° luglio 1946)

Su "La grandezza morale di un popolo". A proposito del volume di Aldo Mola "Vita di Vittorio Emanuele III, 1869-1947. Il Re discusso" (Bompiani 2023)

"Giuro davanti al popolo italiano, per mezzo della Assemblea Costituente, che ne è la diretta e legittima rappresentanza, di compiere la mia breve ma intensa missione di Capo provvisorio dello Stato inspirandomi ad un solo ideale: di servire con fedeltà e con lealtà il mio Paese.
Per l'Italia si inizia un nuovo periodo storico di decisiva importanza.
All'opera immane di ricostruzione politica e sociale dovranno concorrere, con spirito di disciplina e di abnegazione, tutte le energie vive della Nazione, non esclusi coloro i quali si siano purificati da fatali errori e da antiche colpe.
Dobbiamo avere la coscienza dell'unica forza di cui disponiamo: della nostra infrangibile unione. Con essa potremo superare le gigantesche difficoltà che s'ergono dinanzi a noi; senza di essa precipiteremo nell'abisso per non risollevarci mai più.
I partiti - che sono la necessaria condizione di vita dei governi parlamentari - dovranno procedere, nelle lotte per il fine comune del pubblico bene, secondo il monito di un grande stratega: Marciare divisi per combattere uniti.
La grandezza morale di un popolo si misura dal coraggio con cui esso subisce le avversità della sorte, sopporta le sventure, affronta i pericoli, trasforma gli ostacoli in alimento di propositi e di azione, va incontro al suo incerto avvenire. La nostra volontà gareggerà con la nostra fede. E l'Italia - rigenerata dai dolori e fortificata dai sacrifici - riprenderà il suo cammino di ordinato progresso nel mondo, perché il suo genio è immortale. Ogni umiliazione inflitta al suo onore, alla sua indipendenza, alla sua unità provocherebbe non il crollo di una Nazione, ma il tramonto di una civiltà: se ne ricordino Coloro che sono oggi gli arbitri dei suoi destini.
Se è vero che il popolo italiano partecipò a una guerra, che - come gli Alleati più volte riconobbero, nel periodo più acuto e più amaro delle ostilità - gli fu imposta contro i suoi sentimenti, le sue aspirazioni e i suoi interessi, non è men vero che esso diede un contributo efficace alla vittoria definitiva, sia con generose iniziative, sia con tutti i mezzi che gli furono richiesti, meritando il solenne riconoscimento - da Chi aveva il diritto e l'autorità di tributarlo - dei preziosi servigi resi continuamente e con fermezza alla causa comune, nelle forze armate - in aria, sui mari, in terra e dietro le linee nemiche.


La vera pace - disse un saggio - è quella delle anime. Non si costruisce un nuovo ordinamento internazionale, saldo e sicuro, sulle ingiustizie che non si dimenticano e sui rancori che ne sono !'inevitabile retaggio. 
La Costituzione della Repubblica italiana - che mi auguro sia approvata dall'Assemblea, col più largo suffragio, entro il termine ordinario preveduto dalla legge - sarà certamente degna delle nostre gloriose tradizioni giuridiche, assicurerà alle generazioni future un regime di sana e forte democrazia, nel quale i diritti dei cittadini e i poteri dello Stato siano egualmente garantiti, trarrà dal passato salutari insegnamenti, consacrerà per i rapporti economico-sociali i principi fondamentali, che la legislazione ordinaria - attribuendo al lavoro il posto che gli spetta nella produzione e nella distribuzione della ricchezza nazionale - dovrà in seguito svolgere e disciplinare.
Accingiamoci, adunque, ·alla nostra opera senza temerarie esaltazioni e senza sterili scoramenti, col grido che erompe dai nostri cuori, pervasi dalla tristezza dell'ora ma ardenti sempre di speranza e di amore per la Patria: Che Iddio acceleri e protegga la resurrezione d'Italia!"


(Discorso del Capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, "In occasione del giuramento", 1° luglio 1946. Letto in Aula dal Presidente della Assemblea costituente, Giuseppe Saragat, il 15 luglio 1946)


"Italiani!
Nell'assumere la Luogotenenza Generale del Regno prima e la Corona poi, io dichiarai che mi sarei inchinato al voto del popolo, liberamente espresso, sulla forma istituzionale dello Stato. E uguale affermazione ho fatto subito dopo il 2 giugno, sicuro che tutti avrebbero atteso le decisioni della Corte Suprema di Cassazione, alla quale la legge ha affidato il controllo e la proclamazione dei risultati definitivi del referendum.


Di fronte alla comunicazione di dati provvisori e parziali fatta dalla Corte Suprema; di fronte alla sua riserva di pronunciare entro il 18 giungo il giudizio sui reclami e di far conoscere il numero dei votanti e dei voti nulli; di fronte alla questione sollevata e non risoluta sul modo di calcolare la maggioranza, io, ancora ieri, ho ripetuto che era mio diritto e dovere di Re attendere che la Corte di Cassazione facesse conoscere se la forma istituzionale repubblicana avesse raggiunto la maggioranza voluta.
Improvvisamente questa notte, in spregio alle leggi e al potere indipendente e sovrano della Magistratura, il governo ha compiuto un gesto rivoluzionario, assumendo, con atto unilaterale ed arbitrario, poteri che non gli spettano e mi ha posto nell'alternativa di provocare spargimento di sangue o di subire la violenza.


Italiani!
Mentre il Paese, da poco uscito da una tragica guerra, vede le sue frontiere minacciate e la sua stessa unità in pericolo, io credo mio dovere fare quanto sta ancora in me perché altro dolore e altre lacrime siano risparmiate al popolo che ha già tanto sofferto. Confido che la Magistratura, le cui tradizioni di indipendenza e di libertà sono una delle glorie d'Italia, potrà dire la sua libera parola; ma, non volendo opporre la forza al sopruso, né rendermi complice dell'illegalità che il Governo ha commesso, lascio il suolo del mio Paese, nella speranza di scongiurare agli Italiani nuovi lutti e nuovi dolori. Compiendo questo sacrificio nel supremo interesse della Patria, sento il dovere, come Italiano e come Re, di elevare la mia protesta contro la violenza che si è compiuta; protesta nel nome della Corona e di tutto il popolo, entro e fuori i confini, che aveva il diritto di vedere il suo destino deciso nel rispetto della legge e in modo che venisse dissipato ogni dubbio e ogni sospetto.


A tutti coloro che ancora conservano fedeltà alla Monarchia, a tutti coloro il cui animo si ribella all'ingiustizia, io ricordo il mio esempio, e rivolgo l'esortazione a voler evitare l'acuirsi di dissensi che minaccerebbero l'unità del Paese, frutto della fede e del sacrificio dei nostri padri, e potrebbero rendere più gravi le condizioni del trattato di pace.
Con animo colmo di dolore, ma con la serena coscienza di aver compiuto ogni sforzo per adempiere ai miei doveri, io lascio la mia terra. Si considerino sciolti dal giuramento di fedeltà al Re, non da quello verso la Patria, coloro che lo hanno prestato e che vi hanno tenuto fede attraverso tante durissime prove. Rivolgo il mio pensiero a quanti sono caduti nel nome d'Italia e il mio saluto a tutti gli Italiani.
Qualunque sorte attenda il nostro Paese, esso potrà sempre contare su di me come sul più devoto dei suoi figli.
Viva l'Italia! Umberto"


(Umberto II, Messaggio agli Italiani. "Questi foglietti costituiscono la prima stesura del proclama lanciato da S. M. Umberto II all'atto della partenza per l'esilio. Li ho scritti in una stanza del Ministero della Real Casa la mattina del 13 giugno 1946, essendomi per ciò fare ritirato dal Consiglio straordinario presieduto dal Ministro. Questo testo fu, con pochissime correzioni,  adottato dal S.M. il Re", Roma, Palazzo Sant'Andrea, 13 giugno 1946, Carte Giovanni Colli)


"...il Consiglio dei Ministri riafferma che la proclamazione dei risultati del referendum, fatta il 10 giugno dalla Corte di Cassazione nelle forme e nei termini dell'art. 17 del D.L.L. 23 aprile 1946, n. 219, ha portato automaticamente alla instaurazione di un regime transitorio, durante il quale, fino a quando l'Assemblea Costituente non abbia nominato il Capo provvisorio dello Stato, l'esercizio dello funzioni del Capo dello Stato medesimo spetta "ope legis" al Presidente del Consiglio in carica.
Tale situazione costituzionale creata dalla volontà sovrana del popolo nelle forme previste dallo leggi luogotenenziali, non può considerarsi modificata dallo comunicazione odierna di Umberto II al Presidente del Consiglio.
Il Governo, sapendo di poter contare sul senso di disciplina di tutti gli organi dello Stato, rinnova il suo appello a tutti i cittadini, perchè nel momento attuale decisivo per le sorti del Paese all'interno e nei rapporti internazionali, lo sorreggano concordemente con la loro vigile disciplina e col loro operante patriottismo nel compito di assicurare la pacificazione e l'unità nazionale."


(Comunicato del Consiglio dei ministri, Roma 12 giugno 1946)


Il seminario di studio organizzato dall'Archivio storico della Presidenza della Repubblica, nel prendere lo spunto dal volume di Aldo Mola, rientra nel ciclo di iniziative seminariali programmate dall'Archivio storico per gli ottant'anni dall'armistizio dell'8 settembre 1943, intese a ripercorrere idealmente il lungo itinerario che condusse il nostro Paese alla Liberazione, che vide nascere, dalle rovine della guerra, una nuova e diversa Italia, che troverà i suoi compimenti il 2 giugno del 1946, con la scelta della Repubblica e il primo gennaio 1948 con l'entrata in vigore della nostra Carta costituzionale.


Si chiede di confermare la presenza entro il 7 giugno 2023 inviando  i propri dati (nome, cognome, luogo e data di nascita) all'indirizzo [email protected]



La manifestazione sarà anche trasmessa in diretta streaming tramite il canale YouTube dell'Archivio storico della Presidenza della Repubblica